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AFFRESCHI DEL TRECENTO
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(23) Lo Janora, op. cit., pag. 551 e segg., dice: «Questo Castello fu donato da Federico II a
S. Francesco d’Assisi, il quale venuto a Montepeloso, vi principiò un comodo convento, che fu, poi,
menato a termine dai suoi seguaci ». Lo Janora cita poi il testo di una iscrizione :
FRIDERICUS ROMANORUM IMPERATOR CASTRUM HOC
FRANCISCO ASSISIENSI CONCESSIT
CUIUS ALUNNI IN HANC REDUXERE FORNAM.
A. D. 1228
scrizione che, secondo il Palermo, si trovava ancora nel 1806 posta sotto un affresco rappresentante
Federico II in costume del tempo, che ornava uno dei corridoi del già abolito convento. Non es-
sendovi più nessun elemento di controllo, l’autenticità di tale iscrizione va messa in dubbio.
Parlando dell’oratorio, lo Janora affaccia quest’ipotesi : « Può benissimo darsi che il detto ora-
torio o cappella che sia, esistesse anche prima della fondazione del convento e fosse la chiesa del
castello ».
Lo Janora accenna anche alla poca importanza che nei primi secoli della sua fondazione aveva
il Convento di S. Francesco e lo spiega con la preponderanza che avevano il Priore e i Monaci bene-
dettini di Santa Maria, i quali mal tolleravano che altri ordini monastici prendessero il predominio.
Solo dopo spentosi il Priorato, i Francescani progredirono. Nel 1531 Clemente VII li riconobbe e con-
fermò nei diritti e nelle attribuzioni di conventuali di S. Francesco.
Lo Janora parlando della Chiesa superiore di San Francesco così si esprime : « Dell’antica Chiesa
del Convento non possiamo dire altro che era nell’istesso posto dell’attuale e portava ai due lati della
porta d’ingresso altri affreschi, che furono coperti quando si fece la presente facciata nel 1717.
La tradizione della fondazione del Convento per opera di San Francesco è confermata nell’inven-
tario di Niccolò Grimaldi della prima metà del secolo XVII, in cui fra altro si legge : « in detta Città
vi sono quattro conventi, uno dei Minori Conventuali di S. Francesco, antichissimo pigliato dal detto
S. Francesco, ecc. ecc. ».
(24) Riguardo all’antichità del Convento e alla presenza dei Francescani a Montepeloso nel '300,
l’unica fonte è il così detto Provinciale Ordinis Fratrum Minorarli, pubblicato dal P. Conrado Cubel
Minore Conventuale (A. Quaracchi, 1892) dal Codice Vaticano, lat. n. 1960, opera del Minorità fr.
Paolino da Venezia, poi Vescovo di Pozzuoli. Egli compilava questo codice verso il 1340-42. Facendo
l’elenco delle custodie e conventi della Provincia Pugliese, ricorda così il Convento di Monte Pe-
loso : Custodia 3a Materana (habet conventus) : Materam (Matera), Gravinam (Gravina), Montempi-
losum (Monte Peloso), Tricaricum (Tricarico).
Il Wadding, Annales Minorum, t. XVI, p. 307, così ricorda la licenza papale di fondare un
altro convento pei frati minori dell’osservanza in Montepeloso : « Dedit hoc anno (1531) Clemens (VII)
Pontifix facultatem civitatis montis pilosi prò Fratribus, sub invocatione Sancti Francisci, vel alia
quacunque, construendam admitterant. (Bulla incipit) : curri communitas civitatis Montis Pilosi. Data
die 2 Martii 1531 ». (La bolla è data in favore de’ frati minori dell’osservanza, ed è in Wadding,
Annales, t. XVI, p. 611). Ma non si ha prova che questo nuovo o secondo convento francescano sia
stato fondato in Montepeloso. Tanto e nulla più in Wadding.
La Bolla di Clemente VII dell’ 11 Marzo 1531 è pubblicata integralmente nelle citate Memorie ecc.,
pagg. 560-561, di Michele Janora, Che la trascrive dal Wadding, op. cit.
(25) Il Salterio Elisabettiano (Museo di Cividale) miniato dai monaci dell’antica Abbazia di
Reinhardtsbrunn (Renierburdium) in Turingia per il Langravio Ermanno. Il sontuoso salterio — come
abbiamo già veduto — non è estraneo alla formazione delle influenze internazionali notate negli af-
freschi d’Irsina.
Gino Focolari, Cividale del Friuli, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1906, pagg. 73-74
e segg.
Scrive il Fogolari : « È Santa Elisabetta una dolce figura che del sole vivo di carità sorto in
Assisi tutta s’indora, è una santa che di sue umili virtù tutte profumò le città della Turingia, e soprat-
tutto Marburgo, dove è la sua sepoltura, come Santa Caterina la nostra Siena. Il seno della veste
le si riempie miracolosamente di rose quando il marito lo apre per vedere ciò che ella porti ai po-
veri. Ad un ricevimento che il Langravio voleva sontuoso, ella, che ha tutto donato ai poveri e
non ha che un abito meschino, miracolosamente appare con vesti sfolgoranti di paradiso ».
(26) Dott. Luigi Martuscelli, Numistrone e Muro-Lucano. Note, appunti e ricordi storici ; pa-
gina 65 e segg. Napoli, Stab. Tip. R. Resole.
