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Napoli nobilissima — 5.1896

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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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Croce, Benedetto: Leggende di Luoghi ed edifizii di Napoli
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0189
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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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desima, per sua difesa .... Se accadrà disturbo nella città,
ad un colpo di cannone che tirerà il castello di Sant’Elmo
voi mi vedrete in men d’un’ora alla vostra difesa » (*).
Il presidio francese di Sant’Elmo, che dovea significare
la solidarietà e la protezione della repubblica francese verso
quella napoletana, era di due battaglioni (1 2 3 4 5 6). Li comandava,
come castellano, il capo brigata Méjan, il tristo Méjan,
che il Lomonaco nella sua accusa chiama Méchant (3).
Sul numero di questi francesi di Sant’Elmo assai fan-
tasticavano Ruffo, Acton e Maria Carolina. Ma non li cre-
devano in gran numero. La regina, scrivendo al cardinale
il 17 maggio, riferiva le voci: « chi dice che a Sant’El-
mo vi sono ancora cinquecento uomini francesi, chi nem-
meno questi, ed io sono di quest’ultima versione, mentre
hanno troppo cervello i Francesi per lasciarci cinquecento
loro uomini perduti » (4). E più tardi, scrivendo Ruffo ad
Acton il primo giugno (5), e la regina a Ruffo il due (6),
s’accordavano entrambi in valutare i Francesi di Sant’Elmo
a trecento; e tutti e due sapevano aver essi l’ordine di
capitolare e rendersi all’apparire di truppe di linea, per
esser con gli onori militari trasportati a Tolone, portando
seco un centinaio di repubblicani: mentre avean l’ordine
di difendersi a tutt’oltranza e di bombardar la città se
fossero stati assaliti a furia di popolo.
Ma le cose non andaron precisamente così quando, il
13 giugno 1799, l’esercito accozzato e guidato dal Cardi-
nal Ruffo fu sotto le porte di Napoli.
continua.
Fabio Colonna di Stigliano.

LEGGENDE
DI LUOGHI ED EDIFIZII DI NAPOLI
(continuaz. e fine, v. fase. IX).
IV.
Zisa e Cuba, — con cui comincia la terza serie dell’o¬
pera del Dalbono, — è una leggenda siciliana, che qui
non ci riguarda. — Le streghe di Benevento avrebbero preso
origine, secondo lui, da una accademia poetica di gentili
donne, ad imitazione di quella di Tolosa, fondata da una

(1) Monitore napoletano, n. 28, del 27 aprile 1799.
(2) Memoria storica del luogotenente Bocquet in Conforti, La re-
pubbl. napol. e l’anarchia regia, Avellino, 1890, p. 86.
(3) Rapporto di Fr. Lomonaco al cittadino Carnot, Torino, 1852,
p. 227.
(4) Carteggio di M. Carolina con Ruffo, in Arch. Star. Nap., V, 565.
(5) Carteggio di Ruffo con Acton, in Arch. Star. Nap., Vili, 649.
(6) Carteggio di M. Carolina con Ruffo, in Arch. Stor. Nap.,N,570.

Stefania a Benevento. In realtà è noto che la supersti-
ziosa noce di Benevento ricorda i Longobardi prima della
loro conversione al cristianesimo e fu abbattuta nel set-
timo secolo da S. Barbato (x). Le streghe di Benevento
non hanno bisogno di particolare illustrazione.
Dopo un’altra pretesa tradizione siciliana, Il Gigante e
la Gigantessa, siamo ricondotti alla città di Napoli dalla « tra-
dizione religiosa » di S. Maria ad Agnone. È nota la leg-
genda, narrata in una lunga iscrizione latina conservataci
dai nostri topografi, di un Gismondo che, per essere scam-
pato da un terribile serpente dimorante in quel luogo presso
porta Capuana, eresse in rendimento di grazie la chiesa
di S. Maria detta ad Angue, o Anguone, o Agnone:
Anguis erat veteri quondam stabulando palude
Inficiens homines pascua et omne pecus;
Ibat forte die Saturni nobilis illac
Arae Gismundus limina sacra Petri;
Hujus auxilio sancti confisus, et almae
Christiparae illaesus transiit ille pius,
Ecc. ecc. Il Dalbono la ripete, adornandola di particolari
romanzeschi di armi ed amori. Il monastero di S. Maria
ad Anglona esisteva fin dai tempi del ducato; nel 1330 fu
soppresso, e le monache passarono in quello di S. Gau-
dioso (2). Il locale fu adibito a carcere; ed ecco un sonetto
di un poeta del seicento che s’intitola appunto:
Per lo Carcere di S. Maria d’Agnone di Napoli.
Queste son l’honorate, e sacre arene,
Che già piante calcar d’Alme innocenti?
Questo è ’l bel Cielo, ove sacrati accenti
Solitarie spiegar Dive terrene?
Fatto hor ecco Magion d’estreme pene.
Vero Inferno saria d’afflitte genti,
S’ove son’ombre, e strepiti, e lamenti,
Doglie, e pianti, e fetor, mancasse spene.
Di Verginelle i nidi elette, e pure,
C’havean di pomi d’or sì bel diporto,
Son di vivi defonti sepolture.
Chi grida, o Dio pietà; chi morto, o smorto
Cade in grembo al compagno: o mie sventure,
Perchè son’io fra tanti iniqui a torto? (3).
Dopo varie vicende, ora è carcere femminile; e si sa
quanta mala fama abbiano i suoi contorni. « La chiesetta
« — dice il Dalbono — non ha più le antiche linee, poiché
« da molti anni non si fa che guastar l’antico per solo
« spirito di novità; ma il luogo è sempre quello, e vi si

(1) Oltre il notissimo trattatello del Piperno, De nuce maga bene-
ventana, cfr. Hirsch, Il ducato di Benevento, trad. Schipa, Torino, Roux,
1890, p. 41.
(2) Capasso, Topografia della citta di Napoli nell’ XI secolo, pp. 163-5.
(3) Rime del sig. Gianfrancesco Maja Materdona distinte in Tre
Parti, Napoli, 1632, P. II, p. 62.
 
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