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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Pace, Biagio: Vasi figurati con riflessi della pittura di Parrasio
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0326

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589

VASI FKit'KATI CON RIFLESSI DKI.I.A PITTURA 1)1 PARRASIO

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del V secolo, che potrebbe essere polignotco (1). A me
sembra solo da dubitare che l'anfora volcente (<T) possa
entrare nella serie, perchè il suo rapporto con La figura
analoga della, cista. RéVil è soltanto, come riconosce il
Savignoni, « di concet to ». Quest'anfora piuttosto, attra-
verso il suo prototipo greco, si riconduce al medesimo
motivo del fregio orientale del Teseion. e, insieme, del
nostro dipinto.

Questi tre monumenti mi sembra perciò che costi-
tuiscano una, serie a se: più che riandare alle osserva-
zioni dianzi esposte, basterà dare uno sguardo alle tre
ligure, e compararle con quella rappresentazione del
vaso fariseo che va considerata, per composizione e per
stile, il più genuino Erammento della grande serie che di-
ciamo polignotea. Qui le figure sono tutte pervase da una
« fredda compostezza o e da « una calma un po' arcaica »
(Savignoni, p. 144): le vittime appaiono tarde e rasse-
gnate; gli uccisori placidi come sacerdoti che s'appre-
stino ad una libazione o al sacrifizio di agnelli. Nella serie
cui si riferisce il nostro vaso, invece, ben altro spirito ha
mosso il disegnatore animando il prigioniero che freme e
si dibatte fra i legami e i suoi aggressori, di cui l'uno
lo trattiene con energia, l'altro gli vibra, scattando con
impeto, un deciso colpo alla gola.

Il nostro vaso pertanto ci permette di accertare,
a fianco del prototipo che diciamo polignoteo, l'esi-
stenza di un altro dipinto del medesimo soggetto, ma di
tendenza stilistica profondamente diversa-, cui si ri-
conducono l'anfora volcente ed il rilievo del Teseion.

Che Parrasio abbia d'altro canto dipinto un quadro
di tale soggetto, è cosa verosimile, visto ch'egli trasse
materia, spesso da avventure di personaggi del ciclo
epico; gli scrittori ci parlano infatti di pitture rappre-
sentanti Telefo, Achille, Agamennone ed Ulisse (forse
nell'atto di curare, con la ruggini1 della lanciarla ferita
di Telefo). la. pazzia, di Tlisse. il combattimento di Aiace
e Ulisse per le armi di Achille In questi quadri ap-
pare costantemente llisse, come nel nostro Filottete
e nel sacrifizio del troiano, i cui originali, anche per
questo particolare si potrebbe pertanto supporre che
appartenessero ad unico e diffuso ciclo pittorico.

I1! Ansanti!, IV. p. 145.

(2) Cfr. rispettiva niente Plinio XXXV. 71 (e XXV, 42:
XXXIV, 152: dr. Overbeck, n. LTo?); Plmde ami. poet. 3;
Èlian., Var. hisi., IX. 11.

Anche il quadro delle Coefore rientra fra le cate-
gorie di soggetti trattati da Parrasio. perchè nudivi
volgarizzati dalle tragedie avevano fornito argomento
al suo Prometeo e forse a qualche quadro del ciclo ora
ricordato. Per questa composizione nondimeno, è sem-
pre possibile l'ipotesi — che generalmente suol farsi
a proposito di pitture vascolari con scene tratte dal
teatro — della derivazione da uno di quei nivaxi-i;
consacrati dal corego o dal poeta, per commemorare
la vittoria nel concorso dionisiaco (1). Pel nostro
monumento questa derivazione da un nivat votivo
potrebbe forse sedurre più che in tanti altri casi,
in vista del carattere plastico» e serrato (die la
composizione presenta (2).

Non estendo l'analisi alle altre composizioni di
vasi qui ricordati come appartenenti al medesimo
indirizzo stilistico dei nostri. Noto nondimeno poiché
il concordare di opinioni che scaturiscono da indagini
indipendenti può essere indizio di giustezza di vedute —
(die il Pizzo, pubblicando l'oenochoe Vagliasindi con la.
liberazione di Phineus(vedicol. 568), che così da vicino
si ricollega ai nostri vasi, accennava ad influssi non
polignotei, di grandi maestri della fine del sec. V(3) e,
sebbene cautamente non facesse alcun nome, nondi-
meno quelli di Zeusi e Parrasio sembra si leggano
fra le sue righe, come erano sicuramente india sua.
intenzione.

In linea generale mi sembra d'altro canto verosi-
mile ed in ogni caso degna d'esame l'ipotesi che anche
la gigantomachia dell'anfora di Melos (vedi col. 570).
il vaso di lìuvo con. Talns, quello di Arezzo con [ppo-
damia e Pelope, ci riconducano a quadri della cerchia
di Parrasio. E il raffronto con questi monumenti mi
farebbe propendere anche a ricondurre alla medesima
ispirazione — in quello ch'essa, ha, fra gli elementi ita-
lici, di più schiettamente greco - la famosa cista Fico-

(*) Cfr. per tale questione: .1. 11. Huddilston, (trecci; Tra-
gedy in the light of vose paintings, Londra L898; R. Engelmami,
Arehael. Studiai zu den tragikern, Berlino 1900; Robert. Niaibe,
XXIV If aitiseli. Winckdmtmnsprogr, 11103; Etizzo, Sludi archeol.
stilili tragedia, e il ditiranlm, in Rio. di filologia, XXX, 15102.

(*') Per questo carattere plastico, e serrato, ricordo il celebre
rilievo di Medina, di quasi sicura derivazione, da un itiyai votivo,
della vittoria dionisiaca. Crr. Rizzo, Tyrò, in Aiti delia lì. Al-
imi, di Napoli, ]). 153.

(3) Montini, dei Lincei, XIV, coi. VS, seg.
 
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