426 LIBRO VI — LA LETTERATURA ARTISTICA NEL PERIODO DEL MANIERISMO
anche nell'opposto campo dei protestanti, per irrigidirsi alla fine nella
pin arida e meno viva scolastica.
Già nella prefazione viene fatto all'arte contemporanea un rim-
provero che appare anche in tempi più tardi, quando l'arte sotto
ogni aspetto perfezionata inclinava ad un certo virtuosismo; i pit-
tori non si sarebbero occupati più dell'argomento, ma avrebbero avuto
unicamente a cuore di far mostra della loro abilità, lo « sforzato »
sarebbe stato il loro ultimo scopo. Il libro è tutto pieno di queste
idee; il suo pensiero fondamentale è ispirato a un concetto domi-
nante nell'estetica del Rinascimento, quello del decorum, che viene
identificato con ciò che dalla chiesa è regolato. Vengono quindi esa-
minate le offese dei pittori al senso e al contenuto della Sacra Scrit-
tura; anche se in questo può esservi qualcosa di valore pratico, il
libro come si è detto tradisce un ingegno povero e limitato, ed ha
solamente interesse come specchio del tempo suo e per l'efficacia che
ebbe quindi notevole, per la sua attualità. È evidente che si veniva
cosi a disconoscere tutto l'elemento poetico e popolarmente ingenuo
dell'arte più antica ; cosi p. es. si inveisce contro la rappresentazione
della graziosa leggenda della cintola della Madonna con cui l'arte
toscana aveva cosi volentieri materializzato, per gioia sua e del po-
polo, una pia credenza, non certo un dogma approvato dalla chiesa.
Vengono ora ritenute sconvenienti (e il Concilio di Trento le mette
all'Indice) figurazioni che l'arte da secoli aveva continuamente tra-
mandato, come quella toscana della Trinità trifronte ; ed è chiaro
anche che la chiesa difendeva cosi a suo modo un sentimento di quel
tempo ; simili atavismi dovevano essere spiacevoli a un progresso
spirituale che si avviava al periodo aureo delle scienze naturali e do-
veva sboccare nell'illuminismo. Si parla anche di un altro antichis-
simo motivo che solo da Michelangelo era stato condotto alla sua
massima espressione figurativa: l'« ispirazione angelica » non sarebbe
proprio contro la scrittura, ma questi angioli dell'artista sembrano
più « spiritelli » che messaggeri di fede cristiana. L'uomo della con-
troriforma subodora giustamente l'assenza di ogni dogmatismo nella
soggettività del vecchio maestro, la cui fede aveva le sue radici in un
passato tutto diverso, nel mondo dantesco e infine anche nella dema-
gogia spirituale di un Savonarola.
È da notare soprattutto come Michelangelo, appena messo sul più
alto trono che mai sia toccato ad un artista, sia la mira nascosta o
palese di attacchi, in cui le valutazioni artistiche si confondono con
quelle non artistiche. Il bersaglio particolare di questi attacchi è il
celebre Giudizio Finale della Sistina. Il Gilio biasima non tanto la
anche nell'opposto campo dei protestanti, per irrigidirsi alla fine nella
pin arida e meno viva scolastica.
Già nella prefazione viene fatto all'arte contemporanea un rim-
provero che appare anche in tempi più tardi, quando l'arte sotto
ogni aspetto perfezionata inclinava ad un certo virtuosismo; i pit-
tori non si sarebbero occupati più dell'argomento, ma avrebbero avuto
unicamente a cuore di far mostra della loro abilità, lo « sforzato »
sarebbe stato il loro ultimo scopo. Il libro è tutto pieno di queste
idee; il suo pensiero fondamentale è ispirato a un concetto domi-
nante nell'estetica del Rinascimento, quello del decorum, che viene
identificato con ciò che dalla chiesa è regolato. Vengono quindi esa-
minate le offese dei pittori al senso e al contenuto della Sacra Scrit-
tura; anche se in questo può esservi qualcosa di valore pratico, il
libro come si è detto tradisce un ingegno povero e limitato, ed ha
solamente interesse come specchio del tempo suo e per l'efficacia che
ebbe quindi notevole, per la sua attualità. È evidente che si veniva
cosi a disconoscere tutto l'elemento poetico e popolarmente ingenuo
dell'arte più antica ; cosi p. es. si inveisce contro la rappresentazione
della graziosa leggenda della cintola della Madonna con cui l'arte
toscana aveva cosi volentieri materializzato, per gioia sua e del po-
polo, una pia credenza, non certo un dogma approvato dalla chiesa.
Vengono ora ritenute sconvenienti (e il Concilio di Trento le mette
all'Indice) figurazioni che l'arte da secoli aveva continuamente tra-
mandato, come quella toscana della Trinità trifronte ; ed è chiaro
anche che la chiesa difendeva cosi a suo modo un sentimento di quel
tempo ; simili atavismi dovevano essere spiacevoli a un progresso
spirituale che si avviava al periodo aureo delle scienze naturali e do-
veva sboccare nell'illuminismo. Si parla anche di un altro antichis-
simo motivo che solo da Michelangelo era stato condotto alla sua
massima espressione figurativa: l'« ispirazione angelica » non sarebbe
proprio contro la scrittura, ma questi angioli dell'artista sembrano
più « spiritelli » che messaggeri di fede cristiana. L'uomo della con-
troriforma subodora giustamente l'assenza di ogni dogmatismo nella
soggettività del vecchio maestro, la cui fede aveva le sue radici in un
passato tutto diverso, nel mondo dantesco e infine anche nella dema-
gogia spirituale di un Savonarola.
È da notare soprattutto come Michelangelo, appena messo sul più
alto trono che mai sia toccato ad un artista, sia la mira nascosta o
palese di attacchi, in cui le valutazioni artistiche si confondono con
quelle non artistiche. Il bersaglio particolare di questi attacchi è il
celebre Giudizio Finale della Sistina. Il Gilio biasima non tanto la