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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Bendinelli, Goffredo: Il monumento sepolcrale degli Aureli al Viale Manzoni in Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0242

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453

AL VIALE MANZONI IX ROMA

454

contrapposte di Ulisse e del Cavaliere, in mezzo a pit-
ture di contenuto eminentemente cristiano (1).

Le due scene, esteriormente così diverse, offrono
nella sostanza una notevole affinità reciproca. Ambe-
due riproducono un vóoiog, un «ritorno». Da una parte
il ritorno del povero, bencliè sotto mentite spoglie, del
derelitto dalla fortumi, il quale, dopo infiniti disagi
e dopo avere per infinite volte disperato di rivedere la
propria casa, vi fa finalmente la sua ricomparsa, ma in
vesti misere, non riconosciuto, e maltrattato perfino e de-
riso dai servi e dai prepotenti invasori. Dal lato op-
posti) il più elevato personaggio della scala sociale,
l'imperatore in persona, il quale, dopo aver condotta
una vittoriosa campagna in lontane regioni, effettua
il suo ritorno in patria, coronato di gloria, alla testa
delle proprie schiere e di un corteggio trionfale, atteso
e desiderato da tutti, ricevuto coi pm alti onori e nella
forma più solenne dai più elevati rappresentanti della
città.

Quale il concetto morale informativo di queste pit-
ture, con tanta evidenza contrapposte fra loro ? Noi
sappiamo come nel repertorio della pittura cemeteriale
cristiana in Roma, le rappresentazioni ispirate all'idea
della resurrezione dell'anima e della relativa felicità
eterna, secondo il principio informatore della religione
di Cristo, occupino veramente una parte larghissima (2).
Tale concetto viene espresso ordinariamente e adom-
brato simbolicamente nell'illustrazione figurata di av-
venimenti miracolosi tratti dai sacri testi, come il ciclo
del profeta Giona, ingoiato, poscia restituito incolume
dal mostro marino, dei tre fanciulli nella fornace, della
resurrezione di Lazzaro, e presentano una notevole

I1) Sopra una piastrina in bronzo, del IV secolo circa, da
Tini, ma al Museo Britannico (Cabrol-Leclercq, Diotionnaire
iTArchéol. chrét.. li;:. Jo2^, s. v. eie), è intagliata grossolana-
mente una figura di elevato personàggio a cavallo, proceduto
da unu scudiero, con la scritta GIC 060C e simboli vari. E chia-
ramente adombrata qui la scena dell'arrivo a una città qual-
si isi di un imperatore indeterminato, (piasi come nella nostra
pittuia. Il picpolo monumento figurato è importante per il fatto
che esso ci rivela esplicitamente come la figura, dell'imperatore
disse a volte riprodotta su monumenti giudaici o cristiani, e va-
lesse a simboleggiare l'unità di Din. per sè stesso irrappresen-
tabile e inesprimibili». L'espressione, poi, tls Oeóg viene attri-
buita a sètte gnostiche (Cabrol-Leclercq. 1. eit.).

i-t Wilpert, op. eit., p. 284 segg. Tutta la decorazione figu-
rata dei monumenti funerari cristiani si può dire informata
a questo principili escatologico (Kaufmann, Manuale di Ar-
cheol. frisi., trad. ital.. p. 255).

affinità di contenuto con le scene di resurrezione rap-
presentate su monumenti sepolcrali pagani, quali il
ritorno di l'roserpina, quello di Adone, di Alcesti, ecc.

K troppo evidente che quando fosse stata mantenuta
integra, o vogliamo dire ben trasparente, la significa-
zione simbolica cristiana, venisse talora lasciata all'ar-
tista una certa libertà di scelta dei soggetti, in mezzo
al repertorio a lui più famigliare. Per una volta tanto
l'artista è, nel caso nostro, uscito dalla cerchia dei sog-
getti comuni, e volendo esprimere, in pitture simbo-
liche, il concetto cristiano della resurrezione, si è pro-
vato ad adattare a tale concetto due soggetti a mi
certo famigliari tra quelli del vecchio repertorio arti-
stico pagano (J). L'evidenza simbolica delle scene doveva
tanto più chiaramente risaltare dalla contrapposizione
materiale dei soggetti (2).

Principio fondamentale della religione giudaica e cri-
stiana, l'uguaglianza assoluta dogli uomini sotto un solo
Dio. Qualunque siti la condizione sociale e di nascita
degli adepti, questi sono tutti accomunati nella mede-
sima sorte, secondo la medesima fede, che è quella
di morire sulla terra per rinasce e nella gloria del
Signore. La fede in tale destino accomuna insieme il
patrizio e lo schiavo, il ricco e il povero, l'uomo felice
e l'infelice, il derelitto della fortuna e il beniamino della

(*) È degna di nota l'affinità particolare tra hi sfóndo
ninnile in cui si muove la figura di Ulisse c quello proprio della
figura di Giobbe: l'uno e l'altro, pur essendo incolpevoli e cari
alla divinità, martoriati variamente dalla potenza divina, quindi
richiamati dallo stato di estrema dispera/ione allo stato di
suprema felicità in terra, perla forza dell'animo clic li sostiene
nelle sventure. Data la notevole affinità intima morale, la quale
meglio che agli occhi nostri doveva risaltare alla mente degli
antichi, si spiega come artisti e committenti cristiani possano
essersi decisi a togliere a prestito un soggetto e uno schema
artistico che l'arte classica aveva da secoli dedicato alle avven-
ture di Ulisse. Tutto ciò sembrerà forse, una giustificazione
sufficiente per l'intrusione di soggetti così alieni all'ordinario
repertorio artistico cristiano.

(*) Una tale contrapposizione di soggetti è stata intrav-
veduta dallo stesso G. de Jerphanion, in art. eit., p. 72, dove
nella scena di Ulisse egli vede una scena generica di tranquilla
vita eampaguuola, nella scena trionfale una rappresentazióne,
altrettanto generica, della tumultuosa vita cittadina. Non si
comprende, però, quale rapporto possa sussistere tra la detta
contrapposizione, di contenuto puramente retorico, e la destina-
zione funebre del monumento. Mentre il contenuto simbolico
che si ricava dalle dette scene secondo la nostra esegesi, si iden-
tilica perfettamente con quello (lidie scene bibliche più frequenti
nella decorazione delle Catacombe, cioè Con la speranza della
resurrezione nell'oltretomba (Kaufmann, op. eit., p. 292).
 
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