attesta che il Card. Andrea fu profusissimo di denari e di
grazie, che molto lasciò a’iuoghi pii, a’poveri e a’famigliari,
non ci permette di crederlo scarso nel compensare la sola
chiesa di Palestrina, togliendo dall’ episcopio il litostroto.
Nè solo crediamo giusto ma anche lodevole e gene-
roso il pensiero di acquistare questo monumento, affinchè
ima volta fosse cavato fuori di quella grotta, nè stesse più a
lungo tra le immondezze e Tacque e le tenebre, e si collo-
casse in luogo conveniente; impresa troppo superiore alle
mediocri fortune de’privati, e propria al Card. Vescovo o al
Principe di quel luogo. Ma D. Francesco Colonna ultimo
Principe di Palestrina, per lo sbilancio de’suoi interessi già
pensando di vendere il nobilissimo feudo, non poteva nè vo-
leva spendere per la conservazione di un’ oggetto che quivi esi-
steva. Era adunque a desiderarsi che un Cardinale n’avesse
cura, e n’ebbela veramente il Peretti, il quale quanto prima
avrebbe fatto comparire in Roma intero e restaurato il
musaico, se avesse potuto averne anche i frammenti. Ma
questi non gli si cedettero dal Cardinale Ginnasi, a cui pro-
babilmente ricorsero supplichevoli i Prenestini, certi di non
aspettarsi dal Peretti una generosità di altra specie, che poi
trovarono ne’Barberini ; ed anco ammaestrati dalla propria
e dall’altrui esperienza, che gli antichi e preziosi oggetti,
quasi ambiziosi di parer belli nelle capitali, partono volen-
tieri dalle città di provincia. E il Ginnasi ottuagenario, ma
vigoroso di mente e di lingua, sempre ammirato per pregi
di somma pietà congiunti ad una libertà tutta propria nel
dir la sua sentenza e nel sostenerla, credendosi vicino alla
morte o al governo d’altra chiesa suburbicaria, non inquietò
i Prenestini, ma lasciò a successori del suo episcopato il
pensiero de’medesimi frammenti. Moriva intanto a’3 d’ago-
sto del 1629 il Card. Andrea Peretti, e nello stesso anno ai
20 dello stesso mese passava alla chiesa Portuense il Gin-
nasi, e al principio del seguente anno divenivano Signori di
Palestrina i Barberini. Non sappiamo sei’Ab. D. Francesco
Peretti erede del Card. Andrea e quindi anch’egli Cardinale
e nella linea maschile ultimo germe della famiglia di Sisto V.
chiedesse mai ai Cardinali Lante e Crescenzi, Vescovi di Pa-
lestrina dopo il Ginnasi, ciò che mancavagli a compimento
del musaico, ma se il chiese non 1’ ottenne.
Al contrario il Card. Barberino dovette adoperarsi con
nobilissima industria per ottenere dall’ Ab. Peretti tutti quei
quadri del musaico, de’quali fu erede; delicato negozio tra
persone di alta condizione e ricchissime ed innamorate della
singolarità del monumento. Ma il Cardinale Nipote del re-
gnante Pontefice poteva dire all’Ab. Peretti: il Cardinale An-
drea esser divenuto legittimo possessore del musaico; e come a lui
così all' erede appartenersi ogni frammento restato nella piccola
grotta dell' episcopio. Ma poiché il Card. Ginnasi temporeggian-
do, e il Card. Marcello Lante che due mesi non interi tenne la
chiesa di Palestrina, e il novello Vescovo Card. Crescenzi per
non inquietare i Prenestini dolentissimi di tanta perdita non si
sono sciolti interamente del debito che legar ali a Casa Montai-
to, e poiché pare che ogni Vescovo voglia lasciare questa solle-
citudine al successore , ora é divenuta una necessità ne' Barbe-
rini , nuovi possessori del feudo, l'unirsi a' Vescovi per trovar
modo di consolare que’ cittadini. Al che certamente non si può
giungere per via di quella giustizia che rende il debito a ciascu-
no; mentre questa dovrebbe far tacere i Prenestini co’loro Ve-
scovi e Principi; ma per via di un’esempio novello di quella ge-
nerosità sempre ammirata nella Casa Montalto. Si doni a Pa-
lestrina il musaico. Lo vedranno gli eruditi con indicibile
ammirazione dentro il recinto di quel vastissimo tempio, di
cui restano tanti vestigi. Lo vedranno in miglior luogo ,
non in quello così tenebroso dove per superstizione fu posto
da Siila.
