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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 29.1923

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Ugolini, Luigi M.: La Panighina: fonte sacra preistorica
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https://doi.org/10.11588/diglit.12553#0329

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613

LA l'ANIGIIINA

614

Nei pozzi sardi non se ne trovano all'atto, o sola-
mente qualche rara volta perchè vi sono cadute per

ferro. Inoltre si rinvennero pure carboni, rami bruciati, vinac-
cioli, nocciuole, ossa di bruti, un cono con base di legno, un coc-
cio di vaso greco (almeno, dalla illustrazione e descrizione, pare
tale) a figure rosse su fondo nero, colla rappresentazione di una
parte di scena di baccanale; ed anche un esemplare di graffi
di bronzo. Finalmente, nella tromba del pozzo, si trovarono ossa
di bruti, carboni, vasi Attili a forma di sibille, varie ciotole te-
stacee, e avanzi di situle di rame.

Il Chierici vide in questo pozzo e negli altri, clic in sostanza
non differiscono da questo, una singolare costruzione a scopo
funerario. Molto egli si basò sul fatto di aver trovato i car-
boni, ma soprattutto su considerazioni riguardanti la possi-
bilità o no che i pozzi potessero contenere acqua . E citò, a prova,
usi clie egli credette analoghi ma che in realtà non lo sono sem-
pre (come per esempio le « tombe a pozzo » etnische). Il Casalis
de Foundouce e poi lo Chauvet (MaUriaux pour Vhistoire de
ritornine, XII e XIII) non accettarono l'opinione del Chierici e
cercarono di combatterla; ma anch'essi si fermarono, più che
altro, su considerazioni relative alla maggiore o minore probabi-
lità che i pozzi potessero contenere l'acqua. Anche il Brizio
non fu del parere del Chierici, ma non ci si ferma molto
(« Mon. aut. Line. », voi. I, op. cit., col. 333).

Secondo me, gli studiosi or ora citati fecero bene a non ac-
cogliere le conclusioni del Chierici; ma, anziché fermarsi alle
considerazioni, più o meno vaghe, della permeabilità od imper-
meabilità dei pozzi, avrebbero fatto meglio ad esaminare ogget-
tivamente il materiale contenuto nei pozzi medesimi. Ed allora
avrebbero notato che il materiale si compone prevalentemente
di « situle » (come le chiama il Chierici stesso) di bronzo o di ter-
racotta, e che « in generale vi dominano le ciotole ». Quindi i
primi vasi (i quali presentano forte logorio nelle orecchie dei
manici, ed hanno rabberci costituiti di pezze inchiodate) indicano
chiaramente che l'acqua del pozzo veniva attinta, e le ciotole
mostrano che l'acqua era pure bevuta. Nel graffi (anziché an-
dare a pensare ad oggetti simili solo in parte, provenienti dal
suolo etrusco, e creduti d'impiego rituale per l'esplorazione delle
vittime) è ovvio e semplice vedere Fistrumento usato anche oggi-
giorno per ripescare i vasi caduti in fondo ai pozzi. Inoltre avreb-
bero facilmente escluso che il pozzo non aveva scopo funerario,
perchè non vi si trovarono nè cadaveri umani, nò ossuarii veri e
propri (il Chierici chiama i vasi trovati, ora « situle », ora « cine-
rarii», ora «urne »). Infine avrebbero notata e data importanza
alla disposizione del materiale che era assai singolare : infatti
quello trovato entro la tromba del pozzo era spesso disposto
a gruppi composti di ossa, cocci, e « ruderi di capanne ».

Per questi fatti io vedo nei pozzi di Sampolo veri pozzi
da acqua, i quali forse in un secondo tempo ebbero la strana
sistemazione che apparve dopo molti secoli agli occhi dello
scavatore ed illustratore.

Non so neppure io quale buona spiegazione dovrei dare alla
presenza ed alla singolare disposizione del materiale entro questi
pozzi, nè mi ci provo : sarebbe arduo cercare i motivi per cui ad
un certo momento ■— indubbiamente dopo il V sec. av. Cr.,
come ci attestano il coccio di vaso greco e le situle di bronzo
fuso — vennero deposte in fondo al pozzo le situle e le ciotole,
poi ricoperte, sigillate in un modo del tutto speciale ed accom-
pagnate anche da un corredo di materiale pure singolare. E poi
sarei tratto un po' fuori carreggiata.

