VITA
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retta ornata di penne di ucelli di varj colori , cornee
è l'uso della sua Nazione, e più lungi mirasi un giovine,
che porta le torcie fra le braccia all'esequie del Santo .
Nell'ultima distanza apparisce appena un tratto di mare
con una vela in contrasegno della navigazione . Le fi-
gure riescono una volta, e mezzo il naturale, le quali
però vengono contrassate dal lume in faccia di un fene-
strone della Chiesa, che col lustro toglie di vista il co-
lore , con gran diminuzione della loro bellezza , oltre
l'altezza dell'Altare che osfende ancora col luftrorer ,
e rissessi delle colonne. Ma fra l'altre opere pubbliche,
e private, nelle quali Carlo si applicava, uno de' mag-
giori pregi de' suoi pennelli fu l'essere impiegato in ser-
vi^io della Maestà Crissianissima di Ludovico XIV. il
Magno. Il soggetto fu la favola di Dafne, che si tra-
sforma in lauro. Fece Dafne in atto di fuggire, ma
che si arresta dalla fuga debole, e stanca, Sciogliendo
le mani in frondi, ed abbarbicandoti in terra le piante .
Fece Apolline , che amorosamente riscaldato al corso,
quasi la tiene fra le braccia , ed incontro il padre Peneo
stende le mani in soccorso della figlia . Fecevi il fiume
Peneo con le Ninfe Najadi intente al prodigio, mentre
Amore vittoriosò di Apolline parte volando , ed inalza
per vanto gli frali , e l'arco . Quella invenzione vien
descritta ingegnosamente da Gio. Pietro Bellori, se-
condo li sensi proprj della pittura paragonata con la^
poesia. Il quadro è grande 12. palmi per ogni ver-
so, e le figure riescono alquanto minori del naturale.
La munificenza di sì gran Re accrebbe il pregio all'ope-
ra , col premio di mille ducento cinquanta seudi . Ter-
minata quella poesia , cominciò l'altra delle quattro
Stagioni sopra due tele grandi con figure al naturale—, ,
ordinategli dal Cardinale Porto-Carrero per donarle a
Carlo Secondo Re delle Spagne; ed essondo l'inven-
zione
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retta ornata di penne di ucelli di varj colori , cornee
è l'uso della sua Nazione, e più lungi mirasi un giovine,
che porta le torcie fra le braccia all'esequie del Santo .
Nell'ultima distanza apparisce appena un tratto di mare
con una vela in contrasegno della navigazione . Le fi-
gure riescono una volta, e mezzo il naturale, le quali
però vengono contrassate dal lume in faccia di un fene-
strone della Chiesa, che col lustro toglie di vista il co-
lore , con gran diminuzione della loro bellezza , oltre
l'altezza dell'Altare che osfende ancora col luftrorer ,
e rissessi delle colonne. Ma fra l'altre opere pubbliche,
e private, nelle quali Carlo si applicava, uno de' mag-
giori pregi de' suoi pennelli fu l'essere impiegato in ser-
vi^io della Maestà Crissianissima di Ludovico XIV. il
Magno. Il soggetto fu la favola di Dafne, che si tra-
sforma in lauro. Fece Dafne in atto di fuggire, ma
che si arresta dalla fuga debole, e stanca, Sciogliendo
le mani in frondi, ed abbarbicandoti in terra le piante .
Fece Apolline , che amorosamente riscaldato al corso,
quasi la tiene fra le braccia , ed incontro il padre Peneo
stende le mani in soccorso della figlia . Fecevi il fiume
Peneo con le Ninfe Najadi intente al prodigio, mentre
Amore vittoriosò di Apolline parte volando , ed inalza
per vanto gli frali , e l'arco . Quella invenzione vien
descritta ingegnosamente da Gio. Pietro Bellori, se-
condo li sensi proprj della pittura paragonata con la^
poesia. Il quadro è grande 12. palmi per ogni ver-
so, e le figure riescono alquanto minori del naturale.
La munificenza di sì gran Re accrebbe il pregio all'ope-
ra , col premio di mille ducento cinquanta seudi . Ter-
minata quella poesia , cominciò l'altra delle quattro
Stagioni sopra due tele grandi con figure al naturale—, ,
ordinategli dal Cardinale Porto-Carrero per donarle a
Carlo Secondo Re delle Spagne; ed essondo l'inven-
zione