302 ESAME DEL MARCHESE
ra d’ un vil desertore. Prima ragione di tal maraviglia afferma egli
eifere stare le Gorti deìla Gaiiia Narbonese, dìftìnta poi eol ?iome
(2 6) di Provincia Romana^ e dttta volgarmente Provenza pag. 2 7. Vera-
mente ia Gailia Narbonese non ebbe il nome di Provincia poima
i’avea avuto moito innanzi; e sotto ii nome di Provincia, e di
ÌSlarbonensis non andava la Provenza solamente, ma tutto il tratto
dal lago di Ginevra ai Pirenei, assai disiante daila Provenza essen-
do Narbona istessa. Ma per quanto appartiene aiia raccolta di auto-
rita, ch’ ei mette insieme, per provar che il Toscano, e F Italiano
non era nulla, e che ii Provenzale, e il Francese era tutto; e do-
ve vuoìe, che non più Longobardi e Goti, ma Francesi e Proven-
zali siano stati i padri deiia nostra lingua, e dei verso e delia pro-
sa; questo è soggetto, che richiederebbe un Trattato a parte, e nei
quale non si può entrare con pochi versi. Per ora basti rifiertere,
quanto si accordi bene questa sua smania coil’assunto, che professa
in più luoghi di pigliare in quest’opera, cioè di scrivere contro chi
deprime la lingua Italiana, e contro chi la Francese ie aotepone.
Per ribattere tai falsita, accenneremo qui solamente, come Brunet-
to Latini scrisse in volgar noftro finchè stette in Itaìia, e scrisse ia
Francese, mentre soggiornava, e dopo aver lungo tempo soggiorna-
to in Francia : e che Dante il quale in verso e in prosa volgar-
mente scrisse fin dai deciraoterzo secoio, e ii quale dal Sig. Fonta-
nini si vuol far passare per tutto dedito aÌ Provenzale, e per ap-
prezzator di esso iopra l’Italiano, afferma, d’essersi mossb a scrivere
ii Convivio in volgare (a), per difendere tal iinguaggio da molti
accufatori, li quali dispregiano ejso e commendano gli altri, majfimo*
mente quelli di Linguadoco, partendofi in cib delia verità. Afserma,
cbe per ejfo altisstmi e novijjimi concetti convenevolmente, fussiciente-
mente, e acconctamente si poteano manifestare, quasi come per /’ isteft
so Latino. Loda in esso /’ agevolezza delle sillabe, la proprietà delle
fue condizioni^ e le soavi oraziòni, che giù fin d’ aliora se ne fa-
ceano; le quali chi ben guarderà, vedrà ejser piene di dolcisstma &
amabilijjìma bellezza. Quinci (b) a consusiion di coloro, che accusano
/’ italica loquela, adduce cinque abominevoli cagtoni, per forza delie
quaii aicuni sanno vile lo parlare italko, & pretioso quello di Pro-
venza. Il ragionamento termina poi cosi. Et tutti questi cctali so~
no gli abomìnevoli captivi £ halia^ che hanno a vile questo pretioso
volga-
(a) Conv. C?,p. X.
(k) Cap. XI.
ra d’ un vil desertore. Prima ragione di tal maraviglia afferma egli
eifere stare le Gorti deìla Gaiiia Narbonese, dìftìnta poi eol ?iome
(2 6) di Provincia Romana^ e dttta volgarmente Provenza pag. 2 7. Vera-
mente ia Gailia Narbonese non ebbe il nome di Provincia poima
i’avea avuto moito innanzi; e sotto ii nome di Provincia, e di
ÌSlarbonensis non andava la Provenza solamente, ma tutto il tratto
dal lago di Ginevra ai Pirenei, assai disiante daila Provenza essen-
do Narbona istessa. Ma per quanto appartiene aiia raccolta di auto-
rita, ch’ ei mette insieme, per provar che il Toscano, e F Italiano
non era nulla, e che ii Provenzale, e il Francese era tutto; e do-
ve vuoìe, che non più Longobardi e Goti, ma Francesi e Proven-
zali siano stati i padri deiia nostra lingua, e dei verso e delia pro-
sa; questo è soggetto, che richiederebbe un Trattato a parte, e nei
quale non si può entrare con pochi versi. Per ora basti rifiertere,
quanto si accordi bene questa sua smania coil’assunto, che professa
in più luoghi di pigliare in quest’opera, cioè di scrivere contro chi
deprime la lingua Italiana, e contro chi la Francese ie aotepone.
Per ribattere tai falsita, accenneremo qui solamente, come Brunet-
to Latini scrisse in volgar noftro finchè stette in Itaìia, e scrisse ia
Francese, mentre soggiornava, e dopo aver lungo tempo soggiorna-
to in Francia : e che Dante il quale in verso e in prosa volgar-
mente scrisse fin dai deciraoterzo secoio, e ii quale dal Sig. Fonta-
nini si vuol far passare per tutto dedito aÌ Provenzale, e per ap-
prezzator di esso iopra l’Italiano, afferma, d’essersi mossb a scrivere
ii Convivio in volgare (a), per difendere tal iinguaggio da molti
accufatori, li quali dispregiano ejso e commendano gli altri, majfimo*
mente quelli di Linguadoco, partendofi in cib delia verità. Afserma,
cbe per ejfo altisstmi e novijjimi concetti convenevolmente, fussiciente-
mente, e acconctamente si poteano manifestare, quasi come per /’ isteft
so Latino. Loda in esso /’ agevolezza delle sillabe, la proprietà delle
fue condizioni^ e le soavi oraziòni, che giù fin d’ aliora se ne fa-
ceano; le quali chi ben guarderà, vedrà ejser piene di dolcisstma &
amabilijjìma bellezza. Quinci (b) a consusiion di coloro, che accusano
/’ italica loquela, adduce cinque abominevoli cagtoni, per forza delie
quaii aicuni sanno vile lo parlare italko, & pretioso quello di Pro-
venza. Il ragionamento termina poi cosi. Et tutti questi cctali so~
no gli abomìnevoli captivi £ halia^ che hanno a vile questo pretioso
volga-
(a) Conv. C?,p. X.
(k) Cap. XI.