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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. II
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0172

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RECENSIONI

139

metri 0.41, alto 0.58); la copia, forse anche l'ori-
ginale di quella composizione, attribuita già a Do-
natello ed ora a Desiderio da Settignano, di cui in
Italia la galleria di Torino conserva un esemplare
(n. 375), mentre parecchi altri in marmo (colle-
zione Drury Fortnum) e in stucco (museo di Ber-
lino, n. 62 B, di South Kensingtou, n. 5767) sono
passati nelle collezioni dell'estero. Probabilmente
anche quest'opera era stata acquistata dal Suarez
in Italia e collocata nella cappella, dove egli in-
tendeva di farsi far erigere il suo monumento se-
polcrale.

La seconda opera che il Justi restituisce ad
uno scultore italiano è il mausoleo del re Ferdi-
nando e della regina Isabella nella loro cappella
sepolcrale a Granata. Questo per la prima volta
venne ipoteticamente assegnato al celebre scultore
spagnuolo Bartolomeo Ordoiìez (f 1520) dal Gaye, il
quale, pubblicando nel suo Carteggio inedito d'ar-
tisti (IIT, 585) l'autobiografia di Raffaello da Mon-
telupo (stampata d'allora in poi anche nell'ultima
edizione del Vasari, voi. IV, p. 551 e segg.), aveva
congetturato che « la sepoltura d' un re di Spa-
nia » ivi rammentata come fatta da « uno schul-
tore spanuolo che si chiamava Ordonio », morto a
Carrara, dove l'aveva lavorata, potrebbe essere per
l'appunto il mausoleo in discorso. L'opinione del
Gaye pareva ricevere conferma dal fatto che l'Or-
donez stesso nel suo testamento, fatto a Carrara ai
5 dicembre del 1520 e pubblicato dal can. P. An-
drei nel suo scritto: « Sopra Domenico Fancelli
fiorentino e Bartolommeo Ordognes spagnolo, ecc.,
Massa 1871 », aveva rammentato un monumento
« Catholici Regis et Beginae Hispanise », lasciato
da lui alla sua morte presso a poco compiuto; poiché
si sapeva che per l'appunto il re Ferdinando era
stato il primo investito di questo titolo da papa
A lessandro VI. Avendo però il Justi nelle diverse
sue gite in Ispagna esaminato minutamente e in ri-
petute volte tutte le opere dell'Ordonez (delle quali
ci dà nel presente saggio una descrizione accurata
appoggiata con tavole illustrative), fu convinto che
l'attribuzione in discorso non reggeva affatto, poiché
i segni distintivi dell'opera in questione erano tali
da non poter assolutamente assegnarla allo scal-
pello dell'artefice spagnuolo. All'opposto, egli rin-
tracciò lo stile e il fare di quest'ultimo, in modo
da non lasciar nessun dubbio, in un'altra opera
finora anonima, cioè nel mausoleo del re Filippo
il Bello e della regina Giovanna esistente nella
stessa cappella reale di Granata. E ci sono, oltre

gli argomenti di stile, anche altre ragioni da av-
valorare questa attribuzione del Justi. Nel testa-
mento dell'Ordonez l'opera ch'egli stava eseguendo
si designa come « opus caesareae majestatis » e
come « sepultura Catholici Begis et Beginae Hispa-
niae », senza però nominar questo re. Ora, Andrea
Navagero, che in qualità di oratore della repubblica
veneziana seguì l'imperatore Carlo V nell'anno 1526
in un suo viaggio a Granata, nella sua relazione di
questo viaggio rammenta pure il mausoleo del re
Ferdinando e della regina Isabella colle parole:
« Qui vi fecero fare loro sepulture di marmo, assai
belle per Ispagna ». E egli immaginabile che l'ora-
tore avrebbe dimenticato un fatto cosi importante
come sarebbe stata l'erezione del monumento in
questione dell'imperatore stesso, allora presente a
Granata? In una lettera dello scultore Domenico
Vanelli, uno dei collaboratori dell'Ordonez, del
22 settembre 1822, questi dice cosi delle opere la-
sciate dall'Ordoiìez a Carrara : « que opera olim
mag.' Bartholomeus conduxerat ad laborandum et
finiendum ad instantiam et prò Ser.mo et Cath. Bege
Don Philippe rege Hispanie ecc. » (seguo l'enume-
merazione delle altre opere ; vedi Andrei, p. 80).
Essendo, ora, il re Filippo morto nel 1505, ed avendo
l'Ordonez ricevuto la commissione pel monumento,
che poi eseguì a Carrara, non prima del 1517, le
espressioni : « ad instantiam et prò » non possono
essere prese nel senso letterale ; nientedimeno esse
attestano che il Vanelli sapeva essere il mausoleo
in questione destinato pel re Filippo. Per ultimo
nell'inventario delle cose lasciate dall'Ordoiìez fra
le parti costituenti il mausoleo, che non erano an-
cora del tutto terminate, vengono enumerate anche
due figure di S. Michele e di S. Giovanni Evange-
lista solamente abbozzate (V. Campori, Memorie bio-
grafiehe degli artisti nativi di Carrara, ecc., Mo-
dena, 1873, p. 348). Ora, nessuna di esse si trova
nel monumento del re Ferdinando, bensì tutte e
due esistono in quello del re Filippo, e cioè a' piedi
della sua statua giacente sui due angoli del sar-
cofago. E il loro stile diverso da quello delle altre
figure tradisce difatti lo scalpello d'un artefice che
non è l'Ordonez. Avendo il Justi così provato esser
quest' ultimo l'autore del monumento sepolcrale di
Filippo il Bello, per ultimo mette in campo la que-
stione, a chi s'abbia ora da assegnar il mausoleo
di Ferdinando e Isabella? A bella prima egli dichiara
esser lavoro di un artefice italiano, traendone ar-
gomento dallo stile dell'opera, che non ha niente
da fare con quello degli scultori indigeni. E cer
 
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