Queste od altre simili cose disse o fece dire il Card. Bar-
berino all’Ab. Peretti; mentre è un fatto, che questi oltre
1’ aspettazione ne appagò i desideri ; e per mostrare che non
restituiva ma donava il musaico, ( e di restituzione potevasi in
alcun modo sospettare se Tavesse direttamente donato al Card.
Barberino o a Prenestini o al loro Vescovo ) ne fece dono al
Card. Lorenzo Magalotti, zio materno del Barberino. Di que-
sta proprietà del Magalotti venne tosto in possesso il dilettis-
simo ed accortissimo Nipote, il quale se compiacevasi di avere
arricchito la Preneste Antica Suaresiana delle due tavole
de’ frammenti, molto più doveva godergli il cuore nel ricom-
porlo e nel restituirlo a Palestrina, collocandolo nel Palazzo
Baronale. La donazione del Magalotti al Barberino, perchè
concertata, fu fatta, come ognun vede, in un attimo; e sareb-
be di tempo determinato quando si sapesse l’anno e il giorno
che T Ab. Peretti donò il musaico al Magalotti. Forse non
mancherà chi con 1’ aiuto di qualche lettera o di qualche me-
moria chiusa negli archivi di queste famiglie possa fissarne il
tempo. Noi possiamo dire, essendo a’5 di agosto del 1629
l’Ab. D. Francesco Peretti divenuto erede dello zio, e a’ 18
di settembre del 1637 essendo morto il Magalotti, che den-
tro l’intervallo di questi otto anni ebbe luogo il dono. Nè il
titolo di Abate dato al Peretti è un’ appoggio cronologico,
poiché egli era Abate innanzi alla morte dello zio, nè altro
titolo fuor di questo aveva ai 16 di dicembre del 1641,
quando da Urbano Vili, fu fatto Cardinale. (1).
Divenuto il Barberino legittimo possessore del musaico,
egli ne rimandò a Palestrina l’anno 1640 i pezzi quadri le-
vati e trasportati in Roma dal Peretti. Ma prima che vi fos-
sero rimandati, furono da Gio. Battista Calandra o da altri
restaurati, perchè dice T iscrizione : Praenesti instauratum
restituii. Ecco adunque una restaurazione innanzi al 1640,
alla quale non doveva succedere che T altra de’ frammenti,
e finalmente la riunione di tutte le parti* se un grave infor-
tunio non avesse chiesto altre cure. Aveva il Card. Barberi-
no ordinato che le lastre da trasmettersi s’incassassero e si
riponessero nel Palazzo Baronale; ma ai 20 di giugno di
quell’ anno fumo armate le casse a rovescio in modo che have-
vano macinato et scommesso tutto il musaico; però con li dise-
gni già cavati dal mai abbastanza lodato Cavalier Cassiano
Dal Pozzo et dalla lunga cura et molta peritia del Calandra fu
tutto riposto insieme; et havendo Taddeo Barberino tolto il se-
ti) Il titolo di Abate venivagli dalle abazie , di cui era in possesso. Dopo la morte del padre, di D. Michele Damasceno che aveva
assunto il cognome Peretti, il figlio chierico fu ritenuto dal Consiglio di Napoli incapace di feudi per la di lui vita e miltlia; e si fece il
decreto, che accordava il possesso de’feudi alla sorella Maria Felice moglie del Principe D. Bernardino Savelli, e la loro amministrazione all Ab.
D. Francesco. D. Michele aveva trattato un matrimonio per questo suo figlio, mentre in un inventario sono indicate le = Scritture e capi-
toli per il matrimonio che non fu contratto tra il Sig. D. Francesco Perettie la Signora Donna Anna Maria Cesi = (Dall’Archivio Barberini ).
grazie, che molto lasciò a’iuoghi pii, a’poveri e a’famigliari,
non ci permette di crederlo scarso nel compensare la sola
chiesa di Palestrina, togliendo dall’ episcopio il litostroto.
