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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. VII
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Carotti, Giulio: Vicende del duomo di Milano e della sua facciata, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0321

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VICENDE DEL DUOMO DI MILANO E DELLA SUA FACCIATA

281

Bassi « lineamenti opportuna et ortographiam, seu erectae frontis imaginem faciat, eamque prout
sibi videbitur, consulet et terminet, ut si (ieri poterit ei nihil ad eurithmiam, ad symetriam neque
ad decorem desiderari possit ». E nel 1591 il Lassi aveva già compiuti i suoi disegni, che i depu-
tati mandano a sottoporre a Roma al pontefice. Presso l'amministrazione della Veneranda Fabbrica
del duomo si conservano 1 cinque disegni di Martino Bassi, probabilmente fra questi alcuni di quelli
trasmessi a Roma. Son tutti ispirati allo stile pseudo-classico e quindi in nessuna relazione con lo
stile del duomo ed anzi son tra di Ior disparati al punto e cosi zeppi di forme e concetti diversi da
appalesar poco genio artistico e poca coesione di idee nel loro autore, il quale moriva nello stesso
anno 1591.

Gli succedeva nella direzione della costruzione Lelio Buzio, suo competitore, che era già stato
l'architetto della fabbrica dal 1585 al 1587.

Lelio Buzio non poteva certamente incoraggiare i deputati a tener conto dei disegni del Bassi,
disegni che a Roma saran piaciuti assai poco e che caddero in dimenticanza e di fatto i deputati
nel 1592 si risolsero di dare alla facciata maggiore importanza e spedirono inviti per aver pro-
getti, a Roma, a Firenze, a Venezia e persino in Spagna, ove sin dal 1585 Irovavasi il Pellegrini.

Di progetti ne vennero parecchi: l'architetto Pietro Pocabella ne mandò da Roma, e così pur da
Roma 1' architetto Onorio Bonghi, Ippolito Andrazio da Mantova ; ma trascorse una decina d'anni
senza conclusione.

I deputati in quel tempo avevano ripristinato l'antico sistema di eleggere e cassare architetti
di fabbrica e di deliberare s'avesse a cercare ovunque il migliore architetto d'Europa che continua-
mente assistesse alla fabbrica e la facesse alacremente progredire. Se la pigliavano del ritardo cogli
architetti nostrani e non capivano che la colpa era la loro incertezza e titubanza, la mancanza
di decisione, di un volere e partito preciso, volere e partito che in quel tempo e nelle condizioni
dell'arte rispetto al duomo era inutile sperare; e così impiegavano il tempo ed i denari in opere
decorative. Inconsciamente, avevan preso una decisione molto opportuna quando, anni innanzi, ave-
vano ordinato quel trasporto della porla laterale della crociera settentrionale colle spalle, pilastri
e contropilastri sulla linea della fronte, ove sarebbe stata utilizzata quale porta maggiore. Può darsi
che qualcuno dei disegni della raccolta Bianconi, oggi nell'archivio civico di San Carpoforo (Mi-
lano) sia di cotesta porla; il modello era stato fatto da Cristoforo Lombardo, scultore ed ar-
chitetto, epperciò, senza pericolo di esagerazione, è ovvio ritenere che lo stile di cotesta porta non
fosse pseudo classico, ma di quel misto di gotico italiano del tipo della celebre torricciuola dell'Omo-
deo (vedi fig. 11 nella parte I). Impiantata che fosse stata quella porta, sarebbe stato più facile che
la costruzione di tutta la facciata vi si avesse ad ispirare e l'opera non sarebbe poi riuscita tanto
in discordanza con il carattere complessivo del duomo.

Pur troppo a quell'ottima decisione, tutta casuale, fu dato principio dì esecuzione con tanta
lentezza e con cosi poca fermezza di proposito che, fatte le fondamenta, non ci si pensò più : e
nel 1603 troviamo i deputati intenti ad esaminare due progetti che l'architetto Francesco Richino
aveva fatto di proprio impulso; e nel 1007 si occupano ancora di un terzo progetto o modello
dello stesso Richino, pel quale gli pagano 18 scudi.

Ed è appunto nell'anno 1607 che Analmente appaiono i disegni che il Pellegrini aveva studiati
e progettati quand'era architetto della fabbrica. Per la prima volta gli annali ne danno notizia.
Trattasi di una relazione (recante la data del 30 agosto) dell'ingegnere Pietro Antonio Barca, che
era stato invitato col barnabita Lorenzo Binago, intelligente di architettura, e coll'ingegnere Fran-
cesco Silone, a decidere sul dubbio se le colonne della facciata avessero a farsi con o senza piedestallo.

II progetto del Pellegrini consisteva in una facciata di stile pseudo classico (tav. I, n. 1) con un sol
ordine di colonne corinzie e controcolonne con base semplice, binate e con frontone nella parte centrale

1 L'Amministrazione della Veneranda Fabbrica del
duomo, riprodusse in una serie di 64 fotografie, i pro-
getti principali di facciate giunti sino a noi. Il professor

G. Mongeri ne fece argomento di speciale pubblicazione:
G. Mongeri, La facciata del Duomo di Milano e i suoi
disegni antichi e moderni. Milano, Bortolotti, 1886.

Archivio Storico dell'Arte. - Anno II, Fase. VII.
 
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