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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. I
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0106

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RECENSIONI

Carmelo Sciuto-Patti. Le antiche oreficerie del duomo
di Catania: la statua, lo scrigno e la bara di San-
t'Agata. Coi ni storico-critici (estr. dall'Archivio sto-
rico Siciliano, X. S., anno XVII). — Palermo, tipo-
grafia dello Statuto, 1892.

I monumenti d'arte medievale e moderna che,
sotto il nome di Sant'Agata, si conservano nel
duomo di Catania, erano veramente degni di es-
sere illustrati con quella singoiar diligenza ed
acume che manifesta in questa sua pregevole mo-
nografia il chiarissimo architetto ed archeologo
C. Sciuto-Patti. Già 1' insigne Muntz, con quel suo
intuito artistico a cui par che nulla sfugga, aveva
additato, fin dal 1888 (Arch. Stor. Hai., t. II, se-
rie Y), l'opera e l'artefice, scrivendo: « La città
di Catania, in Sicilia, conserva anche oggi due la-
vori notabilissimi di Giovanni di Bartolo : la statua
cioè di Sant'Agata e la cassa che racchiude le suo
reliquie ». Questa notizia richiamò l'attenzione del
Ministero di P. I., che incaricò espressamente lo
Sciuto-Patti di fornire precise notizie ; ond'egli ebbe
appunto l'opportunità di accingersi al presente suo
studio. Quando poi, nel 1891, si diffuse la voce
che una parte (per fortuna la meno preziosa) di
quel tesoro artistico, sempre rispettato nel corso
dei secoli dai saccheggi, dagl1 incendi, perfino dai
terremoti, era stata manomessa e dilapidata a
scopo di rapina, più che mai si risvogliarono l'at-
tenzione e l'interesse del pubblico e degli studiosi.
Anche il nostro Archivio storico dell'Arte ne fece
un cenno: ed il Muntz medesimo, ritornando su
qualche sua affermazione e tenendo conto di nuovi
dati comunicatigli dallo Sciuto-Patti. ne riparlò nella
lienie de VArt chretien (34eannée, 4" serie, mai 1891,
]). 19-1-195). Qual parte si debita attribuire all'orafo
Giovanni di Bartolo e quale ad alti-i artisti ve-
dremo fra poco. Intanto diamo un' idea dei monu-
menti (la statuii o busto, la cassa o scrigno, la bara
o ferculo di Sant'Agata) e delle illustrazioni.

La cosidetta statua è a forma di mezzo busto,
d'argento dorato, in misura poco superiore al vero.
Appare opera del secolo xiv; senonchè la base,
che è di forma ottagona in guisa di piramide
tronca, accenna ad epoca ben posteriore, specie
per la difformità dell'ornato. E come essa non è
altro che un grande reliquiario, l'artefice nel fog-
giarla dovette subordinare le forme allo scopo,
congegnandone i pezzi a cerniera, senza per altro
alterarne l'euritmia e l'eleganza. La faccia e le
mani, rivestite di una specie di smalto opaco, sono
colorate al naturale ; e cosi pure i volti di due
graziosi angioletti che (singolarità d'accessori nel-

l'arte cristiana medievale!), posti sopra mensole
sporgenti alla base, stanno in atto di sostenere le
braccia della Santa. La quale nella dritta tiene
una croce cinta di gigli (in filigrana d'oro, intes-
suta di perle), simbolo della sua fede, e nella si-
nistra una tavoletta (a smalto turchino, a lettere
d'oro) con Vepigrafe angelica, famosa nell'agiografia
cristiana : « Mentem : sanctam : spontaneum : hono-
| rem : et : patriae : liberationem ». Un manto, con
largo drappeggiamento, ne adorna il seno; ma i
molti, i troppi gioielli che ricoprono il vestito im-
pediscono di ammirare la fine cesellatura e i mi-
nuti ornamenti dell'opera. Bella e vivace è l'espres-
sione del viso, a cui accrescono grazia le folte ed
auree chiome scendenti per gli omeri e per il
petto.

La base, ricca di scorniciature, riquadrature,
controforti, è adorna di squisiti lavori in ismalto,
a vari colori: lo stemma aragonese, quello di Ca-
tania, quelli di due vescovi della città, Marziale
ed Elia, e fors'anco del pontefice Gregorio XI;
inoltre le figure dei due vescovi menzionati, di
Santa Caterina d'Alessandria e di Santa Lucia; e
scene del martirio di Sant'Agata. Intorno alla
stessa base si legge, incisa a caratteri gotici, una
inscrizione, della (piale avremo agio di parlare più
innanzi.

Anche le preziose teche, contenenti i sacri resti
della vergine e imitanti a perfezione la parte del
corpo che in ognuna sta racchiusa, si credettero
opera di quel secolo, anzi dello stesso artefice;
ma non tutte recano caratteri della medesima
epoca. Statua e teche sono poi addirittura coperte
di preziosi gioielli, dei quali sarebbe troppo lunga
l'enumerazione. Citeremo il regal diadema che le
cinge il capo, attribuito nientemeno che a Riccardo
Cuor di Leone (?), dono cospicuo ed antichissimo ;
la cintura in oro con l'immagine della Beata Ter-
ghie e un raggio di grosse perle; un collare in
oro del xv secolo; un'aquila bicipite a smalto nero;
un grosso anello di San Gregorio Magno (?), varie
insegne del toson d'oro o d'altri ordini, guarnite

! di diamanti, zaffiri, ecc., e varie croci vescovili
antiche e moderne.

Lo scrigno od arca o cassa, che accoglie nelle
apposite teche gli arti incorrotti della protomartire
catanese, quantunque non si possa dire coevo della
statua (contrariamente a quanto affermarono alcuni
storiografi municipali), ma, al più, foggiato su di-
segno primitivo, è pure un bellissimo monumento

I d'arte, forse dei primi del xv secolo, salvo il co-
 
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