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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. III
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Marazza, Ambrogio: I Cenacoli di Gaudenzio Ferrari
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0192

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158

AMBROGIO MARAZZA

rico (1771-72), al foglio 160 del voi. 140° dei suoi manoscritti, parlando di Gaudenzio Ferrari,
ricorda fra le sue opere più insigni in Milano « un Cenacolo in Cam Peralba, opera tanto eccel-
lente da paragonarsi con quelle di qualunque famoso pittore». E al foglio 24 del voi. 96°: Pitture
in Lombardia, riportando il catalogo della «Galleria delle pitture del Si;/. Marchese'Peralba in
Milano», preso dall'inventario di detta casa, enumera centotrentasette quadri disposti in cinque
sale, fra cui nell'ultima (foglio 29), al n. 121, la suddetta Coena Domini di Gaudenzio, valutata
venti zecchini. Tali manoscritti, già presso i Principi Hercolani di Bologna, sono attualmente
alla Biblioteca Comunale di questa città. Però il nome Peralba, a testimonianza del Prof. Gentile
Pagani, Direttore dell'Archivio Storico del Comune di Milano, non si trova in questo neppure
mentovato, e nemmeno ancora nell'Archivio Storico Gentilizio, come ora mi comunica la Direziono
Generale del medesimo.

Non mi riuscì nemmeno di ritrovare detto Cenacolo, che non va assolutamente confuso con
una Discesa dello Spirito Santo, conservata nella Galleria del Principe Alfonso Hercolani di Bo-
logna, ivi passata per acquisto fatto dal Principe Filippo, nel 1769, da una chiesa di Milano. La
riporto perchè la disposizione delle sue figure ricorda assai quella delle Cene (fig. 14").

È detta pure opera di Gaudenzio, quantunque si veda a prima vista che il suo autore non
è certo di primo ordine. Di chi sia in realtà è difficile a dirsi; pure non è priva d'interesse,
sia per le reminiscenze gaudenziane, sia per quelle bramantesche dell'architettura, ricordanti il
Battistero di San Satiro in Milano, sia perchè nel fondo si scorgono rappresentati vari antichi
monumenti, fra cui il Colosseo. Che questo quadro sia semplicemente una imitazione dal Ferrari,
appare evidente nello studio poco abile delle pieghe dei due apostoli seduti e di alcune tipiche
figure. Riproduco qui tale tavola grandiosa, fotografatami dal Signor Pietro Poppi, per gentile
concessione del Canonico Andrea Muz/.arclli, Conservatore delle opere d'arte dei Principi Herco-
lani. Il Padre Bruzza 1 la giudicava opera assai giovanile di Gaudenzio e molto leggermente si
sforzava a dimostrarlo.

Un disegno lasciato dal Senatore Giovanni Morelli al Dottore Gustavo Frizzori di Milano
rappresenta lo stesso argomento, pure lavoro gaudenziano. Il Frizzoni non esita a dire che esso

si presenta quale cosa, anziché originale di Gauden-
zio, molto sospetta, per quanto vi sieno delle parti
che potrebbero, secondo lui, farlo credere incomin-
ciato dal Ferrari e lasciato finire da altri, o più pro-
babilmente sciupato da qualche posteriore guasta-
mestieri (fig. 15"). E un foglio di centimetri 60 per
45 e presenta come ben fatte alcune teste. Le figure
in genere sono tutte ombreggiate a seppia, lumeg-
giate :i biacca e rozzamente contornate a penna. Nel-
l'apostolo di profilo, fra i tre all'estremità destra del
disegno, si ravvisano le fattezze di Gaudenzio, come
si può accertare dal confronto colla sua figura, quale
ci è indicata dal Lomazzo 2 nel Martirio ili Santa
('«ieriita del Lanino e Della Cerva, nell'oratorio di
questa martire, in San Nazzaro Maggiore di Milano.
Esso porta scritto da mano non molto recente che l'esecuzione di questo cartone di Gau-
denzio Ferrari trovasi nella Chiesa di San Cristoforo in Vercelli. Ma in quella chiesa non esiste
affatto fra quegli affreschi una Discesa dello Spirito Santo, nò coloro che illustrarono il Ferrari
accennarono mai che tale soggetto vi sia stato dipinto. Ora io ho trovato che la composizione!
di questo cartone corrisponde totalmente a quella di un affresco, detto del Lanino e rappresen-
tante la Pentecoste, esistente già nella sacrestia della Cappella degli Esercizi sul Sacro Monte di
Varallo, da tre anni trasportato su tela e conservato ora nella nuova pinacoteca. In quest'af-

1 Colombo, p. 22, libro citato.

- Trattato, p. 372.
 
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