SAFO.
Non si può dubitare che questa non sia 1* immagine della celebre Safo, vedendosi effi-
giata nella medesima maniera in parecchi marmi che si trovano col suo nome. Le si
scopre in volto un non so che di virile, che assai ben corrisponde all' epiteto di Mascula
affibbiatole da Orazio ; benché ciò possa anche alludere alla di lei nota parzialità per
le vergini di Lesbo sua patria. Se si ha da credere al ritratto eh' ella fa di sè stessa
neh1' epistola a Faone appresso Ovidio, era di piccola statura, e di color nereggiante.
Candidamente confessa d'essere poco vistosa, come appunto apparisce nel nostro rame.
Ma i pregj dell' ingegno maravigliosamente in lei supplivano alle mancanze della bel-
lezza corporale. Certo è che nel lirico, Safo superò non solo Stesicoro ed Alceo suoi
contemporanei, ma tutti i più rinomati poeti che abbia prodotto la Grecia, sì nel vigor
della fantasìa, che nella vivacità dell' espressione. Il verso Safico originò da' suoi
poemi, di cui due soli hanno sfuggito Y insidie del tempo divoratore, cioè un Inno a
Venere, ed un' Ode, diretta ad una delle prefate donzelle di Lesbo, che Longino offre
per norma del vero sublime, e realmente è la più viva pittura d' amore, che sia mai
stata disegnata da poetico pennello. Fiorì la nostra poetessa nella quarantesima quarta
Olimpiade, sei secoli prima dell' era Cristiana, e quando cominciavano a maturarsi i
suoi anni ebbe la sciagura d'invaghirsi d'un giovane di Mitilene, eh' ebbe per nome
Faone ; ma non venendo contraccambiata, abbandonatasi alla disperazione, si precipitò
dalla rupe Leucade. Strabone1 ci fa sapere, siccome questa rupe era un promontorio,
con un magnifico tempio consecrato ad Apollo, e che ogni anno in certo giorno festivo
vi si faceva capitombolare nel mare un malfattore, con che il popolo si lusingava d'ov-
viare ogni avvenimento sinistro. E' facile di avvedersi, che Y intenzione di questo
sacrificio era simile a quella degli Ebrei nella immolazione del capro. Il reo destinato
per vittima veniva cinto di penne, e gli si affigevano d'intorno parecchi uccelli vivi,
acciocché il dibattimento dell' ali rallentasse l'impeto della caduta. In fondo al preci-
pizio eranvi alcune barche ordinate per riceverlo, e se gli avveniva di scampar la vita,
era condannato a perpetuo bando. Leggesi di molti, i quali praticarono questo salto
mortale per liberarsi dalle loro frenesìe amorose, e si vuole che il rimedio sia non poche
volte riuscito efficace ; ma Safo, che lo tentò ebbe un esito assolutamente fatale.
62
Non si può dubitare che questa non sia 1* immagine della celebre Safo, vedendosi effi-
giata nella medesima maniera in parecchi marmi che si trovano col suo nome. Le si
scopre in volto un non so che di virile, che assai ben corrisponde all' epiteto di Mascula
affibbiatole da Orazio ; benché ciò possa anche alludere alla di lei nota parzialità per
le vergini di Lesbo sua patria. Se si ha da credere al ritratto eh' ella fa di sè stessa
neh1' epistola a Faone appresso Ovidio, era di piccola statura, e di color nereggiante.
Candidamente confessa d'essere poco vistosa, come appunto apparisce nel nostro rame.
Ma i pregj dell' ingegno maravigliosamente in lei supplivano alle mancanze della bel-
lezza corporale. Certo è che nel lirico, Safo superò non solo Stesicoro ed Alceo suoi
contemporanei, ma tutti i più rinomati poeti che abbia prodotto la Grecia, sì nel vigor
della fantasìa, che nella vivacità dell' espressione. Il verso Safico originò da' suoi
poemi, di cui due soli hanno sfuggito Y insidie del tempo divoratore, cioè un Inno a
Venere, ed un' Ode, diretta ad una delle prefate donzelle di Lesbo, che Longino offre
per norma del vero sublime, e realmente è la più viva pittura d' amore, che sia mai
stata disegnata da poetico pennello. Fiorì la nostra poetessa nella quarantesima quarta
Olimpiade, sei secoli prima dell' era Cristiana, e quando cominciavano a maturarsi i
suoi anni ebbe la sciagura d'invaghirsi d'un giovane di Mitilene, eh' ebbe per nome
Faone ; ma non venendo contraccambiata, abbandonatasi alla disperazione, si precipitò
dalla rupe Leucade. Strabone1 ci fa sapere, siccome questa rupe era un promontorio,
con un magnifico tempio consecrato ad Apollo, e che ogni anno in certo giorno festivo
vi si faceva capitombolare nel mare un malfattore, con che il popolo si lusingava d'ov-
viare ogni avvenimento sinistro. E' facile di avvedersi, che Y intenzione di questo
sacrificio era simile a quella degli Ebrei nella immolazione del capro. Il reo destinato
per vittima veniva cinto di penne, e gli si affigevano d'intorno parecchi uccelli vivi,
acciocché il dibattimento dell' ali rallentasse l'impeto della caduta. In fondo al preci-
pizio eranvi alcune barche ordinate per riceverlo, e se gli avveniva di scampar la vita,
era condannato a perpetuo bando. Leggesi di molti, i quali praticarono questo salto
mortale per liberarsi dalle loro frenesìe amorose, e si vuole che il rimedio sia non poche
volte riuscito efficace ; ma Safo, che lo tentò ebbe un esito assolutamente fatale.
62