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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. II
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Ricci, Corrado: Fieravante Fieravanti e l'architectura Bolognese nella prima metà del secolo XV
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0133

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FIERAVANTE FIERA VANTI

101

gredire l'opera. La lettera di Iacopo dalla Quercia, scritta nel luglio del 1428, e i documenti
che seguono, provano già come l'edificio, sin d'allora, fosse molto avanzato.

Il libro comincia con la solita invocazione dei santi protettori della città fatta dai quattro
« oficiarij elietti per li signuri anciani sopra lo lavoriero de la fabriclia nova del palazo novo di
nostri signuri Anciani», 1 i quali dichiarano: «Faremo scrivere in suxo questo zornale chiamado
el zornale signado croxe tute quele persone che dorano avere dinari o alchuna altra cossa per
caxone de la ditta frabicha».

E inutile ricopiare qui tutte le più piccole spese e i nomi di tanti infimi operai. Risulta in
genere che Fieravante avea carta bianca e faceva tutte le spese che meglio credeva per com-
piere l'edificio, passando poi il conto ai quattro officiali. Trascrivo alcune rubriche che lo ri-
guardano.

« Maestro fieravanti ingigniero sovro la frabicha, de' avere per soe salario one mexe' che

lue servirae per la dita frabicha quelo che serae deliberado per li nostri signori. Ano delibe-
rato che '1 debia avere lire xx one mexe zoè L. xx, sol. 0, din. 0.

« M.° fieravanti ingignero de' avere adi xxiiij de otovre per una corbe de chalcina bianca che
lue chomparoe da bortolomio de rolfFo per inbianchire le volte nove di signuri L. 1, sol. iiij, d. 0 ».

Questa seconda nota mostra che il lavoro era già assai avanti quando presero a compierlo gli
Anziani. Infatti lo stesso Fieravante: « de'avere a dito die per duj pomj de fero che lue chom-
paroe da michele merzaro per metere de choe di fiorj che eno a le fenestre de l'odiencia per
metere fuora i chomfaluni del può volo e de la libertade, soldi x». Così si trovano registrati
diversi pagamenti fatti a lui durante il lavoro. Ma non è solo di mastro Fieravante che si fa
menzione nel prezioso libro. Molti altri nomi d'artisti, noti ed ignoti, risulta che operarono nel
palazzo. Primo fra questi, registro il fratello di Fieravante, Bartolommeo, che forniva pietre la-
vorate e lavorate forse da lui, perchè buona parte delle terre cotte d'allora non era fatta, come
generalmente si crede, con gli stampi, ma era tagliata od intagliata con lo scalpello. « M.° Bar-
tolomio de' fieravanti de' havere a dito die (12 maggio 1430) per vili.0 chantoni per le volte de
doe porti per le dite mure del cortile per soldi xxiii lo centonaro». Così si vede pagato «per
uno migliaro de prede lavorade da pillastri » e « per lxx degorienti che lue cede per le volte
nove del palazo » e per altre cose di minor conto. Tra i fornaciari o fornitori di pietra sono
mentovati, oltre a Bartolomeo Fieravanti, un M.° Bartolomio da Carpi « che stae a Pescarola »
un M.° Antonio di Folcieri, un M.° Bartolomio Pezenino « per Y.c lxxv prede da chantum (cantone)
lavorade che lue cede per la dita fabricha». Fra i nomi di persone che possono interessare gli
studiosi trovo anche quello di M.° Piero da Milano « che fae le chanpane » e che nel 1422 fece
la famosa campana di San Pietro ;2 quello di Galeotto di Paolo de' Iussuberti « che vende le
schudele » ; quelli di Giovanni dalle Lance e di Giovanni de Lim « che vendon le schudele » e
finalmente quello di Giovanni Pezenino fabbricatore e venditore di carta.

Y.

Ed ora passiamo agli scultori ed ai pittori. Bologna negli ultimi anni del secolo xiv e nel
primo quarto del secolo seguente ebbe una splendida scuola architettonica con Andrea Manfredi,
Antonio di Vincenzo e con Fieravante che ora disseppellisco dall'oblio. Ebbe una mediocre, anzi

1 Archiv. di Stato di Boi. - Arch. del Comune -
Ufficio del Massarolo dei lavori del Comune - 1429. Pa-
lazzo degli Anziani - Libro chiamato « El zornale si-
gnado croxe ».

2 Pietro ih Mattiolo (Cron. cit. pp. 325-26) registra :
« El ditto millesimo (1422) una zuoba che fo adì xxvi
del ditto mexe de marzo, circha le vinti hore, maestro

Piedro da Milano si gettò e refe de novo la campana,
in lo spedale, de san Piedro de Bologna, propriamente
in mezzo la stantia donde erano e stavano gli lietti di
poveri ». Il cronista continua descrivendo le grandi feste
fatte dal clero e dal popolo in quest'occasione. Aggiunge
che la campana pesava tremila libbre e che la tirò sul
campanile maestro Francesco di Iacomo de Ghiero.
 
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