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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Pace, Biagio: Vasi figurati con riflessi della pittura di Parrasio
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0321

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57!)

VASI FIGURATI CON RIFLESSI DELLA PITTURA 1)1 PARRASIO

580

molta intensità ; essa si limitava a vasetti di pic-
cole dimenzioni ». Se i nostri crateri sono veramente
italioti, le nuove scoperte del Fusco, turberebbero
pertanto queste conclusioni.

L'arto di Parrasio.

La rituale ricerca di prototipi della grande arte
che possano aver influito sulle pitture vascolari qui
prese in esame, questa volta, se non erro, non costi-
tuisce come troppo spesso accade un puro e accade-
mico ludus ingenti.

Ci offre lo spunto per la ricerca il quadro di Fi-
lottete.

L'eroe che lo scultore Pitagora aveva rappresen-
tato con impareggiabile realismo, così che la statua non
potea riguardarsi, a giudizio degli antichi, senza pro-
vare quasi il dolore della ferita, aveva fornito il sog-
getto ad alcune pitture celebri. Uno dei quadri anti-
chissimi della pinacoteca dei propilei di Atene — che
si ritengono opera del famoso Polignoto — rappresen-
tava forse Diomede presso l'in l'ermo Filottete, secondo
la tradizione dei poeti ciclici (x) : Aristofonte, fratello
di Polignoto, aveva dipinto anch'cgli un Filottete
ferito, quadro che viene celebrato da Plutarco per
la meravigliosa espressione del dolore (2).

Sono intuitive le ragioni per cui non è possibile
pensare pel nostro vaso a modelli così antichi e,
diremmo, di tecnica oltrepassata. Alla cronologia del
nostro vaso bene invece converrebbe un terzo quadro
illustre ricordato dalla tradizione scritta, dovuto a
Parrasio.

Di questo ci parlano due epigrammi dell'An-
tologia, uno di Glauco (3), l'altro di Giuliano Egi-

(M l'aiisaiiia. I. 22, ed. Hirtzig-Bluemmer ; cfr. Brunii,
Gesch. der Griech. Kunstler, li. p. 25 se?. Un riflesso del Filot-
tete di Polignoto p itrebbe ritrovarsi in una pittura vasco-
lare del Louvre; cfr. Montini. dell'Istituto, VI, tav. Vili e
Girard, Pictura, in Daremberg et Saglio, Dict., s. v., fig. 5640.

(2) Plutarco, De audiend. pdet., 3 (p. 18 G) e Quaest. conviv,
V. 1 (p. 074 A).

(■') Kai tòv anò '/'»»; jVoc l'dW nn't.vu>iSvvoi> tjijoi,
tónde. <Pt,X Xirjrrjy eygu<f>e lì«ò(>àaio;'
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/,ioòy(>(i<fu»' w Afflo re, ab uh' auipó;, àìX Avallava al
icrdoa nàviov ìjtfij iòi> no'/.vtfaxyvi' éó't-i

zio (*), che è un commento del primo. Anche un'ima-
gine di Filostrato giuniore (2), in cui è descritto un
quadro di simile soggetto, si deve riferire all'opera
di Parrasio, perchè corrisponde, com'è riconosciuto
generalmente,«così appuntino colPepigramma di Giu-
liano l'Egizio, che è almeno assai probabile che tanto
il poeta quanto il sofista abbiano avuto di mira lo
stesso dipinto » (3).

Secondo gli epigrammi e l'imagine, in questo qua-
dro era rappresentata «la prostrazione d'un'angoscia
mortale, unita al fisico patimento d'una cancrena »
(Milani, p. 56): l'eroe è infatti noXróìóvvog, oppresso
da interno dolore, accasciato nel volto dal malore :
ha cavo l'occhio e vuoto lo sguardo, la chioma e la
barba orride ; una lacrima quasi congelata gli cade
dal ciglio, e, secondo il verso di Sofocle, « deterge il
piede dalla corrodente marcia ». È rappresentato gia-
cente o seduto, come sembra debba interpretarsi la
espressione di Filostrato : xsìrai sv Afjfxvm.

E manifesto il materiale retorico che abbondante-
mente è entrato a far parte, come in tanti altri casi,
nei nostri epigrammi e nell'imagine : l'evidenza della
rappresentazione del dolore è parte essenziale dell'uni-
forme contenuto retorico dell'antica critica d'arte
come in genere d'ogni critica ingenua ; e alcune frasi
qui adoperate rappresentano delle determinazioni fa-
cili ad essere imaginate. Non tento perciò la ricerca
pressoché disperata, delle reminiscenze della realtà

(') Or'<f« 'PiXoy.rrjziji' ugócof, ori nìtai ipueivei

i'ó.yog étìV, xai xolg x>]Xó!H thoxouévoli.
l'.yi>iu uh' xnuóuiaai' s'jret TQÌ%(< ' deìio ' i'de xógat/g

yaitrjv igt]j[ai.éot; %(>o>luttBt,i' aiaxaXirjt'.
flèttila xuTiaxXrjxòf flè ipégei xtà !>ixt>bi> IfléaHai,

xtà tu/ti xaQtpakéiif yegaìy è<panxo[iévnig
flti/Qva flè l;rjo<>iaii> vnò fiXerpagoiai nciyéfxci

itjxaiat, dygvnvov ofjua flvnnaHitjg.

(2) , «5 óè vvv èvxaVfra Zvfxnentioxiii flià xfjr vòaov nì> Tigna-
<!>ma, iviH'tfpfj àgtpìn' ini ito ùtftìciiuùt èipèXxutv xdxto nov xaì
si' ji<i8ei ovmg xaì ifjv yeveidfla inareaxrjòtg xttl ipgixxwv xai
gtixuc avróg le dfintajió/iei'oc xai xòf xagaòv xaXinixuif xoiovfle.
ih ritti, flifltaai Xóyov ò óè èv Arjuvio xavxrj xeìxat, fliajiógiìi.
(prjoì £nfoxXì]g, xaxaaxu^tov «w xòv nitfa... Phil. ju:i.. Imag..
XV 111.

(3) Milani, Mito di Filottete cit., p. 58. Per la questione del
riferimento dell'epigramma di Guliano Egizio e dell'imagine di
Filostrato al medesimo quadro di cui parla Glauco, e cioè a quello
di Parrasio, rimando alla esauriente discussione del Jlilani e alla
bibliografia ivi accuratamente raccolta, cui può aggiungersi
l'articolo in Roscher già da noi citato. Ricordo nondimeno
Brunii, Gesch. d. Oriècb. Kunstler*. II. p. 100, e Overbeck,
Schriftquellen, pag. 324.
 
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