Nè solo crediamo giusto ma anche lodevole e gene-
roso il pensiero di acquistare questo monumento, affinchè
ima volta fosse cavato fuori di quella grotta, nè stesse più a
lungo tra le immondezze e Tacque e le tenebre, e si collo-
casse in luogo conveniente; impresa troppo superiore alle
mediocri fortune de’privati, e propria al Card. Vescovo o al
Principe di quel luogo. Ma D. Francesco Colonna ultimo
Principe di Palestrina, per lo sbilancio de’suoi interessi già
pensando di vendere il nobilissimo feudo, non poteva nè vo-
leva spendere per la conservazione di un’ oggetto che quivi esi-
steva. Era adunque a desiderarsi che un Cardinale n’avesse
cura, e n’ebbela veramente il Peretti, il quale quanto prima
avrebbe fatto comparire in Roma intero e restaurato il
musaico, se avesse potuto averne anche i frammenti. Ma
questi non gli si cedettero dal Cardinale Ginnasi, a cui pro-
babilmente ricorsero supplichevoli i Prenestini, certi di non
aspettarsi dal Peretti una generosità di altra specie, che poi
trovarono ne’Barberini ; ed anco ammaestrati dalla propria
e dall’altrui esperienza, che gli antichi e preziosi oggetti,
quasi ambiziosi di parer belli nelle capitali, partono volen-
tieri dalle città di provincia. E il Ginnasi ottuagenario, ma
vigoroso di mente e di lingua, sempre ammirato per pregi
di somma pietà congiunti ad una libertà tutta propria nel
dir la sua sentenza e nel sostenerla, credendosi vicino alla
morte o al governo d’altra chiesa suburbicaria, non inquietò
i Prenestini, ma lasciò a successori del suo episcopato il
pensiero de’medesimi frammenti. Moriva intanto a’3 d’ago-
sto del 1629 il Card. Andrea Peretti, e nello stesso anno ai
20 dello stesso mese passava alla chiesa Portuense il Gin-
nasi, e al principio del seguente anno divenivano Signori di
Palestrina i Barberini. Non sappiamo sei’Ab. D. Francesco
Peretti erede del Card. Andrea e quindi anch’egli Cardinale
e nella linea maschile ultimo germe della famiglia di Sisto V.
chiedesse mai ai Cardinali Lante e Crescenzi, Vescovi di Pa-
lestrina dopo il Ginnasi, ciò che mancavagli a compimento
del musaico, ma se il chiese non 1’ ottenne.
Al contrario il Card. Barberino dovette adoperarsi con
nobilissima industria per ottenere dall’ Ab. Peretti tutti quei
quadri del musaico, de’quali fu erede; delicato negozio tra
persone di alta condizione e ricchissime ed innamorate della
singolarità del monumento. Ma il Cardinale Nipote del re-
gnante Pontefice poteva dire all’Ab. Peretti: il Cardinale An-
drea esser divenuto legittimo possessore del musaico; e come a lui
così all' erede appartenersi ogni frammento restato nella piccola
grotta dell' episcopio. Ma poiché il Card. Ginnasi temporeggian-
do, e il Card. Marcello Lante che due mesi non interi tenne la
chiesa di Palestrina, e il novello Vescovo Card. Crescenzi per
non inquietare i Prenestini dolentissimi di tanta perdita non si
sono sciolti interamente del debito che legar ali a Casa Montai-
to, e poiché pare che ogni Vescovo voglia lasciare questa solle-
citudine al successore , ora é divenuta una necessità ne' Barbe-
rini , nuovi possessori del feudo, l'unirsi a' Vescovi per trovar
modo di consolare que’ cittadini. Al che certamente non si può
giungere per via di quella giustizia che rende il debito a ciascu-
no; mentre questa dovrebbe far tacere i Prenestini co’loro Ve-
scovi e Principi; ma per via di un’esempio novello di quella ge-
nerosità sempre ammirata nella Casa Montalto. Si doni a Pa-
lestrina il musaico. Lo vedranno gli eruditi con indicibile
ammirazione dentro il recinto di quel vastissimo tempio, di
cui restano tanti vestigi. Lo vedranno in miglior luogo ,
non in quello così tenebroso dove per superstizione fu posto
da Siila.
