Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 29.1923

DOI Artikel:
Ugolini, Luigi M.: La Panighina: fonte sacra preistorica
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.12553#0323

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
601

LA PANIGHINA

602

Mi pare che questo fatto non debba passare inos-
servato, perchè nei pozzi sacri di mia conoscenza si
riscontra spesso la coincidenza di questo particolare.

Se il raggiungere la roccia per la ricerca dell'acqua
può aver avuto uno scopo pratico, in quanto che l'ac-
qua vi si raccoglieva bene, restava più limpida e non
si disperdeva filtrando attraverso il bacino (cito, per
esempio, i pozzi rinvenuti nelle abitazioni della città
etrusca di Marzabotto) (x) ; io credo tuttavia che tale
fatto possa aver avuto anche un significato più alto,
rituale anzi, che in parte ci sfugge, ma che può essere
rintracciato nel desiderio che l'acqua, ritenuta sa-
cra e zampillata pura dalla scaturigine, non passasse
attraverso la terra che poteva inquinarla.

Ricordo, per citare qualche caso, i già citati pozzi
sacri della Sardegna, i quali hanno il muro di rive-
stimento che parte dalla roccia. Questa alla sua volta
si presenta concava, a guisa di bacino cioè, per
meglio raccogliere ed attingere l'acqua.

Pure di bacino scavato nella viva roccia vulcanica
era fornita la « vasca » della sorgente delle acque
Apollinari (*).

Dei due pozzi di Sampolo d'Enza, descritti dal
Chierici, il maggiore ha la base nella roccia, e l'altro
per un metro e mezzo è forato nell'argilla (3).

Il pozzo di Monte Castagneto era rivestito di un
muro a secco che posava « immediatamente sul suolo
di roccia marnosa » (4).

Il rivestimento ligneo (come nel caso nostro), o
di muratura, che noi troviamo posto attorno alla
tromba del pozzo, continuava poi a conservare puro
il sacro elemento.

La seconda considerazione riguarda la rozzezza
di una gran parte dei vasi trovati entro il pozzo.
Tale grossolanità forte se la si confronta con

la finezza, per esempio, dei boccali, e se si pensa al
tempo in cui essi venivano fabbricati : perciò essa
potrebbe essere ritenuta intenzionale e quindi (in
conformità a una teoria in voga tra i paletnologi)
potrebbe essere rivestita di un carattere votivo, ri-
tuale e sacro.

(') Brizio, loc. cit., col. 331 e segg.

(2) La stipe tributata alle divinità delle acque Apollinari,
di G. M. (Marchi), Roma 1852.

(3) Chierici G. e Strobel P., I pozzi sepolcrali ecc., op. cit.

(4) Chierici, Scavo su Monte Castagneto, ecc., op. cit.

Monumenti Antichi — Vol( XXIX.

Dirò subito, però, che io non sono di questo parere
e non vedo perciò tale carattere sacralo nella grosso-
lanità della ceramica.

È ben vero che gli oggetti annessi ai luoghi
di culto, rituali cioè, ripetono sovente forme assai
antiche e disusate, e quindi tali oggetti hanno
aspetti molto rozzi (') ; ma è anche vero che tale
rozzezza può invece derivare da fatti e motivi
a noi ignoti o quasi, e del tutto indipendenti dal
carattere sacro della fonte (per esempio: dal con-
servatorismo, oppure dal carattere di maggior roz-
zezza che sempre ha la ceramica di uso più comune) ;
che il determinare il carattere rozzo (e quindi sa-
cro) è spesso giudizio soggettivo, arbitrario ; e, in-
fine, che su questa questione non c'è accordo tra al-
cuni paletnologi, parte dei quali vedo il carattere
votivo, rituale e sacro del vasellame nella sua roz-
zezza, parte invece nella finezza, e parte ora nell'una
particolarità ceramica ed ora nell'altra, a seconda
dei casi.

Finalmente, quasi come corollario della prece-
dente considerazione, ne scaturisce la terza.

Devo infatti io pur ricordare che alla Panighina
è stato ritrovato un vaso piccolo (quello rappresen-
tato alla fig. 10, alto mm. 55, con diametro di
mm. 80, descritto alla col. 507), assai rozzo, anzi
il più rozzo di tutti gli altri vasi.

Esso quindi, per le piccole dimensioni e per la
grossolanità d'impasto, di sagoma ecc., può essere
giudicato da qualche lettore come uno dei cosidetti
« vasetti votivi di tipo terramaricolo » aventi grande
importanza.

Si afferma infatti che essi compaiono nell'età del
bronzo, all'impianto delle terremare e « soltanto per
l'esercizio di un culto domestico ». « Chiusa invece

(') Questo fatto, che oggigiorno può essere osservato facil-
mente, avveniva pure anticamente.

Basta ricordare che i Romani — forse a ricordo che an-
ticamente facevano « omnia fictilibus » (Ov. Metani. Vili, 7,
v. 58) — nei sacrifici preferivano i vasi testacei a quelli di ma-
teria preziosa. Ci dice infatti Plinio : « in sacris, etiam inter has
opes, hodie, non murrhinis crystallinisve sed fictilibus proliba-
tur simpuviis » (Nat. hist. XXXV, 12, ig).

Non solo, ma, specialmente nei tempi di saldo senti-
mento religioso, nutrivano grande venerazione per tale genere
di oggetti rituali : conservavano persino il « simpuvium Numae
nigrumque catinutn » che aveva servito al venerando re nei sa-
crifici (Giov. VI, 341 ; ed anche Prud. Perist. II, 277).

39
 
Annotationen