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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. III
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0228

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191

noi. Se questo può farle diletto, e soddisfazione,
come io credo che sia, conviene che ella mi ap-
palesi e distingua con qualche precisione il carat-
tere dell'officio che le si affarebhe meglio a ren-
derlo contento. Poiché si avrebbe qui giustamente
il disegno di giovarsi de' suoi talenti e della sua
penna. Quindi sarò in attenzione de' suoi riscontri,
onde regolare i miei passi e determinare le ottime
disposizioni che mi si fanno conoscere a di Lei
vantaggio.

Spero che da ciò eh' io Le partecipo Ella rile-
var possa V impegno mio costante d'interpormi in
cosa che le può essere d'utilità e di onore, e l'ob-
bligo, al quale mi son legato, di testificarle in ogni
occasione, la stima e la gratitudine che per mia
parte ancora le professo.

Accolga i rispetti di mio fratello, e credami
pieno di verace considerazione ed attaccamento
, Di Lei

Roma 5 febbraio 1816

Obbl.mo ed aff.,n0 Ser. ed amico
Antonio Canova.

V.

Signore, [Luigi Ange/oni]

Ella non mi deve alcun ringraziamento per li
sentimenti di verace stima e di affezione, che io
nutro per lei. Se nel render giustizia a' suoi veri
meriti e talenti, io feci a lei cosa grata, ho adem-
piuto un mio dovere, e assecondato insieme il de-
siderio del mio cuore.

Spero che a quest'ora le sarà pervenuta la let-
tera del Card, e quindi la scatola ancora, la quale
fu data a questo Banchiere Lavaggi perchè la ri-
mettesse a Lei per occasione sicura, e col mezzo
de' Sig. Caccia e Blommaert. Godo sommamente
che gradisca questa onorevole dimostrazione della
sovrana compiacenza e stima verso di Lei: e sarò
sempre lieto qualunque volta in seguito Ella ne
possa avere delle prove più generose ed evidenti.
Prosiegua intanto liberamente l'incominciato lavoro,
ed altri se n' ha. 1

Mia intenzione speciale era di significarle quello
ch'io avea detto di Lei al Card.; e le disposizioni

1 Già nel 1814 l'Angeloni aveva stampato un libro
sulle condizioni d'Italia, di cui si parlò a lungo; pro-
babilmente ora meditava la nuova sua opera ohe pub-
blicò due anni appresso, V Italia uscente il settembre 1818.
Vedasi del resto la seguente nota (3) e la lettera XII.

vantaggiose che ho qui risvegliate in suo favore :
e quindi dopo aver inteso dal sig. ab. Marini1 la sua
volontà e desiderio di ripatriarsi, mi piaceva di
aggiungere, che il Governo l'avrebbe accolta con
soddisfazione e contento. E in tal caso la invitava
di precisarmi il carattere dell'impiego ch'Ella sti-
masse a Lei più convenevole, onde in appresso,
a tempo e luogo, adoperar potesse in utilità dello
Stato li suoi talenti e la dotta sua penna. Ma
s'Ella non ha fretta e teme i due becchi, 2 ha
ragione.

Parlerò a chi s'aspetta per l'altro che mi dice
e Le ne darò ragguaglio opportuno.

Intanto mi è caro di ripeterle e assicurarle,
che io non mancherò mai alla desiderata opportu-
nità di mostrarle col fatto la mia benevolenza e
gratitudine.

Mio fratello ha ricevuto la gentile Sua lettera
e ne la ringrazia di cuore. Il sig.r Scipelli è ve-
nuto a trovarci, e abbiamo sempre parlato di Lei
con esso, che l'ama tanto. Ella seguiti ad amare
me, così come fa, eh' io mi pregiarò essere costan-
temente

Di lei

Roma 18 marzo 1816

Aff.mo obbl.m° ser. ed am.
Antonio Canova.

VI.

Stimatissimo signore, [Luigi Angeìoni]

Il suo presentimento fu avverato. La politica
di cotesto Governo, e la pusillanime trascuratezza

1 L'abate Marino Marini, delegato dalla S. Sede al
ricupero di 500 manoscritti, asportati pure nel 1797
dalla biblioteca Vaticana a Parigi !

* Ecco un brano di lettera dell'Angeloni al Canova
che chiarisce questo punto: «... Quello che tuttavia mi
dà molta noia, è che per due ragioni ciò recare io non
potrò ad effetto con quella speditezza ch'io avrei pur
voluto. La prima è che sto scrivendo e voglio qui pub-
blicare (il che certo fare non potrei costì) un'altra mia
operetta sopra La nostra misera Italia, nella quale io
parlerò ancora de' vilipesi diritti della S. Sede e dello
Stato Romano. Ed è l'altra cagione ch'io, per quello
ch'io scrissi nell'altro mio Hbriccino, non credo che
sarei del tutto sicuro in cotesti paesi fino a tanto che
le benedette aquile andranno svolazzando pel regno di
Napoli. Ella, che deve pur sapere come io fossi mal
concio da quelle che avevano un sol becco, non bì mera-
viglierà punto eh' io temer più debba ancora queste altre
che ne hanno due ». (Lettera datata da Parigi 27 feb-
braio 1816. Vedi operetta citata di G. Contarini, Ca-
nova a Parigi nel 181ò, pp. 71-72).
 
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