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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VII
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Tikkanen, J. J.: Le rappresentazioni della Genesi in S. Marco a Venezia e loro relazione con la Bibbia Cottoniana, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0362

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260

LE RAPPRESENTAZIONI DELLA GENESI IN S. MARCO A VENEZIA

Ghiberti, negli affreschi di Paolo Uccello e di Pietro di Puccio, come pure nei rilievi del cam-
panile di Giotto a Firenze. In Pietro di Puccio troviamo un' innovazione, che cioè Dio, con atto
poco conforme alla sua dignità, aiuta con ambe le mani Adamo ad alzarsi. Nel Ghiberti e in Paolo
Uccello, Dio prende soltanto Adamo per una mano. In quest'ultimo il Signore si avvicina all'uomo
di corsa, e la figura di Adamo ha una evidente rassomiglianza con quella di Michelangelo. Da
qui al secondo momento della composizione tipica bizantina il passo non è troppo lungo.

Per seguire lo sviluppo di questo motivo, dobbiamo ritornare alla chiesa di S. Francesco d'Assisi.
La creazione d'Adamo che vi si trova, appartenente alla scuola di Cimabue, mostra nella compo-
sizione una notevole analogia col mosaico del duomo di Monreale, e, come lì, il Signore benedi-
cente è seduto sul globo terrestre. 1 In generale questo affresco appare come una copia, solo in
piccola parte modificata, del mosaico siciliano. Maggiori modificazioni presenta la stessa compo-
sizione nella vòlta ottagonale del battistero di Firenze. Sembra però che il dipinto, dopo il restauro,
abbia perduto il suo carattere originario. Lo stesso lipo troviamo finalmente nell'avorio di Berlino:
Adamo siede a terra e tende ambe le mani verso il Creatore che lo benedice ed è seduto non
già su un cerchio, ma su una figura a spirale : un dettaglio, che [trova come allo scultore che ha
copiato questo motivo nel secolo xi, mancasse l'intelligenza dell'originale antico.

Come vediamo, nell'arte bizantina dell'epoca posteriore, come pure nella carolingia e nell'italiana,
si dànno diversi tipi, i quali però variano tutti pochissimo l'uno dall'altro; laddove l'ispirazione
veneziana, che ricorda l'antica rappresentazione del Prometeo, trova riscontro soltanto nell'antica
arte cristiana.

Segue, nei mosaici di S. Marco, la benedizione del settimo giorno; una composizione che ha
molte particolarità. Dietro il trono del Signore, il quale qui per la prima volta ci si presenta di
faccia, stanno sei angeli, i sei giorni di lavoro, mentre un altro, in umile atteggiamento, riceve la
benedizione da Dio, che gli posa la destra sul capo. Questa forma della benedizione si è del resto
conservata nell'arte bizantina, nella rappresentazione del miracolo de' pani e de' pesci, la quale ha
la sua origine ne' primi tempi cristiani (vedip. e. il cod. parig. 510 e un mosaico nella navata tras-
versale destra in S. Marco a Venezia). 2

Qui si trova di nuovo un'assai notevole differenza dai mosaici siciliani, dove Dio, visto davanti,
sta seduto, quasi stanco, con le mani sulle ginocchia. Lo stesso motivo c'è pure nella finestra dipinta
della navata trasversale sinistra nella chiesa di S. Francesco in Assisi (negli affreschi della navata
principale questo tema non è nemmeno trattato). Si vede dunque che l'artista ha scelto un mo-
mento affatto differente. (Il settimo giorno Dio si riposò e benedisse il settimo giorno).

Et inspirava in faciem eius spiraculum vitae. Dio consegna ad Adamo una figuretta nuda
con ali di farfalla, certo una reminiscenza dell'antica Psiche, la quale era anche in relazione col

1 A Palermo, come di solito, il Creatore sta in piedi. Un raggio che parte dalla sua bocca va a colpire
quella di Adamo. Per l'iconografìa è di molto maggiore importanza il fatto che la composizione di Monreale si
trova quasi interamente già tra gli affreschi di Ferentillo (sec. ix?); vedi più sotto il sommario.

2 Simili personificazioni allegoriche ricorrono anche nell' arte bizantina, sebbene meno spesso che nell' occi-
dentale. E bensì vero che il Calendario dei figli di Costantino (vedi Kondakoff, Histoire de V Art byzant. pag. 65)
non può attribuirsi, nel vero senso della parola, all'aite bizantina ; però negli ottateuchi vaticani troviamo non
solo la personificazione delle quattro stagioni (nel sacrificio di Noè), ma ben anche di tutti i mesi (vedi la mo-
nografia dello Strzygowski nel « Repertorium fùr Kunstwissenschaft » 1887); e così pure^in un codice della
Marciana in Venezia, n. 540, del secolo xr. 11 Commentario greco di Giobbe della biblioteca di Parigi n. 134,
fol. 50 r° (sec. xm) ci presenta una strana allegoria, nella quale il miniatore non esita a personificare la male-
dizione, che Giobbe, in un impeto di passione, lancia al giorno in cui è nato (« e non si trovi fra i giorni del-
l'anno, nè venga nel numero dei mesi»). Si vedono due donne 1' una accanto all'altra, l'una di colore azzurro
(la notte), l'altra rosso (l'anno) con ampi veli dello stesso colore che le circondano e svolazzano sopra di esse.
Il velo della notte attraversa quello dell'anno; questa seconda figura è rinchiusa in una mandorla, intorno
alla quale stanno, in atto di adorazione, dodici piccole figure (i mesi). Anche nel codice di Giobbe della Va-
ticana n. 1231 (sec. xm) fol. 97 v° 99, v° e 101 v° vi è mia simile allegoria: La notte azzurra o di color scuro
sta sola nel mezzo: ai due lati gli altri giorni dipinti in rosso.
 
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