192 LIBRO III — LA STORIOGRAFIA PRIMA DEL VASARI
un altro manoscritto diverso dall'unico a noi noto, forse l'originale,
perché egli parla sempre di un « originale ») come pure quelle di An-
tonio Billi (che egli cita come autore) il che naturalmente non gli
riesce senza strane deformazioni, ripetizioni ed altri sbagli. Le parti
successive trattano gli artisti senesi, andando al di là di quello che
il Ghiberti offriva (Taddeo Bartoli, Vecchietta ed altri) e gli scultori
dai Pisani fino al Verrocchio. Segue quindi una parte che per lo più
ha carattere di un primo abbozzo, in cui molto è lasciato in bianco,
ma che contiene una quantità di notizie preziose. Essa comprende ag-
giunte sul Trecento, diffuse compilazioni sopra un gran numero dei
principali artisti del Quattrocento, e specialmente importanti quelle
sui contemporanei come Andrea del Sarto, Leonardo e Michelangelo.
La fine del manoscritto è formata da ricordi staccati sugli edifici di
Roma, descrizioni delle pitture nella Certosa presso Firenze e no-
tizie per i pellegrini sulle curiosità di Perugia, Assisi, Roma.
Le fonti dell'anonimo non finiscono in alcun modo con quelle già
nominate ed a noi ben note. Con un'analisi laboriosissima ma tecni-
camente perfetta ed esemplare il Kallab (1. e, 187-207) ha dimo-
strato che certe parti, analoghe sia per la forma che per il contenuto,
dei tre scrittori che lavoravano parallelamente, l'Anonimo maglia-
bechiano, il Gelli ed il Vasari, possono spiegarsi in teoria soltanto
supponendo una fonte « K » comune a tutti e tre, la quale deve es-
sere simile al libro del Billi nella forma e nel contenuto, ma più
estesa. Per quanto il Kallab ponga l'accento sul carattere di ipotesi
metodologica della sua induzione, dal lato filologico essa è impor-
tante come un gran passo avanti in confronto coi tentativi, pieni,
è vero, di acute osservazioni particolari, ma confusi ed un po' dilet-
tantistici del Frey, che suppone una pluralità di modelli. È vero che il
Magliabechiano a questo proposito nomina in due punti un « primo
testo », che in un passo (concernente l'origine del Giottino) coincide
di nuovo con una notizia, dal Vasari addotta come derivante dai
Ricordi del Ghiberti (dove però non esiste) e di Domenico Ghirlan-
daio ; ma questa è una traccia che si perde subito, e non può essere
seguita più oltre.
Se dobbiamo qui registrare un vero ed efficace risultato nella cri-
tica delle fonti della antica storia dell'arte italiana, non si può dire
lo stesso di un'altra pretesa fonte del Vasari. È questo il frammento
della Vaticana, citato in un lavoro giovanile dello Strzygowski, che
intanto è stato dimostrato dal Wickhoff come una copia del xvn se-
colo dal Vasari. La questione fu già risolta molto tempo fa e con
un altro manoscritto diverso dall'unico a noi noto, forse l'originale,
perché egli parla sempre di un « originale ») come pure quelle di An-
tonio Billi (che egli cita come autore) il che naturalmente non gli
riesce senza strane deformazioni, ripetizioni ed altri sbagli. Le parti
successive trattano gli artisti senesi, andando al di là di quello che
il Ghiberti offriva (Taddeo Bartoli, Vecchietta ed altri) e gli scultori
dai Pisani fino al Verrocchio. Segue quindi una parte che per lo più
ha carattere di un primo abbozzo, in cui molto è lasciato in bianco,
ma che contiene una quantità di notizie preziose. Essa comprende ag-
giunte sul Trecento, diffuse compilazioni sopra un gran numero dei
principali artisti del Quattrocento, e specialmente importanti quelle
sui contemporanei come Andrea del Sarto, Leonardo e Michelangelo.
La fine del manoscritto è formata da ricordi staccati sugli edifici di
Roma, descrizioni delle pitture nella Certosa presso Firenze e no-
tizie per i pellegrini sulle curiosità di Perugia, Assisi, Roma.
Le fonti dell'anonimo non finiscono in alcun modo con quelle già
nominate ed a noi ben note. Con un'analisi laboriosissima ma tecni-
camente perfetta ed esemplare il Kallab (1. e, 187-207) ha dimo-
strato che certe parti, analoghe sia per la forma che per il contenuto,
dei tre scrittori che lavoravano parallelamente, l'Anonimo maglia-
bechiano, il Gelli ed il Vasari, possono spiegarsi in teoria soltanto
supponendo una fonte « K » comune a tutti e tre, la quale deve es-
sere simile al libro del Billi nella forma e nel contenuto, ma più
estesa. Per quanto il Kallab ponga l'accento sul carattere di ipotesi
metodologica della sua induzione, dal lato filologico essa è impor-
tante come un gran passo avanti in confronto coi tentativi, pieni,
è vero, di acute osservazioni particolari, ma confusi ed un po' dilet-
tantistici del Frey, che suppone una pluralità di modelli. È vero che il
Magliabechiano a questo proposito nomina in due punti un « primo
testo », che in un passo (concernente l'origine del Giottino) coincide
di nuovo con una notizia, dal Vasari addotta come derivante dai
Ricordi del Ghiberti (dove però non esiste) e di Domenico Ghirlan-
daio ; ma questa è una traccia che si perde subito, e non può essere
seguita più oltre.
Se dobbiamo qui registrare un vero ed efficace risultato nella cri-
tica delle fonti della antica storia dell'arte italiana, non si può dire
lo stesso di un'altra pretesa fonte del Vasari. È questo il frammento
della Vaticana, citato in un lavoro giovanile dello Strzygowski, che
intanto è stato dimostrato dal Wickhoff come una copia del xvn se-
colo dal Vasari. La questione fu già risolta molto tempo fa e con