Queste od altre simili cose disse o fece dire il Card. Bar-
berino all’Ab. Peretti; mentre è un fatto, che questi oltre
1’ aspettazione ne appagò i desideri ; e per mostrare che non
restituiva ma donava il musaico, ( e di restituzione potevasi in
alcun modo sospettare se Tavesse direttamente donato al Card.
Barberino o a Prenestini o al loro Vescovo ) ne fece dono al
Card. Lorenzo Magalotti, zio materno del Barberino. Di que-
sta proprietà del Magalotti venne tosto in possesso il dilettis-
simo ed accortissimo Nipote, il quale se compiacevasi di avere
arricchito la Preneste Antica Suaresiana delle due tavole
de’ frammenti, molto più doveva godergli il cuore nel ricom-
porlo e nel restituirlo a Palestrina, collocandolo nel Palazzo
Baronale. La donazione del Magalotti al Barberino, perchè
concertata, fu fatta, come ognun vede, in un attimo; e sareb-
be di tempo determinato quando si sapesse l’anno e il giorno
che T Ab. Peretti donò il musaico al Magalotti. Forse non
mancherà chi con 1’ aiuto di qualche lettera o di qualche me-
moria chiusa negli archivi di queste famiglie possa fissarne il
tempo. Noi possiamo dire, essendo a’5 di agosto del 1629
l’Ab. D. Francesco Peretti divenuto erede dello zio, e a’ 18
di settembre del 1637 essendo morto il Magalotti, che den-
tro l’intervallo di questi otto anni ebbe luogo il dono. Nè il
titolo di Abate dato al Peretti è un’ appoggio cronologico,
poiché egli era Abate innanzi alla morte dello zio, nè altro
titolo fuor di questo aveva ai 16 di dicembre del 1641,
quando da Urbano Vili, fu fatto Cardinale. (1).
Divenuto il Barberino legittimo possessore del musaico,
egli ne rimandò a Palestrina l’anno 1640 i pezzi quadri le-
vati e trasportati in Roma dal Peretti. Ma prima che vi fos-
sero rimandati, furono da Gio. Battista Calandra o da altri
restaurati, perchè dice T iscrizione : Praenesti instauratum
restituii. Ecco adunque una restaurazione innanzi al 1640,
alla quale non doveva succedere che T altra de’ frammenti,
e finalmente la riunione di tutte le parti* se un grave infor-
tunio non avesse chiesto altre cure. Aveva il Card. Barberi-
no ordinato che le lastre da trasmettersi s’incassassero e si
riponessero nel Palazzo Baronale; ma ai 20 di giugno di
quell’ anno fumo armate le casse a rovescio in modo che have-
vano macinato et scommesso tutto il musaico; però con li dise-
gni già cavati dal mai abbastanza lodato Cavalier Cassiano
Dal Pozzo et dalla lunga cura et molta peritia del Calandra fu
tutto riposto insieme; et havendo Taddeo Barberino tolto il se-
ti) Il titolo di Abate venivagli dalle abazie , di cui era in possesso. Dopo la morte del padre, di D. Michele Damasceno che aveva
assunto il cognome Peretti, il figlio chierico fu ritenuto dal Consiglio di Napoli incapace di feudi per la di lui vita e miltlia; e si fece il
decreto, che accordava il possesso de’feudi alla sorella Maria Felice moglie del Principe D. Bernardino Savelli, e la loro amministrazione all Ab.
D. Francesco. D. Michele aveva trattato un matrimonio per questo suo figlio, mentre in un inventario sono indicate le = Scritture e capi-
toli per il matrimonio che non fu contratto tra il Sig. D. Francesco Perettie la Signora Donna Anna Maria Cesi = (Dall’Archivio Barberini ).