Quello che ho detto per i pozzi di Sampolo vale anche per
il pozzo di cui il Crespeilani dà una breve descrizione in Del

caso. I doni che venivano presentati alla fontana
Hagna erano posti accanto ad essa, oppure nei tesori

sepolcreto e degli altri monumenti antichi scoperti presso Baz-
zano, Modena, 1875.

Il Ctespellani ci dice che nel pozzo Casini, a m. 7,40 di pro-
fondità, « apparve come un solaio formato da frammenti di em-
brici e, sotto a questo, due travi posti a crociera » e poi, più giù,
« uno sfrato di fascine ridotte allo stato di lignite ». Sotto tutto
ciò si trovarono avanzi di legno, vasi pure di legno, stoviglie,
altri svariati oggetti, od una moneta di Vespasiano. « Il complesso
del deposito formava un ripieno artificiale di circa m. 5 di spes-
sore, e gli oggetti vi erano disposti a strati regolari, divisi fra loro
da fascine rafforzate con vecchio materiale romano, disposto
in giro presso il rivestimento del pozzo ». Questo era « tubulare,
ottenuto con mattoni sagomati ».

11 confronto di questo coi sopra descritti pozzi di Sampolo
mi sembra tanto evidente quanto astruse sono le soluzioni dei
varii (piesiti originati anche da questo pozzo.

Altrettanto dicasi per un terzo pozzo, quello cioè di Sgolfo,
che è simile ai precedenti per lo sfrano ed intenzionale modo
di disporre entro di essi il materiale che li riempiva.

Trascrivo la descrizione del ritrovamento data dal Pan-
caldo. (0. Pancaldo, Lo scavo savignonese, Bologna, 1841).

« L'anno 1839 procedendosi a tagliare le annose quercie
del bosco di Sgollo, Dell'atterrarne una, si avvenne il contadino
in un pozzo pieno di rottami e terra, fra li quali rovistando
egli fintanto potè, trovò alcune monete: una delle quali è un
argenteo danario (che ha l'impronta di Roma galeata e nel
rovescio Romolo e Remo allattati dalla lupa sotto il fico ru-
minale, alla cui cima sono i due pichi), ma sì intonso che ti
sombra ora uscito dal conio >>. L'anno dopo fu ripreso lo scavo
ed « il contadino, rompendo di fianco il luogo del pozzo, per-
venne dall'esteriore della sì detta camicia, scoprendola composta
ili rotti embrici e maunbriati pietroni, ma da niun cemento
legati ».

Tale scavo fu poi continuato nel 1841, nel quale anno « il
villico rinvenne solo frantumi di vasi fittili, quindi vasi interi
della stessa materia, frammisti pei altro ad altri infranti e
a rottami di tegole, embrici, e di immensi vasi o meglio tini.
A 30 piedi circa di profondità trovossi un secchietto di rame,
conservatissimo, senza ninna patina o vestigia di ossidazione,
ma di forma non molto antica. Posto questo secchio come era
sopra uno strato di ghiaia, si fu per perdere ogni speranza,
quando l'intrepido scavatore disse che non solo la camicia
del pozzo proseguiva più basso, ma che un brano di legno tra-
sversale ed infìsso nel muro gli dava grande animo a proseguire,
stimandolo segnale di convenzione : ed infatti, fornitosi egli
di forte palo ferreo, potè conoscere che la ghiaia presto finiva
e passato uno strato di terra non molto duro, incontrava resi-
stenza. Sbarazzatosi perciò egli degli strati di ghiaia e terra,
eccoti ricomparire un ammasso regolare di vasi fittili dei quali
estrasse gran numero ; e fra questi, diversi pondi da bilancia ;
rottami di utensili di vario metallo e di fibule, un brano ligneo
di un torno ; e pure ligneo un brano di pettine; avanzi di cor-
dami di paviera, oss.ia robusto strame; due sassi che sembra-
vano raffigurati, l'uno calcareo, pressoché di forma di pera
schiacciata e l'altro marmoreo, a cono. Poi eccoti comparire
altro strato di ghiaia, quindi di terra, non meno che il ligneo
segnale convenzionale.

Chi non avrebbe tentato ulteriore prova ? Così fecesi, e
riuscì che rinvennesi numero 11 vasi di giallo metallo color
oro, fatti a foggia di pentola, con tre piedi grifagni, e che natu-
 
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