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NUOVI DOCUMENTI
capitello «l'una colonna, vedesi una testa d'imperatore, a bassorilievo in marmo, con la scritta:
DIVVS • AVO • P • Entrambi questi capitelli, a quanto si crede, provengono dalle mine del palazzo
Bentivoglio.
Ma anche, senza ricorrere ad una serie di confronti con le altre immagini del Bentivoglio per
assegnare alla medaglia una data, questa si può determinare facilmente con la scorta dell'iscri-
zione. Certamente in essa si allude alla condotta del Bentivoglio, minacciato da Cesare Borgia,
nel 1501. Le parole NVDVS ■ AYXILIO si riferiscono certamente all'aiuto invano implorato da
Giovanni II dal duca di Ferrara, dal marchese di Mantova, dalla Signoria di Firenze in quel tempo,
mentre il Valentino espugnava Faenza, e si avanzava verso Bologna. IPSE MILES DEFENDIT
CONSILIO si riferisce certo alle saggie esortazioni date dal Bentivoglio ai Bolognesi, che, sdegnati
del Valentino, il quale aveva fatto prigioni i loro ambasciatori e si era fatto cedere Castelfuminese,
Castelguelfo ed altri luoghi, erano sorti in armi, e volevano muovere a provocare il nemico. Il
Bentivoglio esortò a temporeggiare, e intanto aumentò le forze della città, assoldò nuova gente e
cinse di maggiori difese Bologna; cosicché il duca Allentino venne ad accordi, e lasciò allora
l'impresa in danno di Bologna. Fatto questo a cui allude l'altra parte dell'iscrizione: Pseudoce-
sarem exarmamt, fortunam lassavit.
Ma chi saprebbe dare qualche notizia particolareggiata del medaglista che nel 1501 onorava
a quel modo il suo Signore?
A. Venturi
NUOVI DOCUMENTI
Donazioni di Michelangelo a Francesco
Amatore, detto Urbino, e ad Antonio
del Francese, suoi domestici.
I documenti che seguono, estratti dai volumi nota-
rili dell'Archivio romano di Stato, mettono maggior-
mente in chiaro la bontà e generosità di Michelangelo
verso chi l'aiutava nelle faccende domestiche, l'assisteva
nelle lunghe infermità.
Francesco Amatore da Castel Durante fu por ven-
tisei anni al servizio di Michelangelo, il quale vegliò
al suo letto di morto e così ne scrisse al nipote Lio-
nardo : « Avisoti come iersera a di 3 di dicembre, a
ore 4, passò di questa vita Francesco, detto Urbino,
con grandissimo mio afanno, e ànimi lasciato molto
afflitto e tribolato, tanto che mi sarò stato più dolce
morir con esso seco per l'amor eh'io gli portavo: e non
ne meritava manco, perchè s'era fatto un valente uomo,
pieno di fede e lealtà: onde a me pare ossero restato
per la morto sua senza vita, e non mi posso dar pace ».
Sette anni dopo, cioè nel 1562, ora tuttavia vivis-
sima in Michelangelo la memoria del servo fedele.
Gianfrancesco Amatore, dotto il fattorino, aveva allora
in cura i figli del fratello Urbino. Possedevano essi sei
luoghi di monte del valore di cento cinquanta scudi
ciascuno, ed occorreva venderli senza lasciar sospettare
di averne bisogno. Michelangelo fece mostra di compe-
rarli: li vendette: pagò la somma riscossa a Gianfran-
cesco, che si obbligò di investirla subito in beni stabili
nel paese nativo, a beneficio dei pupilli, col patto di
inviare documento autenticò del fatto suo al grande
benefattore della famiglia. (Loc. I).
Prima che l'Urbino morisse entrò in casa di Miche-
langelo, forse per aiuto all'Urbino già malato, Antonio
di Giammaria del Francese, pur esso di Castel Durante.
Il buon padrone aveva la fortuna di buoni servi. An-
tonio fu onesto, premuroso quanto il compagno, o fu
amato al pari di lui. Dopo otto anni di servizio, Miche-
langelo volle accomodare secolui i conti, per evitargli
ogni fastidio dagli erodi: e noia quietanza generalis-
sima dichiarò proprietà di Antonio due figure marmoree
appena sbozzate, rappresentanti Cristo morto e Cristo
colla croco. (Doc. II).
La vita di Michelangelo si approssimava, com'egli
scrisse nel sonetto LVL
Al coniun porto, ov'a render si varca
Giusta ragion d'ogni opra trista o pia.
