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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VI
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Timarchi, Italo: La R. Calcografia
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0323

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ITALO TIMARGHI

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e accidentali. Anche ad incisione riuscita non si otteneva che il ricordo di quel tanto che l'in-
cisore aveva veduto in un disegno tratto dal monumento originale. Ora invece, allo studio com-
parato dell'espressione artistica del pensiero umano, è venuta in aiuto l'applicazione dei fenomeni
naturali. Non solo il disegno, il chiaroscuro e l'intonazione di un oggetto d'arte possono ripro-
dursi, ma persino le alterazioni cagionate dal tempo, 'l'effetto della sua antichità, alterazioni che
giova conoscere, ma che nessuna mano d'uomo arriverebbe a riprodurre senza danno della verità.
Tutto viene reso con fedeltà assoluta, tale da far riuscire simili riproduzioni veri documenti posi-
tivi, monumenti del monumento che illustrano. Le riproduzioni isocromatiche delle antiche opere
d'arte, stampate con processi inalterabili, risolvono in modo assoluto il problema proposto da
Clemente XII alla Calcografìa Romana, la quale sino dalla sua fondazione non era già un istituto
d'incisione, ma aveva per scopo la illustrazione dei monumenti.

Importa di correggere due opinioni, una che la Calcografìa fosse un istituto di incisione, l'altra
che dovesse almeno adoperare mezzi artistici di riproduzione.

La prima opinione viene confutata dalla destinazione data alla Calcografìa dal suo fondatore,
la seconda non ha bisogno di confutazione per chi sa distinguere tra la incisione artistica e la
manuale o meccanica, tra questa e i processi naturali di riproduzione. L'incisione è un mezzo di
cui l'artista si può valere per estrinsecare le sue concezioni o impressioni, ma adoperata a ser-
bare il ricordo di concezioni già estrinsecate, degenera presto in incisione manuale o meccanica.
Non è qui il luogo di recare un giudizio sulle stampe che oggi produce la R. Calcografia; basti
l'affermare che, come riproduzioni, anco le incisioni perfette non servono più allo scopo; nella
migliore e più famosa del genere, il cenacolo di Leonardo, inciso da Raffaello Morghen, le figure
hanno espressione ben diversa dall'originale.

Credere d'altronde che il mezzo di riproduzione debba essere artistico è fallace criterio. Non
il mezzo di riproduzione, ma l'oggetto da riprodursi dev'essere artistico; deve essere cioè un mo-
numento (non importa di qual tempo o di qual'arte o di quale importanza o dimensione materiale).
Coloro i quali non si preoccupano che del mezzo, chiamano artistica una specie di incisione in
rame alla quale i migliori artisti rifuggono dall'applicarsi; poiché essi sdegnerebbero adoperare
oggi il bulino in lavori di riproduzione di seconda mano, e sarebbero i primi a dichiararlo su-
perfluo. Tutti sentono che qualche cosa d'artistico dev'essere nel ricordo di un monumento d'arte,
ma alcuni non s'accorgono, o non possono accorgersi, che il valore artistico è il riflesso di quello
del monumento che si riproduce. E fra questi chi nei monumenti più belli dell'arte non vede se
non quanto è manualmente riproducibile, come chi di un antico dipinto non gode che la speranza
di restaurarlo o di inverniciarlo.

Giotto nel dipingere un affresco ha fatto sue poche parti di sostanze naturali e le ha distri-
buite a rappresentazione di quelle forme ch'egli aveva concepite, forme ch'erano quelle dell'anima
sua e dell'età in cui visse. La Natura riprendendo a sè la materia, cancella quelle forme; nessuna
mano d'uomo, nessun processo manuale o meccanico può serbarne il ricordo; un altro artista
potrebbe darcene l'interpretazione soltanto, interpretazione fatta secondo il modo di vedere proprio
e dei nuovi tempi in cui egli vive. Il ricordo invece di ciò che la Natura cancella lo dà la Na-
tura stessa; l'uomo ne impara le leggi e ne usufruisce per tracciare una immagine indelebile di
ciò che si dilegua.

Non è meccanico il processo naturale di riproduzione; gli apparecchi sono mezzi di perce-
zione; non dobbiamo molto gloriarci, ma nemmeno vergognarci di adoperarli; chi sente di veder
bene non si vergogna di aver veduto cogli occhi.

Se dunque si tratta di riprodurre un affresco di Giotto, l'arte che va riprodotta è quella
espressa in quel dato affresco e non altra.

Centocinquant'anni or sono, quando lo studio dei particolari era trascurato, o n'era difettosa
la percezione e mancava il mezzo di riprodurli, bastava una specie di assieme del lavoro originale
con alcuni accenni a questo o a quello, e l'interpretazione veniva ridotta allo stesso tipo per le
più disparate manifestazioni del pensiero artistico di tempi diversi, o, quello ch'è ancor più strano
a riconoscere, per le più lievi trasformazioni dell'arte d'uno stesso periodo o d'un solo artista.
Oggidì invece, quando lo studio più attento dell'arte dei secoli andati ci ha fatto accorti che

Arehioio storico dell'Arte — Anno I. Fase. VI. 3
 
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