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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. IV
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Schmarsow, A.: Nuovi studi intorno a Michelozzo, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0289

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248

A. SCHMARSOW

Questa statua si trova presentemente in una nicchia murale, e benché tale incornicia-
tura sia d'epoca posteriore, tuttavia la statua è collocata press'a poco in posizione uguale
a quella in cui si trovava prima, in modo da avere all'incirca lo stesso effetto, abbastanza
plastico, ma come di un altorilievo che si stacchi da una superficie. Già a prima vista,
osservando come tutte le parti sieno lavorate in modo che ne risulti un complesso armonico,
notiamo un notevole progresso che non si può spiegare se non con un maggiore esercizio
del maestro nell'arte sua. Forse la riuscita consiste, come nelle Virtù cristiane del Battistero
di Firenze, essenzialmente nel fatto dell'unione fra la statua e la superficie del muro. Con
ciò sono allontanate le difficoltà d'invenzione d'una figura libera, indipendente, presa solo
per sò stessa, e il carattere fantastico in cui essa è concepita ben s'accorda con l'effetto
d'un fondo neutro.

La dignitosa figura qui rappresentata è interpretata comunemente come quella di Dio
Padre in atto di benedire, poiché il capo non corrisponde al tipo giovanile della testa del
divino figliuolo. Nella mano sinistra, che sostiene la veste un po' più giù dell'altezza del-
l'anca, si riconoscono però le tracce di un oggetto, la cui estremità simile ad un bastone
era tenuta fra il pollice e l'indice. Quest'oggetto potrebbe forse essere il vessillo della croce,
col quale viene rappresentato come vincitore della morte il Cristo risorto, la cui figura sa-
rebbe certamente più adattata ad una tomba che quella del Dio Padre. Dovremmo adunque
deciderci, col Cicerone del Burckhardt-Bode, per il Cristo benedicente, se appunto per questa
rappresentazione del Cristo non fosse ancor più strano un volto con barba piena, e se lo
spazio fra le due dita della mano sinistra non ci sembrasse meno adatto al lungo bastone
della croce che si sarebbe addentrato di più, che all'estremità di un oggetto in forma di
bastoncino, che avesse per esempio la leggerezza di una croce di canna quale è quella di
San Giovanni Battista, o di un piccolo crocifisso. Fra le rappresentazioni possibili ce n'è
però una che può sciogliere le difficoltà, e questa è la figura del santo che ha lo stesso
nome dell'Aragazzi che colà è sepolto, cioè dell'apostolo Bartolomeo, il quale viene rappre-
sentato come un uomo con barba piena, un po' più giovane di Sant'Andrea, e porta in mano
come segno del suo martirio il coltello con cui fu scorticato. A giudicare da tutto l'atteg-
giamento del corpo, la mano, già occupata a sostenere la veste, non portava che un attri-
buto secondario, di peso non grande, e il luogo dove c'è la rottura si adatta benissimo per
il manico d'un coltello.

La testa con piccoli ricci sulla fronte e la barba ben composta, è seria, piena di dignità,
con lo sguardo basso e piegata alquanto all'innanzi, giacché l'apostolo stava in atto di bene-
dizione al di sopra del corpo del morto posto sotto la sua protezione e che si era inspirato
all'esempio del suo nome. Il volto ricorda il Giovanni Evangelista di Donatello nella facciata
del duomo e il San Marco in Orsanmichele, ma vi traspare maggior nobiltà ispirandosi al-
l'antico ideale dell'uomo come il San Matteo del Ghiberti e il Santo Eligio di Nanni di Banco.
Esso è illuminato dallo spirito della classica bellezza ed eleganza, ed è perciò che guardandolo
ci sentiamo spinti nuovamente a pensare al Cristo del Rinascimento, al quale anche tutto il
resto della figura corrisponde più che alla solita immagine dell'apostolo Bartolomeo. Questi
infatti è rappresentato nel nostro caso, come il Cristo risorto, col corpo nudo, avvolto sol-
tanto in un largo manto gettato sulle spalle e sulle braccia e che lo copre completamente
fino ai piedi. Così probabilmente il santo riceve il suo divoto alla soglia del regno de' cieli
per intercedere in suo favore al trono del supremo giudice o per raccomandarlo all'inter-
cessione della Tergine. Egli sta su di un orlo di nubi, e non già come il Cristo risorto
sull'orlo del sepolcro; ma questo discendere alla soglia delle regioni superne, lo sguardo
rivolto all'ingiù e il motivo della mano sinistra che, mentre l'avambraccio poggia sull'anca,
è piegata molto all'indietro e con le tre ultime dita solleva il ricco manto per lasciar libero
passo al piede sinistro che s'avanza, l'insieme dell'atteggiamento e del panneggiamento
ricordano, ad onta di varie differenze, il Profeta di Donatello rappresentato in atto di scendere
sul lato orientale del campanile, mentre la posizione delle due dita anteriori della mano e la
 
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