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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. III
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Frizzoni, Gustavo: I capolavori della Pinacoteca del Prado in Madrid, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0229

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11)1

Le sue opere posseggono, in modo speciale, quella qualità che il Pai orni no (storico del-
l'arte spagnuola) chiama la canonizzazione di un'opera d'arte, vale a dire l'originalità.

Nei grandi quadri storici non si saprebbe scoprire alcun addentellato coi tempi precedenti ;
dal canto loro siffatti quadri sono rimasti inimitabili. La semplicità dei medesimi poi, la
loro schietta fedeltà alla natura, è quello che costituisce il divario tra Ini e tutti gli altri
artisti più eminentemente originali ».

Le opere del Velazquez al Prado, in numero non inferiore alla cinquantina, astrazion
fatta da quelle che dalla critica vogliono essere escluse, si potrebbero distinguere nelle
seguenti categorie: i ritratti, i quadri storici tanto religiosi quanto profani, i mitologici,
quelli di genere, i paesaggi. Fra i primi si distinguono, innanzi tutto, tre superbi ritratti
equestri. Ben noto è quello del re Filippo IV col bastone del comando nella destra, sul
cavallo dalle gambe anteriori alzate in atteggiamento analogo a quello tenuto dallo scultore
Tacca, fiorentino, nel suo celebre bronzo fuso in Firenze nel 11:40, e che forma oggi il prin-
cipale ornamento della Piaza de Oriente in Madrid (fìg. 2a). Questo ritratto, come dimostra il
Justi, deve essere stato dipinto verso il 1635. Lo Steri ing, critico inglese, lo proclama, senza
meno, il primo ritratto equestre del mondo. Per noi esso porne un interesse speciale, in
(pianto che ci rammenta che l'incarico affidato contemporaneamente allo scultore fiorentino
di fondere la grande statua è stata l'occasione pei- cui oggidì la Et. Galleria l'itti può van-
tarsi di possedere un vero ed autentico dipinto del sommo pittore spagnuolo, quello cioè
del suddetto re a cavallo, in piccoli1 dimensioni, mandato da Madrid a Firenze perchè ser-
visse di norma allo scultore per l'opera sua.

E noi nell'unita figura ci compiacciamo di darlo riprodotto da una buona fotografia
dei fratelli Alinari.

Sorprendente poi per l'arditezza con cui è trattata è la tela del principino Baldassare
Carlo che si slancia al galoppo, quasi di faccia all'osservatore, sopra un forte cavallo da
battaglia. Il gruppo del cavallo e del cavaliere, in preda all'aria che va fendendo, vien
fatto staccare colla più grande efficacia sopra un fondo a paesaggio di linee larghe e gran-
diose vividamente illuminato. E una delle opere più celebri e più gustate generalmente
della così detta seconda mainerà, e ci si presenta ottimamente conservata. Il giovinetto
settenne si rivela tutto compreso della sua dignità cavalleresca, che il Velazquez sa inter-
pretare magistralmente, per quanto nella persona del rappresentato non vigesse una natura
da eroe più che nel padre, Filippo IV, e nell'avo Filippo III.

A questo si contrappone il ritratto imponente del Conte Duca, del potente Olivares, il
(piale volle pure essere rappresentato in atteggiamento di comando non solo, ma anche in
abito di guerriero rivestito di corazza, quantunque non avesse mai sentito l'odor della pol-
vere in realtà. Preso quasi di schiena, in arcioni sul ben mosso destriero, col girare del
capo egli mostra il suo viso altiero ed imperioso, illuminato da sprazzi di luce, lanciando
uno sguardo d'inesprimibile efficacia. Lo stesso soggetto, che dovette incontrare certamente
il gradimemto del ministro, il pittore l'ebbe a ripetere piti di una volta, se non altro, in
minori dimensioni, come proverebbero le tele parimenti originali che si trovano l'una nella
galleria di un lord scozzese, l'altra in quella di Schleissheim, succursale della pinacoteca
reale di Monaco.

Ma se in questi magnifici ritratti equestri il Yelazquez s'impone per la maschia spon-
taneità del suo magistero, egli non è inferiore nelle sue figure pedestri, sia (die si applichi
a ritrarre le sembianze del re, della regina, degl'infanti, sia quelli di altri personaggi
cospicui, sia, in fine, quelli dei grotteschi nani e dei buffoni dei (piali i membri della fa-
miglia reale solevano contornarsi come di animali domestica messi al mondo per divertirli
ed esilararli.

Sarebbe inutile e troppo lunga qui la enumerazione di tutte codeste tipiche effigie:
ci basti l'osservare come in ciascuna sia improntata, con una varietà non inai vista, vuoi nel
viso, vuoi nell'atteggiamento del corpo, la nota dominante di quanto costituisce il loro parti-
 
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