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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Rossi, Umberto: La collezione Carrand nel Museo Nazionale di Firenze
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0260

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224

UMBERTO ROSSI

sizione eseguita in legno, l'altra rettangolare con rosoni gotici a traforo e al centro un niello colla
Risurrezione, che sembra lavoro lombardo : un turibolo, di stile archiacuto, rappresentante un edfizio
guarnito di torri merlate e terminante in cuspide conica, di buona conservazione e di fattura accu-
rata: una corona d'argento dorato, a fogliami con smalti e nielli raffiguranti il mistico pellicano e
arabeschi; gli smalli sono in gran parte scomparsi, ma per quel che ne resta, si può affermare
che erano opera di artista imperito; anche l'assieme della corona che doveva ornare qualche statua
della Vergine è lungi dall'essere armonico e soddisfacente.

Pongo per ultimo fra l'oreficeria religiosa un bassorilievo a sbalzo di rame dorato, in cui è
effigiata la Vergine seduta col bambino sulle ginocchia e con un fiore di garofano nelle mani; dal
volto tranquillo di essa, dall'atteggiamento calmo, dal paesaggio spira tutta la soave serenità
dell'arte lombarda; e una figura d'argento sbalzato di san Giorgio in atto di trafiggere il drago,
che è forse da attribuirsi alla scuola borgognona, e che dovè adornare qualche coperta di libro.

Gli oggetti del secolo decimosesto, meno numerosi, sono per compenso tutti di lavoro eccellente.
Vien prima un calice d'argento dorato, sul cui piede circolare sono espressi in rilievo il crocifisso,
san Giovanni apostolo e san Giovanni Ballista: le figure sono divise dal monogramma di Gesù e
dalle lettere MA —EPS, e nel margine gira l'iscrizione SA.GRVM GONVIVIVM IN QVO GRISTVS
SVMITVR REGOLITVR MEMORIA PASIO; il nodo sferico è adorno di rosoni e di scudetti, cogli
emblemi della passione; i contorni di questo calice e la maniera con cui sono trattati i bassorilievi,
me lo fanno credere prodotlo dell'arte spagnuola. E per contrario indubbiamente italiano un piede
di reliquiario molto riccamente ornalo e guarnito di piastrine niellate con figure di santi.

Due paci con nielli ci rappresentano l'arte dei primordii del cinquecento; in una v'ò l'annun-
ciazione, nell'altra una mezza figura di Vergine che bacia il bambino; quest'ultima conserva ancora
dei resti di smalto nella cornice, in cui era scritta la leggenda Xps reoc venit in pace deus homo
faclus est. Una terza pace spetta all'arte francese ed è a foggia di edicola gotica con molti fregi
minuti, al cui centro è uno smalto dipinto colla Vergine sulla santa casa sostenuta da angeli.

Una statuetta d'argento, Cristo legato alla colonna, è lavoro piuttosto manieralo d'un'epoca
in cui le buone tradizioni dell'arte andavano perdendosi; e mostra ancor più i segni ilei decadi-
mento il bassorilievo d'argento a sbalzo, che è racchiuso in un tabernacolo d'ebano e pietre dure,
e che raffigura la flagellazione: qui la composizione è ben intesa, il fondo d'architettura assai
studiato, ma le figure hanno un'espressione falsa e atteggiamenti scomposti, tanto che pare, che
l'artista si sia ispirato ad un originale di epoca migliore, snaturandolo coll'adattarlo al gusto del
suo tempo. Invece un gruppo di cinque slatuine d'argento, su zoccolo d'ebano, rappresentante la
crocifissione, conserva ancora lo stile arcaico, sebbene sia lavoro fiammingo della metà del secolo
decimosesto.

Ultimi vengono due candelieri; il primo di bronzo dorato a base rotonda è fregiato di lastre
smallate con arabeschi, ed è da assegnarsi all'arte del Rinascimento francese: l'altro di grandi
dimensioni è una stupenda opera dell'oreficeria marchigiana eseguita per la chiesa di Montepran-
done nel 1553 e merita di essere descritto minutamente. Sopra una base triangolare sostenuta da
tre zampe di leone, e coronata agli angoli da Ire piccole sfingi d'argento, s'innalza l'asta del
candelabro nel più puro stile del cinquecento, decorata da festoni, da foglie d'acanto, e dai simbolici
tralci di viLo con pampini e grappoli elegantemente distribuiti; nei tre lati della base che è a tronco
di piramide campeggiano entro ghirlande di fiori e di frutti gli stemmi del comune di Montepran-
done (cinque monti sormontati da un giglio colle lettere M. P.), di un ecclesiastico sconosciuto
(inquartato leone rampante e i sei gigli farnesiani) e di Papa Giulio terzo K Intorno gira l'iscrizione
niellata: TEMPORE M. DOMINORVM ANIBALIS ET ANTONII ET PASCHALIS ET IAGOBI TVNG
TENPORIS CHANONIGORVM — EGLESIE SANGTI NICOLAI D. MONTE PRANDONI MDLIH; su

l Lo stemma ignoto non può essere quello del ve-
scovo d'Ascoli o di Fermo, alla cui diocesi doveva essere
soggetto Monteprandone prima del 1571, nel qual anno
fu, da Pio quinto, aggregato alla diocesi di Ripatransone
da lui istituita. Gli stemmi di quei prelati che l'Ughelli

riporta non concordano affatto con questo, per cui è a
credersi che spetti al maggior dignitario della chiesa di
san Nicolò nel 1553, che non è rammentato nell'iscri-
zione, rpeatre vi si fa il nome dei diversi canonici e
dei sindaci.
 
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