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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. I
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Müntz, Eugène: L' Oreficeria a Roma, [1]: durante il regno di Clemente VII (1523-1534)
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0038

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16

ARCHIVIO STORICO DELL' ARTE

biano il carattere di opere d'arte. Se il destinatario aveva bisogno di convertirli in danaro,
non andava perduto che il lavoro della fattura: in altri termini, l'orefice, intermediario ta-
cito accettato da ambo le parti, prelevava regolarmente esso pure il suo reddito su questi
diritti.

Nell'abbigliamento, mai l'oreficeria rappresentò una parte così importante. Prima viene la
medaglia o impresa che ogni personaggio che si rispetta deve portare sul cappello : si sa
quale serie interessante di lavori dobbiamo a questo costume. Poscia il fermaglio della cinta,
la daga e la spada, senza contare i gioielli propriamente detti, e ogni sorta di adorna-
menti femminili. Dovrei anche parlare della ricchezza dell' argenteria di quest' epoca, del-
l'estensione della oreficeria, fino ai più minuti istrumenti ed utensili, ai campanelli, ai calamai,
ai fermagli dei libri! Il dominio di quest'arte è infinito e sarebbe quasi scrivere la storia della
civilizzazione nella prima metà del secolo XVI, se si dovesse riandare gli annali della vita
degli orafi celebri di quest'epoca.

Si comprende, dinanzi a tanta invasione, l'orgoglio degli orafi, che diventano infatti la
classe di artefici la più presuntuosa e la più turbolenta, con dei corifei quali erano Benvenuto
Celimi e Leone Leoni. È tutto un gioco di intrighi e di vanità, di comedianti che si sentono
guastati dalle lusinghe del pubblico, con questa differenza che qui, ad ogni istante, la rappre-
sentazione volge al dramma, e termina con la morte di uno degli eroi.

Diamo uno sguardo rapido alla successione di categorie diverse di opere comandate dalla
Corte pontificia. Le rose d'oro e le spade d'onore che il Papa, per una tradizione secolare,
donava a Natale e a Pasqua, vi occupano il primo posto.

La lista delle rose d'oro donate da Clemente VII, è disgraziatamente delle più incomplete.
Conviene, coll'aiuto dei lavori del Cartari 1 e del Moroni,2 limitarci a citare le donazioni
seguenti : 1524, al re Enrico Vili d'Inghilterra -, 1525, al duca di Savoia -, 1526, alla chiesa
di Santa Lucia del Gonfalone, a Roma ; 1532, al Sancta Sanclorum? Ai tempi del Cartari, la
rosa donata alla confraternita del Gonfalone era scomparsa. Si vedeva solo un dipinto, rap-
presentante un ramo ornato di dieci rose in un vaso della forma di un uovo, posato sopra un
trepiede, ornato di zampe di leone. Questo dipinto stesso periva nel 1761.4

Siamo poco meglio informati quanto allo " stocco benedetto „ ed al " berrettone. „
Tutto ciò che sappiamo si è che queste insegne furono accordate nel 1529 (il 7 gennaio) a
Filiberto d'Orange ; nel 1529 a Carlo Quinto, e ad una data non specificata, a Ferdinando,
re dei Romani.5

L'oreficeria sacra, destinata a figurare nelle cerimonie della Cappella Sistina, era l'oggetto
di cure assidue da parte di Clemente VII; e ciò sappiamo tanto da documenti veridici quanto
dall'inventario qui sotto mentovato.

Nel 1547, la Cappella papale racchiudeva ancora numerose opere che risalivano a questo
papa. Citiamo un tabernacolo con otto cristalli portanti le armi medicee; quattro candelabri
di argento dorato con le medesime armi, " una lanterna che si porta avanti al Corpus Do-

1 La rosa d'oro Pontifìcia. Roma, 1681, p. 99-101. — Girbal, La rosa de oro. Madrid, 1880.

2 Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, alla parola Rosa.

3 Marangoni, Istoria dell'antichissimo Oratorio o Cappella di san Lorenzo nel patriarchio Lateranensc.
Roma, 1747, p. 62.

4 Ruggeri, L'arci-confraternita del Gonfalone. Roma 1866, p. 209-212.

5 Un certo numero di stocchi si è conservato fino ai nostri giorni (Eugenio IV, Niccolò V, Innocenzo Vili,
Alessandro VI, Giulio II, ecc.), nei musei di Madrid, di Cassel, di Berlino, di Vienna, nella collezione Bentivoglio
a Bologna, ecc.

Dall'altro lato, nulla evvi di più raro delle rose d'oro. Confesso di non conoscere de visu che quella di
Clemente V, conservata a Parigi, nel museo di Cluny.
 
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