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C kA N T 0

LXXXII.
Sotto ha un destrier , che di candore agguaglia
Pur or nel!' Apennin caduta neve :
Turbo, o fiamma non è, che roti, o saglia
Rapido si, come è quel pronto e leve.
Vibra ei presa nel mezzo una zagaglia:
La spada al fianco tien ritorta e breve:
E con barbara pompa in un lavoro
Di porpora risplende intesta e d'oro.
LXXXIII.
Mentre il fanciullo, a cui novel piacere
Di gloria il petto giovenil lusinga,
Di qua turba e di là tutte le schiere:
E lui non è chi tanto o quanto stringaj
Cauto osserva Argillan tra le leggiere
Sue rote il tempo , in cui l'asta sospinga :
E colto il punto, il suo destrier di furto
Gli uccide, e sovra gli è, ch'appena è surto.
LXXXIV.
Ed al supplice volto, il quale invano
Con T arme di pietà fea su e difese,
Drizzò crudel l'inesorabil mano,
E di Natura il più bel pregio offese.
Senso aver parve ? e fu dell' uom più umano
Il ferro, che si volse , e piatto scese :
Ma che prò ? se doppiando il colpo fero
Di punta cosse, ove egli errò primiero.
LXXXV,
Soliman, che di là non molto lunge
Da Goffredo in battaglia è trattenuto,
Lascia la zusfa, e 1 destrier volve e punge,
Toslo che '1 rischio ha del garzon veduto :
E i chiusi passi apre col ferro, e giunge
Alla vendetta sì, non all'ajuto:
Perchè vede, ahi dolor, giacerne ucciso
Il suo Lesbin , quasi bel fior succiso.
 
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