516 LIBRO VII — LA STORIOGRAFIA DEL BAROCCO E DEL CLASSICISMO
zione al manierismo ; preceduto in questo dal Mancini, che già aveva
elaborato la trinità D'Arpino, Caravaggio, Carracci come tesi, anti-
tesi e sintesi. Anche il Bellori, ponendo un nuovo problema in ma-
niera gravida di conseguenze, scorge la vera salute nella scuola di
Bologna, che batté l'aurea via intermedia, l'aurea mediocritas di
Orazio, tra la pittura d'idee e lo studio della natura, e riportò a nuova
vita L'« arte estinta », espressione questa caratteristica in cui ritorna
l'antichissima mentalità umanistica. Il Bellori è più che mai un pre-
decessore del Winckelmann quando fa sua l'opinione, proveniente dai
Carracci, che il vero modello per eccellenza sia l'arte greca, allora
nota quasi soltanto da testimonianze letterarie, come sono raccolte ab-
bondantemente nel libro dello Junius ; pel Vasari e anche pel Seicento
l'arte romana è il vero culmine dell'antica creazione artistica. Il Bel-
lori è in questo concorde con gli artisti suoi amici Poussin e il Fiam-
mingo ; nella vita del secondo il Passeri fra l'altro ci dice esplicita-
mente che egli si professava rigido imitatore della maniera greca,
come quella che riunisce grandezza, nobiltà, grazia e dignità (la qual
cosa il Passeri non ritiene possibile) e esplicitamente conferma che il
Poussin disprezzava la « maniera romana ». Egli ci prepara anche
il programma dell'eclettismo bolognese ; le espressioni dell'Albani
(nelle lettere allo stesso Bellori) hanno per confine e per ideale
l'unione delle conquiste delle diverse scuole, della lombarda col Cor-
reggio, della veneziana col Tiziano, della romana con Raffaello (e
Michelangelo), ma soprattutto della antichità. Ciò si intende tut-
tavia in un altro senso dalla insulsa ricetta del Lomazzo, contro cui
ha vivamente protestato persino il Domenichino, mentre il preteso
sonetto di Agostino Carracci riferito dal Malvasia è sicuramente una
falsificazione, in cui souo esposte non le opinioni del mondo artistico,
ma quelle dei teorici e dei profani. Anche questo scrittore, del resto,
è un rappresentante dell'aurea via di mezzo, poiché inveisce tanto
contro il naturalismo del Caravaggio quanto contro la pittura a
« colpi » dei veneziani ; anche lui inette Raffaello sopra Michelan-
gelo ; lo spostamento dei valori a sfavore del Cinquecento appare
chiaro quando dice che Michelangelo è di tanto inferiore a Raffaello
di quanto l'Ariosto lo è al Tasso, che col suo « epos regolare » è di-
venuto l'idolo vero e proprio non solo del Seicento e delle sue teorie
artistiche, ma anche del popolo italiano in generale : si pensi alle
innumerevoli versioni dialettali della Gerusalemme.
Diviene ora chiara anche quella ripartizione in scuole individuali
storicamente determinate, già preparata dal secolo xvi, e dovuta pro-
prio al Bellori che ne ha col suo credito procurato il durevole in-
zione al manierismo ; preceduto in questo dal Mancini, che già aveva
elaborato la trinità D'Arpino, Caravaggio, Carracci come tesi, anti-
tesi e sintesi. Anche il Bellori, ponendo un nuovo problema in ma-
niera gravida di conseguenze, scorge la vera salute nella scuola di
Bologna, che batté l'aurea via intermedia, l'aurea mediocritas di
Orazio, tra la pittura d'idee e lo studio della natura, e riportò a nuova
vita L'« arte estinta », espressione questa caratteristica in cui ritorna
l'antichissima mentalità umanistica. Il Bellori è più che mai un pre-
decessore del Winckelmann quando fa sua l'opinione, proveniente dai
Carracci, che il vero modello per eccellenza sia l'arte greca, allora
nota quasi soltanto da testimonianze letterarie, come sono raccolte ab-
bondantemente nel libro dello Junius ; pel Vasari e anche pel Seicento
l'arte romana è il vero culmine dell'antica creazione artistica. Il Bel-
lori è in questo concorde con gli artisti suoi amici Poussin e il Fiam-
mingo ; nella vita del secondo il Passeri fra l'altro ci dice esplicita-
mente che egli si professava rigido imitatore della maniera greca,
come quella che riunisce grandezza, nobiltà, grazia e dignità (la qual
cosa il Passeri non ritiene possibile) e esplicitamente conferma che il
Poussin disprezzava la « maniera romana ». Egli ci prepara anche
il programma dell'eclettismo bolognese ; le espressioni dell'Albani
(nelle lettere allo stesso Bellori) hanno per confine e per ideale
l'unione delle conquiste delle diverse scuole, della lombarda col Cor-
reggio, della veneziana col Tiziano, della romana con Raffaello (e
Michelangelo), ma soprattutto della antichità. Ciò si intende tut-
tavia in un altro senso dalla insulsa ricetta del Lomazzo, contro cui
ha vivamente protestato persino il Domenichino, mentre il preteso
sonetto di Agostino Carracci riferito dal Malvasia è sicuramente una
falsificazione, in cui souo esposte non le opinioni del mondo artistico,
ma quelle dei teorici e dei profani. Anche questo scrittore, del resto,
è un rappresentante dell'aurea via di mezzo, poiché inveisce tanto
contro il naturalismo del Caravaggio quanto contro la pittura a
« colpi » dei veneziani ; anche lui inette Raffaello sopra Michelan-
gelo ; lo spostamento dei valori a sfavore del Cinquecento appare
chiaro quando dice che Michelangelo è di tanto inferiore a Raffaello
di quanto l'Ariosto lo è al Tasso, che col suo « epos regolare » è di-
venuto l'idolo vero e proprio non solo del Seicento e delle sue teorie
artistiche, ma anche del popolo italiano in generale : si pensi alle
innumerevoli versioni dialettali della Gerusalemme.
Diviene ora chiara anche quella ripartizione in scuole individuali
storicamente determinate, già preparata dal secolo xvi, e dovuta pro-
prio al Bellori che ne ha col suo credito procurato il durevole in-