AFFRESCHI DEL TRECENTO
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(23) Lo Janora, op. cit., pag. 551 e segg., dice: «Questo Castello fu donato da Federico II a
S. Francesco d’Assisi, il quale venuto a Montepeloso, vi principiò un comodo convento, che fu, poi,
menato a termine dai suoi seguaci ». Lo Janora cita poi il testo di una iscrizione :
FRIDERICUS ROMANORUM IMPERATOR CASTRUM HOC
FRANCISCO ASSISIENSI CONCESSIT
CUIUS ALUNNI IN HANC REDUXERE FORNAM.
A. D. 1228
scrizione che, secondo il Palermo, si trovava ancora nel 1806 posta sotto un affresco rappresentante
Federico II in costume del tempo, che ornava uno dei corridoi del già abolito convento. Non es-
sendovi più nessun elemento di controllo, l’autenticità di tale iscrizione va messa in dubbio.
Parlando dell’oratorio, lo Janora affaccia quest’ipotesi : « Può benissimo darsi che il detto ora-
torio o cappella che sia, esistesse anche prima della fondazione del convento e fosse la chiesa del
castello ».
Lo Janora accenna anche alla poca importanza che nei primi secoli della sua fondazione aveva
il Convento di S. Francesco e lo spiega con la preponderanza che avevano il Priore e i Monaci bene-
dettini di Santa Maria, i quali mal tolleravano che altri ordini monastici prendessero il predominio.
Solo dopo spentosi il Priorato, i Francescani progredirono. Nel 1531 Clemente VII li riconobbe e con-
fermò nei diritti e nelle attribuzioni di conventuali di S. Francesco.
Lo Janora parlando della Chiesa superiore di San Francesco così si esprime : « Dell’antica Chiesa
del Convento non possiamo dire altro che era nell’istesso posto dell’attuale e portava ai due lati della
porta d’ingresso altri affreschi, che furono coperti quando si fece la presente facciata nel 1717.
La tradizione della fondazione del Convento per opera di San Francesco è confermata nell’inven-
tario di Niccolò Grimaldi della prima metà del secolo XVII, in cui fra altro si legge : « in detta Città
vi sono quattro conventi, uno dei Minori Conventuali di S. Francesco, antichissimo pigliato dal detto
S. Francesco, ecc. ecc. ».
(24) Riguardo all’antichità del Convento e alla presenza dei Francescani a Montepeloso nel '300,
l’unica fonte è il così detto Provinciale Ordinis Fratrum Minorarli, pubblicato dal P. Conrado Cubel
Minore Conventuale (A. Quaracchi, 1892) dal Codice Vaticano, lat. n. 1960, opera del Minorità fr.
Paolino da Venezia, poi Vescovo di Pozzuoli. Egli compilava questo codice verso il 1340-42. Facendo
l’elenco delle custodie e conventi della Provincia Pugliese, ricorda così il Convento di Monte Pe-
loso : Custodia 3a Materana (habet conventus) : Materam (Matera), Gravinam (Gravina), Montempi-
losum (Monte Peloso), Tricaricum (Tricarico).
Il Wadding, Annales Minorum, t. XVI, p. 307, così ricorda la licenza papale di fondare un
altro convento pei frati minori dell’osservanza in Montepeloso : « Dedit hoc anno (1531) Clemens (VII)
Pontifix facultatem civitatis montis pilosi prò Fratribus, sub invocatione Sancti Francisci, vel alia
quacunque, construendam admitterant. (Bulla incipit) : curri communitas civitatis Montis Pilosi. Data
die 2 Martii 1531 ». (La bolla è data in favore de’ frati minori dell’osservanza, ed è in Wadding,
Annales, t. XVI, p. 611). Ma non si ha prova che questo nuovo o secondo convento francescano sia
stato fondato in Montepeloso. Tanto e nulla più in Wadding.
La Bolla di Clemente VII dell’ 11 Marzo 1531 è pubblicata integralmente nelle citate Memorie ecc.,
pagg. 560-561, di Michele Janora, Che la trascrive dal Wadding, op. cit.
(25) Il Salterio Elisabettiano (Museo di Cividale) miniato dai monaci dell’antica Abbazia di
Reinhardtsbrunn (Renierburdium) in Turingia per il Langravio Ermanno. Il sontuoso salterio — come
abbiamo già veduto — non è estraneo alla formazione delle influenze internazionali notate negli af-
freschi d’Irsina.
Gino Focolari, Cividale del Friuli, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1906, pagg. 73-74
e segg.
Scrive il Fogolari : « È Santa Elisabetta una dolce figura che del sole vivo di carità sorto in
Assisi tutta s’indora, è una santa che di sue umili virtù tutte profumò le città della Turingia, e soprat-
tutto Marburgo, dove è la sua sepoltura, come Santa Caterina la nostra Siena. Il seno della veste
le si riempie miracolosamente di rose quando il marito lo apre per vedere ciò che ella porti ai po-
veri. Ad un ricevimento che il Langravio voleva sontuoso, ella, che ha tutto donato ai poveri e
non ha che un abito meschino, miracolosamente appare con vesti sfolgoranti di paradiso ».
(26) Dott. Luigi Martuscelli, Numistrone e Muro-Lucano. Note, appunti e ricordi storici ; pa-
gina 65 e segg. Napoli, Stab. Tip. R. Resole.