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Vasari, Giorgio; Bellotti, Michele [Bearb.]
Ragionamenti Del Signor Cavaliere Giorgio Vasari Pittore E Architetto Aretino Sopra Le Invenzioni Da Lui Dipinte In Firenze Nel Palazzo Di Loro Altezze Serenissime: Con Lo Illustriss. Ed Eccellentiss. Signore D. Francesco Medici Allora Principe Di Firenze ... — In Arezzo: Per Michele Bellotti Stampat. Vescov., 1762

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https://doi.org/10.11588/diglit.72028#0084
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GIORNATA SECONDA,
RAGIONAMENTO SECONDO.
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PRINCIPE E GIORGIO.

°° ^^^^1 °iche noi abbiamo vitto, e diseorso gran parte delle azioni di
Colimo Vecchio, Signor Prìncipe, e consederato minutamente
tutti i ritratti delli amici suoi, e insieme Giovanni detto Bic-
ci suo padre, e la successione in Piero, e Giovanni suoi fi,
gliuoli, cominciaremo a ragionare, e vedere le Borie di Lo.
renzo suo nipote; che quella camera, dove siamo, è dedicata
alle sue virtuose azioni.
P. Molto non fate dopo Cosimo le Borie di Piero suo figliuolo, il quale suc-
cesfe, e governò lo Stato poi, e ancora che lusse storpiato dalle gotte, sò
pure, che e'vinse con la prudenza il veleno di molti cittadini?
G. V. E. dice il vero; ma io passo tutto con silenzio, parendomi, che e' non
bisognasse far altro, che il ritratto suo nella camera di suo padre, lo e.
sempio del quale si vede che imitò grandemente.
P. E gli giovò assai, che molti si scopersono nimici palesi, che mentre visfe
Cosimo flettono occulti, temendo la riputazione, e le ricchezze, che dal-
la prudenza, e forza di Cosimo aveva acquistato in vira; e ancorché Pie-
ro non attendere molto al governo, diedono a' suoi nimici molte difficol-
tà di levargli lo Stato, perchè Messer Diotisalvi Neroni, nel quale si con-
fidò Fiero ( che poi lo ingannò ), e Messer Luca Pitti poco innanzi ni-
mico a Cosimo li congiurò contra nel ritorno da Careggi, al quale scele-
rato tradimento Iddio non permesfe lo effetto; perilchè sendo confinaci
que' cittadini in più luoghi, non mancarono con ogni via tentare tutti i
Principi d' Italia per rimuovergli lo Stato, il quale mantenne quella forma
di governo fino che Piero possosi in letto, lenza poter mai muover altro
che la lingua, mandò fuori lo spirito.
G. V. E. in breve ha detto i gefli suoi, lenza che io li dipinga, e mi anno
confermato nella mia medesima opinione di non far di lui altra Boria ; egli
è ben vero, che io trapasfo in questa di Lorenzo molte cose, che sarieno
state molto bene in pittura, e di Giuliano suo fratello ancora; che per
non avere grandi spazj in quelle volte, ed esser cose da chi avesse ftanze
maggiori, e tutte cose odiofe, le lasso, sendo l'intento mio volto solo ad
esempi, e gesti grandi, piucchè a fare abbigliamenti, e ornamenti ne' com-
ponimenti delle Borie loro.
P. Che
 
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