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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. II
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0176
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138

RECENSIONI

nessuna di esse ha corrispondenza nella composi-
zione generale colle antiche, e invano vi si cer-
cherebbe la varietà degli ordini classici e i canoni
loro. Neanche ò vero che ottenesse l'armonia ap-
plicando all'arte del costruire una sua teorica di
rapporti musicali, mentre fu frutto spontaneo del
genio maturato dallo studio dell'antico. Non si sa
bene quando abbandonò in modo definitivo Roma;
certo è che il soggiorno in quella città fu inter- \
rotto da gite a Firenze, dove lo troviamo più volte
dal 1404 al 1416. In una di queste circostanze
fece due quadri di prospettiva. Il Manetti afferma
che il Brunelleschi trovò le regole di quest'arte;
e il nostro autore si ferma a porre in evidenza
siffatto merito; al quale scopo egli esamina quali
erano le cognizioni che di tale dottrina si avevano
avanti, i progressi a cui il grande artefice la guidò,
e i grandi vantaggi che ne ritrassero le arti figu-
rative, ed in modo tutto particolare i maestri di
tarsia, che dall'opportunissima applicazione di quella
alle opere loro ebbero il nome di maestri di pro-
spettiva. E pure nell'epoca del soggiorno a Roma
che il giovano architetto diede saggio del proprio
ingegno in varie fabbriche, ma l'esame di quelle,
nelle quali gli scrittori recenti hanno creduto di.
ravvisarle, conduce alla poco lieta conclusione elio
bisogni rinunziare a conoscere le opere giovanili,
che sarebbero documenti tanto preziosi per la storia
dell'artista.

L'opera che ha reso più popolare il nome «lei
grande architetto è la cupola di S. Maria del Fiore;
nel nostro libro le sono dedicati due capitoli (da
p. 58 a p. 14!)), nei quali è esposto con grande
lucidità e discusso con severa critica tutto quello
che a tale argomento si riferisce. È da deplorare i
che i biografi per questa parte si allontanassero
tanto da ogni giudizioso criterio, e tramandassero
un racconto, che, accettato a occhi chiusi da una
infinita serie di scrittori, doveva poi cadere al
primo urto di una critica assennata. La pubblica-
zione dei documenti conservati nell'archivio del- j
l'opera segna come una linea di confine fra la
leggenda e la storia genuina; ma il merito prin-
cipale si deve al dotto architetto Aristide Nardini;
il quale con molto acume pose a confronto i do-
cumenti veraci e i dati dell'osservazione diretta
colle affermazioni degli antichi biografi. Il signor
Fabriezy ha accettato in gran parte le deduzioni
del Nardini, non senza prima aver rifatto per pro-
prio conto, colla diligenza a lui abituale, l'esame
di ogni singola questione; di modo che ora egli

potè aggiungere considerazioni originali, ora stac-
carsi più o meno dalla via già tracciata. Prima
che il Brunelleschi fosse eletto a provveditore della
cupola, fu chiamato a dare il suo avviso sul modo
di innalzarla, nel 1417; ma i documenti non fanno
motto della ragunanza di architetti ricordata dal
Vasari, nella quale avrebbe fatto la proposta di
introdurre il tamburo al di sotto del nascimento
della cupola; del resto per diverse ragioni si può
ritenere quasi certo che quella parte dell'edilìzio
fosse stabilita già nel disegno del 13G7. Quando
gli operai nel 1418 bandirono il concorso per la
cupola, dimandarono soltanto dei modelli pcv l'ar-
matura della volta, e qualunque proposta o disegno
che potesse giovare all'erezione della mole. Il Bru-
nelleschi costruì un modello in muratura, col quale
voleva dimostrare che si poteva voltare la cupola
senza bisogno di un'armatura stabile; ed ebbe a
soci in quest'impresa Nanni di Banco e Donato.
I documenti non toccano affatto di un'adunanza di
maestri paesani e forestieri, nella quale, a sentire
i biografi, sarebbero state fatte le proposte più
strane, e rigettate come di cervello pazzo quelle
del Brunelleschi. Il Ghiberti apparisce concorrente
serio: presentò due modelli, uno dei quali in mu-
ratura; e questa circostanza fa pensare che anche
egli volesse dimostrare come non era bisogno di
armatura. La vittoria non toccò a nessuno; ma
l'elezione di nuovi amministratori nel 1419 pro-
mosse una conclusione definitiva, raccogliendo i
pareri di alcuni intendenti su' due modelli e ordi-
nandone uno nuovo da eseguirsi di comune accordo
dal Brunelleschi e dal Ghiberti, che di quelli erano
autori. Fornito il modello, furono stese per iscritto
le norme da seguirsi nella costruzione; di esse non
rimane più il testo autentico, ma fu inserito dal
Manetti nella sua biografia. Per la costruzione della
cupola furono eletti il Brunelleschi, il Ghiberti e
il capomaestro Battista d'Antonio in provveditori a
principio usque ad finem. Queste parole non ci de-
vono far credere che veramente gli amministra-
tori preposti all'opera si spogliassero del diritto di
vigilare e d'intervenire. Prima di raccontare la
storia della costruzione, l'A. descrive con molta
chiarezza il modo tecnico della costruzione della
cupola. Dopo di che si propone il quesito: da quale
punto si deve credere che il Brunelleschi comin-
ciasse ad aver parte nei lavori della cupola? Il
signor Nardini ha creduto di poter concludere che
fosse già quasi interamente costruita tutta la parte
ch'è tra la galleria superiore dell'interno e il li-
 
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