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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. III
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0175

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MISCELLANEA

89

di Francesco Clavco di Valenza, alla marchesana Isa-
bella. 1 Ella espone corno già da ben sci anni, volendo
far eseguire una bell'ancona con l'Annunciazione per
metterla in una cappella della chiesa di Santo Spirito
a Ferrara, si ora accordata con mastro Zohane Fran-
cesco de Maineri} da Parma miniatore et dipinctore,
che si obbligò di dipingere l'ancona per lire 225 (mar-
chesino); ma il pittore, dopo aver lavorato in parte la
tavola e ricevuto metà del pagamento, si era allonta-
nato da Ferrara. Desiderando perciò che l'ancona fosse
condotta a fine e compiuta da una sola mano, la com-
mittente supplicava la marchesana Isabella a degnarsi
di far discorrere della cosa, per mezzo di qualche fa-
miliare, al pittore, e chiedergli quali fossero le sue
intenzioni. Alcune particolarità della forma di quel-
l'ancona, probabilmente compiuta da Gian Francesco
de' Maineri, ci possono essere fornite da un documento
che cortamente ha relazione ad essa. Loggosi nel
Cittadella che nel 1494, alli 24 di gennaio, Clara ve-
dova di Francesco Claveglia, la stessa summenzionata,
stipulò con l'intagliatore Bernardino da Venezia un
contratto, in cui questi si obbligava di faro una tavola
per la chiesa di Santo Spirito, larga piedi sei circa,
alta piedi quattordici, e di ornarla di colonnelle e di
ornamenti ad intaglio, secondo il disegno di Ercole
de' Roberti. Questi a sua volta si obbligò con la com-
mittente stessa di dipingere, nella tavola di mezzo, l'An-
nunciata con l'Angelo, nella predella le istorie dell'Ado-
razione dei Re Magi e della Presentazione al Tempio,
in due pilastri laterali quattro figure di Santi, nella
cimasa Dio Padre cum columbina. Ma Ercole Roberti,
morto nel 1495, non potò metter mano alla tavola; co-
sicché, qualche anno dopo, fu affidata a Francese.) da
Parma, che dovette dipingerla secondo la volontà e il
desiderio già espresso dalla committente.

Il cognome de' Maineri ricorda quello di altri pit-
tori dell'Emilia. Nel 1462 dipingevano due palazzi del
Comune a Reggio i pittori Jacopo e Bartolomeo Mai-
neri da Bologna; Antonio Bartolomeo Maineri di Bo-
logna trovasi firmato in un quadro del 1493 esistente
ne' magazzeni della Pinacoteca bolognese; a Reggio,
nello prime decadi del secolo xvi, vissero Paolo, Bar-
tolomeo, Giovanni Antonio e Girolamo Maineri, tutti
pittori. 2

Gian Francesco de' Maineri, nella lettera scritta da
Clara Claveglia, vien detto non solo pittore, ma anche
miniatore; e questa sua qualità si dimostra in un finis-
simo quadretto posseduto dall'avvocato Ettore Testa a
Ferrara e attribuito falsamente al Mantegna. La falsità
dell'attribuzione non ha d'uopo di lunghe dimostrazioni,
poiché, nel quadretto stesso, non veduta ancora da al-

1 La lettera riprodotta dal Campori, sotto al numero XXVII
de' documenti allegati al suo studio sui Pittori degli Estensi,
è nell'archivio di Mantova, ma non al n. XXXI. bensì al n. LXI.

2 G. 1?. Venturi, Notizie iti pittori reggiani (Atti della
R. Dep. modenese di Storia Patria).

cuno, leggesi in caratteri minutissimi la firma dell'ar-
tista: Jo. Franciscus Mayncrius | parmonsis faciobat.
Rappresenta il quadro una Sacra Famiglia. La Ma-
donna è in atto di tener sollevato sul corpo del bam-
bino un finissimo volo, e S. Giuseppe lo guarda con
espressione divota, con le braccia conserte sul petto. Il
putto è steso su un cuscino orientale, e tiene in una
mano un globotto di cristallo. Dietro allo figuro vedesi
un arco con ornati finissimi a monocromato, sostenuto
da eleganti pilastrini, su duo dei quali stanno a chia-
roscuro lo figure di Adamo e di Eva. La Madonna,
nell'acconciatura, rammenta quelle della scuola ferra-
rese-bolognese al principio del secolo xvi ; e il putto
tiene pure alquanto dell'arte del ciclo dei pittori co-
steschi. Il S. Giuseppe sembra invoce una figura sotto
l'influsso veneziano. La diligenza degli ornati d'oro
negli orli dello vesti, la finezza do' capelli, de' peli
della barba di S. Giuseppe, rivelano il miniatore. Que-
sto quadretto dimostra che il diligontissirno pittore
parmigiano non era indegno d'ossero ricordato dai po-
steri e dell'affetto che gli portava Ercole I d'Este, e
d'essere invitato a lavorare per lo splendido corti degli
Estensi e dei Gonzaga. Anche in lui vive lo spirito del
Rinascimento, e nell'estrema sua diligenza si mostra
la scrupolosa coscienza dei vecchi e buoni maestri.

A. Venturi

Scoperta di un quadro di Lazzaro Gri-
maldi. — A Venezia, nel palazzo Morolin, presso la
vedova Rossi, trovasi un quadro segnato LAZ * DE ■
GRIMA... Questo frammento dell'iscrizione basta a ri-
chiamare alla memoria un'incognita della storia artìstica
di Reggio, Lazzaro Grimaldi.

Gli studiosi degli archivi avevano già incontrato il
suo nome, ma nessun'opera, non duo segni a matita,
rimanevano dell'artista che lavorò per le splendide corti
degli Estensi e dei Gonzaga, nel tempo in cui l'arte
era in pieno fiore.

Nel 1498 era provvigionato degli Estensi, e nel-
l'anno seguente prese parte alla decorazione della cat-
tedrale ferrarese. Vi lavoravano, insieme con lui, Lo-
renzo Costa, caposcuola ferrarese; Nicola Pisano, altro
valente artista; il Boccaccino cremonese, già famoso. E
le figure del Grimaldi e del Boccaccino furono proso
pel loro valore e pregio a termine di paragone delle
altre del Costa e di Niccolò Pisano; e dell'equivalenza
fu giudice il venerando pittore Andrea Mantegna. Que-
sto torna a piova della stima goduta dal pittore reg-
giano; ma altre provo ne fornisce ancora la storia.
Avevagli il segretario del duca Ercole I d'Este com-
messo un quadro ; ma Isabella d'Este, la colta marche-
sana di Mantova, con grande insistenza volle a sè il
pittore, tanto che Lazzaro dovette finire in fretta e
furia la tavola del segretario ducale. E a Mantova
stette nel 1501, e vi tornò nell'anno successivo per
compiere una stanza suntuosa di Giovanni Gonzaga.
 
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