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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 29.1923

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Anti, Carlo: Esplorazioni archeologiche nella Licia e nella Panfilia
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https://doi.org/10.11588/diglit.12553#0379

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707

ESPLORAZIONI ARCHEOLOGICHE NELLA LICIA E NELLA PANFILIA

708

per ricollegare la città del Cavagli Dagh, malgrado la
sua posizione periferica, al mondo licio.

Che questo tempio, pur non essendo il massimo della
città, fosse molto considerato (altro elemento che può
confermarne l'attribuzione al dio nazionale), è provato
dal fatto che sull'estremità dello sperone roccioso vi è
una cassa di sarcofago e, fra le rovine verso il monte,
sono rovesciate varie basi onorarie. Basi onorarie e
sarcofagi così come li abbiamo trovati presso il santua-
rio principale. Purtroppo, su nessuno di questi monu-
menti si scorgono iscrizioni.

Lasciando il tempio di Apollo e costeggiando il
monte per raggiungere la tega óòòg si trova una
costruzione lunga e stretta costituita da un muro di
fondo, alle estremità del quale si staccano mura tra-
verse minori (fig. 3,20). A metà circa vi è una magnifica
cisterna, la meglio conservata da me vista, composta
di blocchi calcarei alquanto grossi e con la volta a
filari aggettanti, in buona parte conservata. L'edificio si
direbbe un portico, al quale bene si adatterebbe anche
l'esposizione a sud-ovest.

*
* *

Alcune considerazioni generali sulla città del Ca-
vagli Dagli. I monumenti descritti sono i più vistosi e
quelli che la ristrettezza del tempo mi ha permesso
di raggiungere e, pur sommariamente, di rilevare. Il
campo delle rovine è molto vasto e biancheggia tutto
di costruzioni fra le conifere : quindi è logico che una
esplorazione più accurata, quale sarebbe possibile con
una apposita organizzazione, riserberà altre e non
poche sorprese.

All'esploratore, che non può eseguire movimenti
di materiale 0 scavi, ora appaiono solo gli edifìci mag-
giori perchè essi soltanto possono emergere dalle im-
mani macerie di sassi rovinati dall'alto per effetto del
gelo, delle acque e del fuoco. Tracce di fuoco sono rico-
noscibili nella calcinatura che ha fatto saltare a schegge
la superficie di molti massi, ma dagli abitanti delle vi-
cinanze è anche conservato preciso ricordo di un grande
incendio che avrebbe distrutto la foresta del Cavagli
Dagh intorno al 1893. Prima d'allora, le piante nascon-
devano ogni cosa, ciò che può spiegare perchè le rovine
sieno sfuggite fino ad ora agli esploratori.

Altra ragione, per cui gli edifici minori sono più
difficilmente rilevabili, ritrovasi nel fatto che, salvo la

parte inferiore, il resto era tutto in legname, come ab-
biamo notato anche per alcuni edifici pubblici di entità
non disprezzabile.

Quale è stato il periodo di fioritura della città?

Le sue costruzioni fanno in complesso l'impressione
di lavori molto antichi, addirittura primitivi. Tuttavia
molta parte va fatta alla eccentricità e all'asperità del
luogo, dove possono essersi conservate a lungo, an-
che per secoli, forme e tecniche presto scomparse in
centri più civili.

La presunta biblioteca è forse la prova di questo
fatto: mentre il muro anteriore di sostegno, a prima
giunta si direbbe ciclopico, il corso di blocchi che fa
quasi da cornice fra sostruzione e pareti e gli enormi or-
tostati della parete con le loro superfici esterne accen-
tuatamente convesse e soprattutto la sistemazione in-
terna con gli armadli a muro ci assicurano che l'edificio
per destinazione e per tecnica, è oramai ellenistico.

Ellenistico è sicuramente il tempietto ionico di
Apollo Lykios, ellenistiche le basi presso questo, nel
téfievog del santuario principale e davanti al fìovXev-
%r]Qiov : ellenistica l'esedra sul terrazzo del santuario.
Probabilmente già di epoca romana, del II-III sec.
d. Cr., il sarcofago con iscrizione giacente lungo la
tsqix òdòg.

Viceversa è fuori dubbio che il grande santuario, tolti
alcuni elementi (come le basi, l'esedra e forse la torre),
presenta caratteristiche di alta antichità. Il muro di
sostegno (che nella sua tecnica megalitica, pseudo-
isodomica, non tradisce in nulla influssi ellenistici) e il
tempio, per la pianta e per il lavoro, si riallacciano senza
dubbio all'architettura anatolica preellenica. Almeno
in questo punto della città molto può essere stato ri-
fatto, ma l'impronta antichissima anellenica delle co-
struzioni originarie non è stata cancellata.

Abbiamo dunque davanti a noi una città dalle ori-
gini molto antiche, la cui massima fioritura risale bene
addentro nel 10 millenio av. Cr., e che ebbe vita non in-
di (ferente anche in epoca ellenistica, ma che poi andò
rapidamente declinando : ogni attività edilizia cessa, e
appena un modesto sarcofago sta a testimoniare che
in epoca romana non è ancora del tutto abbandonata.

La città, per quanto non grandissima, aveva tut-
tavia proporzioni notevoli : non era un piccolo nucleo
montano, ma un forte centro che doveva avere una sua
funzione e delle risorse non insignificanti.
 
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