tANTO DECIMO QV^NTO.
y[a quello 'ugnato popolo maligno,
Che diAeA di F:esble*ab antico/
E tiene ancor dei monte e del macigno.
Ti li farà per tuo ben far nimico:
Ed è ragion : che tra gli lazzi forbì
Si disconvien fruttare ai dolce Eco.
Vecchia fama nei mondo li chiama orbi $
Gente avara , invidioA, e Aiperba:
Da* lor coAuini fa, che tu ti forbì.
La tua fortuna tanto onor ti serba.
Che 1' una "parte e s altra avranno faine
Di te: ma lungi Ea dai becco 1' erba.
Faccìan le heAie Fiesoiane Ararne
Di lor ìnedeAne, e non tocchili la pianta^*
S* aicuna Auge ancor nel lor letame.
In cui riviva la Amenta Anta
Di quei Roman, che vi rimafèr, quando
Fu Atto 1 ni dio di malizia tanta.
Se foHe pieòo tutto '1 mio dimando,
RispoE ini, voi non AreAè ancora
Dell* uhiaòà natura poAo in bando :
Che in la mente m' è Etta, ed or m* àcùuOra
La cara buona immagine patema
Di voi, quando ne! mondo ad ora ad ora
Mi *n(egnavate, come 1' uom s* eterna :
E quant* io i' abbo in grado, mentr* io vivoj
Convien, che nelia mia lingua E Aetna.
Ciò, che narrate di mìo corio , A rivo,
E Atbolo a chioAr con altro teAo
A donna , che *1 Aprà, s* a lei arrivo^
Tanto vogs io , che vi Ea maniAAo,
Pur che mia coAìeiiza non mi garra.
Che alla fortuna, come vuol, son preAo^
Non è nuova agli orecchi miei tale arra :
Però giri fortuna la Aia mota,
Come le piace, e *1 villan la Aia marra.
Lo mìo maeAro allora in su la gota
DeAra E volse Sdietro , e riguardommi.
Poi diEe ; Bene ascolta, chi la nota.
y[a quello 'ugnato popolo maligno,
Che diAeA di F:esble*ab antico/
E tiene ancor dei monte e del macigno.
Ti li farà per tuo ben far nimico:
Ed è ragion : che tra gli lazzi forbì
Si disconvien fruttare ai dolce Eco.
Vecchia fama nei mondo li chiama orbi $
Gente avara , invidioA, e Aiperba:
Da* lor coAuini fa, che tu ti forbì.
La tua fortuna tanto onor ti serba.
Che 1' una "parte e s altra avranno faine
Di te: ma lungi Ea dai becco 1' erba.
Faccìan le heAie Fiesoiane Ararne
Di lor ìnedeAne, e non tocchili la pianta^*
S* aicuna Auge ancor nel lor letame.
In cui riviva la Amenta Anta
Di quei Roman, che vi rimafèr, quando
Fu Atto 1 ni dio di malizia tanta.
Se foHe pieòo tutto '1 mio dimando,
RispoE ini, voi non AreAè ancora
Dell* uhiaòà natura poAo in bando :
Che in la mente m' è Etta, ed or m* àcùuOra
La cara buona immagine patema
Di voi, quando ne! mondo ad ora ad ora
Mi *n(egnavate, come 1' uom s* eterna :
E quant* io i' abbo in grado, mentr* io vivoj
Convien, che nelia mia lingua E Aetna.
Ciò, che narrate di mìo corio , A rivo,
E Atbolo a chioAr con altro teAo
A donna , che *1 Aprà, s* a lei arrivo^
Tanto vogs io , che vi Ea maniAAo,
Pur che mia coAìeiiza non mi garra.
Che alla fortuna, come vuol, son preAo^
Non è nuova agli orecchi miei tale arra :
Però giri fortuna la Aia mota,
Come le piace, e *1 villan la Aia marra.
Lo mìo maeAro allora in su la gota
DeAra E volse Sdietro , e riguardommi.
Poi diEe ; Bene ascolta, chi la nota.