Religioso sempre, andava ogni giorno più ritirandosi
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capitello «l'una colonna, vedesi una testa d'imperatore, a bassorilievo in marmo, con la scritta:
DIVVS • AVO • P • Entrambi questi capitelli, a quanto si crede, provengono dalle mine del palazzo
Bentivoglio.
Ma anche, senza ricorrere ad una serie di confronti con le altre immagini del Bentivoglio per
assegnare alla medaglia una data, questa si può determinare facilmente con la scorta dell'iscri-
zione. Certamente in essa si allude alla condotta del Bentivoglio, minacciato da Cesare Borgia,
nel 1501. Le parole NVDVS ■ AYXILIO si riferiscono certamente all'aiuto invano implorato da
Giovanni II dal duca di Ferrara, dal marchese di Mantova, dalla Signoria di Firenze in quel tempo,
mentre il Valentino espugnava Faenza, e si avanzava verso Bologna. IPSE MILES DEFENDIT
CONSILIO si riferisce certo alle saggie esortazioni date dal Bentivoglio ai Bolognesi, che, sdegnati
del Valentino, il quale aveva fatto prigioni i loro ambasciatori e si era fatto cedere Castelfuminese,
Castelguelfo ed altri luoghi, erano sorti in armi, e volevano muovere a provocare il nemico. Il
Bentivoglio esortò a temporeggiare, e intanto aumentò le forze della città, assoldò nuova gente e
cinse di maggiori difese Bologna; cosicché il duca Allentino venne ad accordi, e lasciò allora
l'impresa in danno di Bologna. Fatto questo a cui allude l'altra parte dell'iscrizione: Pseudoce-
sarem exarmamt, fortunam lassavit.
Ma chi saprebbe dare qualche notizia particolareggiata del medaglista che nel 1501 onorava
a quel modo il suo Signore?
A. Venturi
NUOVI DOCUMENTI
Donazioni di Michelangelo a Francesco
Amatore, detto Urbino, e ad Antonio
del Francese, suoi domestici.
I documenti che seguono, estratti dai volumi nota-
rili dell'Archivio romano di Stato, mettono maggior-
mente in chiaro la bontà e generosità di Michelangelo
verso chi l'aiutava nelle faccende domestiche, l'assisteva
nelle lunghe infermità.
Francesco Amatore da Castel Durante fu por ven-
tisei anni al servizio di Michelangelo, il quale vegliò
al suo letto di morto e così ne scrisse al nipote Lio-
nardo : « Avisoti come iersera a di 3 di dicembre, a
ore 4, passò di questa vita Francesco, detto Urbino,
con grandissimo mio afanno, e ànimi lasciato molto
afflitto e tribolato, tanto che mi sarò stato più dolce
morir con esso seco per l'amor eh'io gli portavo: e non
ne meritava manco, perchè s'era fatto un valente uomo,
pieno di fede e lealtà: onde a me pare ossero restato
per la morto sua senza vita, e non mi posso dar pace ».
Sette anni dopo, cioè nel 1562, ora tuttavia vivis-
sima in Michelangelo la memoria del servo fedele.
Gianfrancesco Amatore, dotto il fattorino, aveva allora
in cura i figli del fratello Urbino. Possedevano essi sei
luoghi di monte del valore di cento cinquanta scudi
ciascuno, ed occorreva venderli senza lasciar sospettare
di averne bisogno. Michelangelo fece mostra di compe-
rarli: li vendette: pagò la somma riscossa a Gianfran-
cesco, che si obbligò di investirla subito in beni stabili
nel paese nativo, a beneficio dei pupilli, col patto di
inviare documento autenticò del fatto suo al grande
benefattore della famiglia. (Loc. I).
Prima che l'Urbino morisse entrò in casa di Miche-
langelo, forse per aiuto all'Urbino già malato, Antonio
di Giammaria del Francese, pur esso di Castel Durante.
Il buon padrone aveva la fortuna di buoni servi. An-
tonio fu onesto, premuroso quanto il compagno, o fu
amato al pari di lui. Dopo otto anni di servizio, Miche-
langelo volle accomodare secolui i conti, per evitargli
ogni fastidio dagli erodi: e noia quietanza generalis-
sima dichiarò proprietà di Antonio due figure marmoree
appena sbozzate, rappresentanti Cristo morto e Cristo
colla croco. (Doc. II).
La vita di Michelangelo si approssimava, com'egli
scrisse nel sonetto LVL
Al coniun porto, ov'a render si varca
Giusta ragion d'ogni opra trista o pia.
Religioso sempre, andava ogni giorno più ritirandosi