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I. - ORIGINE DELLE VITE

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della vita del Beccafumi. Giungiamo dunque alla conclusione che le
Vite del Vasari devono essere considerate come opera esclusivamente
sua e personale.

Nel 1550 usci dunque la prima edizione stampata dal Torrentino,
comprendente tre parti in due volumi. Il libro era stato atteso a lungo
e ansiosamente; anche nell'Italia settentrionale il Pino aveva pubbli-
camente accennato ad esso nel suo dialogo del 1548; Marco Antonio
Michiel e forse anche l'Anonimo della Magliabechiana avevano messo
da parte i loro lavori tendenti ad uno scopo simile (v. libro III). Di
fatto questa prima edizione è opera di un sol getto e malgrado molte
manchevolezze è un capolavoro di un grado più alto che la seconda
edizione. Composto rigidamente, rimane fedele al principio già sta-
bilito nella storiografia dell'arte fiorentina di trattare soltanto di ar-
tisti morti od in ogni modo soltanto di quelli la cui parabola arti-
stica fosse ormai compiuta (come per il cieco Eovezzano) e visibile
nell'insieme. Uno solo fa eccezione ed è il grande eroe di questo
tempo e prima di tutto del Vasari stesso, Michelangelo, che aveva già
raggiunto l'immortalità in questa vita. Egli è il punto culminante di
tutto lo sviluppo, la cima che corona tutto l'edificio, che a lui tende
ed in lui trova il suo compimento. Questa imponente architettura del-
l'opera non si ritrova più nella seconda edizione.

Diciotto anni dopo, nel 15GS, e questa volta stampata dal Giunti,
usci la seconda edizione. Il Vasari intanto aveva veduto ed imparato
moltissimo ; aveva fatto viaggi in paesi che prima non conosceva, o
conosceva solo superficialmente (Assisi, Italia settentrionale) ; molte
cose furono indubbiamente migliorate, malintesi e sviste furono cor-
retti ; cosi, per esempio, i Pisani, che nella prima edizione figura-
vano stranamente come scolari del più tardo Andrea Pisano, ebbero
qui un capitolo speciale. L'invidia l'aveva accusato di « infinite bu-
gie » ; ma il Vasari non rifiutò mai una giusta critica, anzi, avendo
una coscienza storica molto fine, omise una buona parte di quelle
iscrizioni tombali che erano state ordinate ad hoc, ma che qui ve-
nivano presentate come iscrizioni vere. La lettera dell'Adriani, già
rammentata, ci mostra come il Vasari cercasse di dare al suo lavoro
prospettive più vaste, per quanto l'Adriani lo servisse male. Si schiu-
dono davanti a lui nuove fonti, anzitutto i ritratti ; le raffigura-
zioni delPéMte intellettuale dei Medici gli erano divenute familiari
mentre lavorava nel Palazzo Vecchio. Il Vasari orna ora il suo lavoro
coi ritratti degli artisti disegnati da lui o da scolari ed offre cosi il
modello a quelli che verranno dopo. Egli si lagna occasionalmente
degli incisori veneziani e delle loro riproduzioni spesso poco fedeli. Ma
 
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