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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Bendinelli, Goffredo: Il monumento sepolcrale degli Aureli al Viale Manzoni in Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0264

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AL VIALE MANZONI IN ROMA

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bio, in linea generale ; ma ciò non depóne meno a fa-
vore dell'intento che gli artisti ebbero, tutte le volto
che ne furono in grado, di riprodurre sembianze di
personaggi contemporanei, o comunque di personaggi
storici o ritenuti tali: basta pensare alle immagini dei
defunti, accompagnate dalle relative iscrizioni ('). Se
gli artisti, quindi, lasciarono sussistere dubbi sulle loro
intenzioni, ciò non può dipendere che dalla mediocre
capacità di essi nella tecnica del ritratto o dal difetto
di modelli storici ben definiti cui attingere, come nel
caso di personaggi storici idealizzati, quali Cristo e gli
Apostoli.

Assai scarso è purtroppo il patrimonio di pitture-
ritratti a noi pervenuto dall'antichità. Le serie più pre-
gevoli che si conoscessero finora erano quelle offerte
dagli affreschi pompeiani e quelle delle mummie di El
Fayoum e di altre necropoli ellenizzanti di Egitto (2).
Le pitture iconografiche pompeiane, direttamente
rampollanti dall'arte ellenistica, offrono in generale
nei volti una grande uniformità di linee, uniformità
la quale dipende essenzialmente dalla congenita ten-
denza idealizzatrice dell'arte greca, poco sofferente
della riproduzione icastica della realtà e assai più
propensa a seguire modelli e schemi ideali. In tal
senso pochi modelli di ritratti pompeiani si salvano
dalla tendenza comune. Tra questi i ritratti di Paquio
Proculo e di sua moglie, dove pure, nonostante numerosi
tratti ispirati dal vero, vediamo particolari eseguiti
di maniera, come gli occhi e le ciglia. L'arte pittorica
del ritratto non sembra perciò essere stata rigogliosa
in Pompei, come del resto in nessun'altra città elleni-
stica. I ritratti dipinti delle tarde necropoli egizie,
eseguiti ad encausto o a tempera, a seconda che siano

(') Esempio significativo di quest'arte iconografica ceme-
teriale il ritratto di Trebio Giusto nell'ipogeo omonimo sco-
perto nel 1910 sulla Via Latina, illustrato da R. Kanzler e
0. Mantechi (L'ipogeo sepolcrale di Trtbio Giusto), in V. liullett. di
Arch. Crisi, XVII, 1911, p. 201 segg., taw. XII e XIII; e inoltre
da G. Wilpert (Die Malereien der (ìrabka ih mer des Trebius Justus),
in F. J. Dolger, Konstantin der Grosse il siine Zeit (Qesammèlte
Stadien), Freiburg, 1913, p. 276 segg., con tavole a colori (veci,
inoltre Mantechi, ivi, p. 297 segg.). Un altro esempio significa-
tivo di pittura iconografica cemeteriale, forse del 111 secolo, ci è
offerto daU'edicoletta pagana pubblicata da G. Mancini, in
Notine degli Scavi, 1914, p. 381 (Scoperte della ria Labicana.
Contrada Mammella).

(2) W. De Griineisen, Le Portrait. Traditions hellénistiqiies
et influences mientales (Roma, 1911). Bibliografia relativa ivi,
p. 3 e passim.

Monumenti Antichi — Vut. XXVIU.

riprodotti su tavola o su loia, diversificano dalle pitture
pompeiane anzitutto per la maggiore loro fedeltà al
modello. Ognuno di codesti ritratti presenta una mar-
cata fisonomia propria, e i lineamenti risultano in ge-
nere poco idealizzati. Un maggiore verismo si nota
tuttavia nei ritratti di uomini in confronto di quelli
femminili. E però anche qui da notare che non ci tro-
viamo di fronte a ritratti eseguiti direttamente dal
vero, essendoché riproducano le sembianze di persone
defunte; inoltre, per lo scopo religioso particolare cui
le pitture delle mummie erano destinate, le esigenze
artistiche del ritratto dovevano, almeno in parte, sog-
giacere ad esigenze imposte dal culto. Ciò si rivela prin-
cipalmente nella costante rappresentazione di fronte
dei volti, nella troppo composta e monotona espres-
sione, necessariamente convenzionale, degli occhi e
delle labbra, nell'assoluta mancanza di altre parti
del corpo, tutto nascosto sotto un manto fino all'al-
tezza del collo: mentre la rappresentazione del busto
e dell'intera persona non si può dire non contribuisca,
insieme colla peculiare rappresentazione delle varie
parti del corpo, a fissare meglio il carattere, e più pre-
cisamente la fisonomia di una figura. E da considerare,
infine, che quest'arte pittorica delle tarde necropoli
egizie ha avuto una importanza tutta quanta locale,
e mentre ha certo risentito gli influssi dell'arte ellenistica
alessandrina, lungi dall'aver avuta alcuna ripercus-
sione in Italia, è del resto rimasta chiusa in sè stessa,
morta e sepolta nei suoi cimiteri.

Ben diverso è il caso della pittura iconografica ro-
mana. È qui da escludere, anzitutto, per gli stessi
raffronti che si possono istituire con la pittura pom-
peiana, qualsiasi influsso proveniente dall'arte elle-
nistica. L'arte del ritratto fiorisce in Roma rigogliosa,
importata direttamente dall'Etruria, fin da tempi
remoti, e si presenta con una fisonomia peculiare. Ci
mancano, a dir vero, i campioni, quali si richiedereb-
bero per seguire tutto lo sviluppo cronologico di que-
st'arte, non mai intermessa, ma chi conosca a fondo
i prodotti della scultura romana in questo campo e
si renda conto della stretta interdipendenza che corre
e ha sempre corso tra le arti figurative, pittura e scul-
tura, non istenterà molto a rappresentarsi il quadro
della pittura iconografica in Roma. Il pittore romano
di fronte al modello vivente, non ha preoccupazioni
nò scolastiche, nè religiose, nò di altro genere. Nes-

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