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XXIV,
ÎDolce terren, che me già nel tuo seno
Lungo tempo nutrendo, or mi vedesti
A le fresche ombre assiso, or su per quesfi
Tuoi poggi ir contro al placido tuo Reno ;
Che già Vinegia mia , e il bel sereno
Lampeggiar di duo lumi alteri onesti,
E scordar l’altre adriache dee mi festi ;
Or conteso mi se5, dolce terreno.
Te sempre amin gl’iddii, e allor che Marte
D’ orror empie e di sangue i campi intorno,
Te ainico il ciel mai sempre illeso serbe :
E le vaghe tue Ninfe in ogniparte
Colgan secure in bel drappello adorno
Pei dolci colli l’uve intatte e l’erbe.
XXIV,
ÎDolce terren, che me già nel tuo seno
Lungo tempo nutrendo, or mi vedesti
A le fresche ombre assiso, or su per quesfi
Tuoi poggi ir contro al placido tuo Reno ;
Che già Vinegia mia , e il bel sereno
Lampeggiar di duo lumi alteri onesti,
E scordar l’altre adriache dee mi festi ;
Or conteso mi se5, dolce terreno.
Te sempre amin gl’iddii, e allor che Marte
D’ orror empie e di sangue i campi intorno,
Te ainico il ciel mai sempre illeso serbe :
E le vaghe tue Ninfe in ogniparte
Colgan secure in bel drappello adorno
Pei dolci colli l’uve intatte e l’erbe.