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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 29.1923

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Orsi, Paolo: Cavlonia: il memoria
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https://doi.org/10.11588/diglit.12553#0253
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481

CAVLONIA

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rispetto a lui dovuto, non panni che tutte le sue
idee sienc da accogliere senza riserva, senza discussione;
e sovratutto quella, che nulla abbia che vedere coi
rivestimenti a piastre fìttili la struttura lignea dei
temidi più arcaici. Teoria, che, in senso inverso, più che
mai pare abbia avuto peso in Calabria, paese poveris-
simo di buona pietra da taglio e ricchissimo invece
di legname; e dove appunto per ciò le costruzioni
templari in legno devono essersi molto attardate,
reclamando di necessità l'uso dei rivestimenti fittili,
durati forse più a lungo che non in Sicilia, regione non
difettante di ottimi materiali lapidei da costruzione.

Ma, a prescindere da questo punto, che richiede-
rebbe una lunga discussione, io non intendo invece
interloquire sulla composizione dei gruppi della Gre-
cia propiia, propi sti dal Koch, non avendo la cono-
scenza diretta del materiale, come egli ha avuta, e
quindi la competenza a decidere; e sono anche di-
sposto ad accogliere, senz'altro, tale aggruppamento.
Ma poiché egli non è arrivato a discutere e coordinare
il materiale italioto e sicelioto, panni dì dovere per
esso intervenire con idee e vedute mie personali. Ho
già dichiarato che codesto materiale calabro-siculo,
ed in particolare quello calabrese, si divide in duo
categorie cronologicamente e stilisticamente distinte:

A) La fase arcaica, a pittura liscia e senza rilievi;
fase nella quale vi e una grande affinità e comunanza
di forme e di decorazione fra le tea. siciliote ed italioto.
Io vorrei chiamarla fase dorica, ed essa va collocata
in tendo nel sec. VI. I templi di Selinunte ci hanno
dato le affermazioni più grandiose e solenni di codesta
architettura cretacea; ma gli stossi elementi orna-
mentali, la stessa composizione si ripete, salvo i mo-
duli, in quasi tutte le città sicelioto, come in quelle
della Lucania e del Bruzio. Uomini del valore di
W. Dorpfeld (') e di H. Koch hanno concordemente
riconosciuto in Corinto il centro di diffusione di tale
arte; ma viceversa il suolo di questa città (Koch, op.
cit., pag. 82 e sg.)ci è stato estremamente avaro di tea.
Gran copia di materiale hanno invece dato le colonie
di Corinto, Coreyra e Siracusa in particolare. Argo-
mento per attribuire a Corinto tale industria è stato

(!) In Allieti. Mittheil, 1914, pag. 168: «nach dcr Ueberlie-
ferung mussfe die Erfìndung der architekt. Tcrracotten der
Stadt Korinth zugeschrieben werden ».

anche quello della grande affinità dei motivi orna-
mentali fra tea. e vasi protocorinzii, sia pure cene >-
dendo, come vorrebbero taluni recenti studiosi
che il primo centro di fabbricazione di tali vasi sia
stato Sicione, poco discosto da Corinto.

Io vorrei quindi conchiudere che l'architettura
fittile della prima fase, che io chiamo dorica, è insita ed
inerente allo stile dorico ; e là, dove esso si diffondeva,
si diffondevano anche le corrispondenti piastre fittili.
Così si spiega la loro grande divulgazione, perocché
non vi è tempio o santuario dorico di tale età, esplo-
rato con le debite cure, che non abbia rivelato anche
la presenza delle corrispondenti piastre fittili.

B) Chiamo ionica ed attico-ionica la seconda fase
dell'architettura templare fittile; essa ha il suo svol-
gimento nella prima metà del sec. V. Scompaiono quasi
per intero le forme decorative della fase precedente
e la gronda a tulio, e subentrano invece clementi
nuovi, ed in un secondo tempo il rilievo; tali forme
consistono in kymatia lesbici, in astragali, in fascie
con anthemii di palmctte e fiori di loto variamente
combinati e disposti, in fine in maschere leonine. Pur
rimanendo ferme o per poco modificate le forme dei
tegoloni, è tutto un gusto nuovo che dopo le guerre
persiane si infiltra e si diffonde, in coincidenza e* d'ap-
parire del rilievo nelle tea., rilievo che trae origine
dalle architetture fittili ionio-asiatiche. E tale diffu-
sione del gusto ionico si sovrappone ovunque alle
rigide severe e disadorne forme doriche sin qui do-
minanti: avviene quindi quella che si potrebbe chia-
mare la jonizzazione del dorico (avvertibile anche ad
Atene nelle decorazioni del Partenone), ed in pari
tempo sorgono verso la fine del secolo edifìci di pretto
stilo ionico (i due templi espiatorii di Delfi, l'Ere!tee,
la Nike Apteros ce.'.). In Calabria il fenomeno si ri-
vela con una grandezza inusitata a Locri, dove, nel
tempio dorico di casa Marafioti, come già nell'Amy-
klaion di Sparta (2), in piena regione dorica, si mani-

(1) K. Fr. Johansen, Sìkyoniscke Vaser, Copenhagen, 1918.

(2) Fiechter, in Arehncol. Anzeiger, 1910, pagg. 66-70. L'A.
ha successivamente svolto con più ampiezza il suo tema nel
capitolo Bathykìes toid der Ionismus in Griechenland, in Inlir-
luch, 1918, pag. 223 e sg.. facente parte del suo più voluminoso
scritto Amykìae, der Thron dea Apollon. Per convincersi dell'ac-
centuato colore ionico delle sime di codesta fase calabrese B •
dell'architettura cretacea, si raffrontino i tipi fittili calabresi
 
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