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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. VIII-IX
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Fumia, Luigi: La facciata del duomo d'Orvieto, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0379

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LA FACCIATA BEL DUOMO D'ORVIETO

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tanto spazio quanto si accresceva per quell'ordine di nicchie aggiunte. Il disegno conservato nel-
l'Opera offre lo studio parziale dell'occhio di centro, del piano e del frontespizio sovrapposto. Fu
giudicato (ino ad ora uno studio del cinquecentista Ippolito Scalza, egregio architetto orvietano,
scolaro di Michelangelo. Ma l'esame dei documenti che io ho potuto rinvenire induce a riferire
il disegno al Federighi. Forse l'esecuzione fu variata in parte posteriormente, con danno maggiore
che non avrebbe portato la stessa riproduzione del disegno che noi diamo sulla pergamena antica.
Il p. Della Valle attribuisce la giunta allo Scalza dicendo di lui «che innalzò quel triangolo a
parecchie braccia di più». Ma il disegno sta a provare la mano di un artista che comincia a
sentire il rinascimento e lo introduce in un monumento di arte ogiva. Meglio assai si sarebbe
provveduto, volendo, alle proporzioni dell' edificio col seguitare il concetto che si ebbe nel 1388
per le cuspidi laterali, operandosi il rialzamento, ma facendo a meno di una decorazione archi-
tettonica che è fuori di posto e priva di senso tanto simbolico quanto estetico. Simbolicamente
gii apostoli entro le nicchie del quadro centrale possono sembrare un concetto inutile, perchè si
ripete una rappresentazione che troveremo nel quadro a mosaico del portale di mezzo, quando par-
leremo dei mosaici. Esteticamente avrebbe dovuto trovare la corrispondenza non solo in un' archi-
tettura conforme alle nicchie dei profeti nei lati dell'occhio, ma nel piano di riposo dell' occhio
stesso, che invece distacca, anziché da un ordine di edicole di santi, dal piano della loggia o galleria.
La parte ornamentale del rialzamento, modificata successivamente al Federighi, fu il primo guasto
recato alla euritmia dello stile e al disegno del Maitani, e fu principio e incoraggiamento agli altri
errori del cinquecento e seicento.

Tuttavia non si può negare che per il rialzamento del frontone non vi guadagnassero le
proporzioni della facciata. Intorno alla distribuzione dei finimenti, dopo la modificazione fatta dal
Federighi, giovi qui riferire l'esame che ne fece il chiaro ing. cav. Nardini-Despotti-Mospignotti
in un suo scritto sulla facciata di Firenze, tuttoché il valente critico non avesse potuto conoscere
allora la storia della costruzione che qui è data per la prima volta: « Stando alle deduzioni del
contorno ( dice il eh. scrittore) nel duomo di Orvieto la mossa della tricuspide finale incomincia
ai tre quarti del lato del quadrato costrutto sulla larghezza totale della facciata: stando invece
alla disposizione dei partiti interni, troviamo che la mossa iniziale delle cuspidi minori non giunge
ai due terzi del lato anzidetto: ma dico male; essa discende quasi alla metà di lui: imperocché
non solo coteste cuspidi non sono chiuse alla base del proprio triangolo; non solo esse, si prolungano
giù fino all'incontro delle gallerie sottoposte; ma siccome queste gallerie per essere troncate nel
loro corpo orizzontale dall'andamento verticale dei piloni fanno quasi corpo con le cuspidi stesse,
cosi può dirsi che l'origine delle cuspidi minori è sulla cornice che separa la regione nella tricu-
spide inferiore da quella della tricuspide finale, cioè nella metà circa del quadrato costrutto sulla
larghezza della facciata. Questo accorgimento, col quale per virtù di partiti interni si abbassa di
tanto la nascita delle cuspidi laterali, comprende ognuno quale e quanta maggiore sveltezza confe-
risca alla cuspide centrale, la quale, se questo non fosse, per non restare soffocata e goffa fra
quelle due, avrebbe dovuto imporsi e spingersi tanto più in alto con danno delle buone proporzioni
generali e con tanta più discordia del retrostante edilìzio » '.

Nel novembre 1454 si fecero sollecitazioni per far condurre tutto il marmo che ancóra bisognava
da Carrara, e i travertini e le pietre rosse dalle pietrare orvietane. 2 Tutto il lavoro doveva essere
disposto in ordine nell'inverno per poter mettere in opera il frontone nell'estate futura. Ai primi
di gennaio 1455 erano compiuti i targoni o nicchie di marmo nei quali andavano le figure
in pietra. 3 II Federighi chiese l'approvazione per metter i targoni a posto a stagione buona. Una
commissione di cittadini dava il suo parere. Nel giugno si trova memoria del lavoro di riempitura
del muro con zoccoli di pietra. 3 Si attendevano pietre di marmo di Carrara per lavorarle in
inverno. r' Soffrirono ritardi per un sequestro ordinato da Tommaso di Cado creditore che era

i Nardini-Despotti-Mospicnotti, II sistema tricuspi-
dale e la facciata del duomo di Firenze; Livorno, 1871.
= Arci), dotto, Rif. 1448-1457, c. 223.

a Arch. detto, Hit. 1448-1457, c. 236.

' Arch. detto, Cam. 1449-1460.

5 Arch. detto, Rif. 1448-1457, e. 243.
 
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