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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. I
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Tschudi, Hugo von: Scultori italiani della Rinascenza
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Fasc. III
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Venturi, Adolfo: Gian Cristoforo Romano, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0072

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50

ARCHIVIO STORICO DELL' ARTE

questa nella National Gallery di Londra, sieno opere
della mano del maestro.

Una serie di altre opere affini, di possesso privato,
nelle gallerie di Firenze, Torino, Londra, Berlino, ecc.,
si riportano almeno alla sua officina, senza che finora
sia possibile di assegnarle a determinati artisti in essa
occupati. Soltanto in uno di questi collaboratori, ben-
ché non dei più insigni, possiamo riconoscere una certa
personalità artistica. Il Bode ritrova la sua mano in
alcuni grandi quadri del Museo di Berlino, del Lou-
vre, delle Gallerie di Torino e Londra, l'invenzione
delle quali, in parte, dipende dal Verrocchio stesso, e

10 Schmarsow volle poco fa riconoscere in lui lo stesso
maestro che ha sottoscritto col suo nome un quadro
nella pieve di Empoli : Francesco Botticini.

Fra tutti quelli, però, che nell'officina del Verroc-
chio hanno cercato ammaestramento e impulso, emerge

11 genio di Leonardo. Al suo sviluppo in Firenze, ne'
primi anni, il Bode dedica un esame minuto. Con buon
successo difende contro Crowe, Cavalcasene e Lermo-
lieff, l'origine leonardesca dell'attraente Annunziazione
del Monte Oliveto, ora negli Uffizi. Gli attribuisce pure
il piccolo quadro del Louvre, dell' istesso soggetto,
una testa di giovane del magazzino degli Uffizi, e la
poetica figura di una giovane fanciulla della Galle-
ria del principe Liechtenstein in Vienna. Molto più
importante si è l'assegnazione a Leonardo di una
grande pala della Galleria di Berlino, che insudiciata
e in parte ritoccata, avea riposato per molti anni nei
depositi del Museo, donde tolta appena poco tempo fa,
dopo un accurato restauro fu esposta nella Galleria.
Cristo è uscito dal sarcofago, e con la bandiera di
trionfo in mano muove verso il cielo. Sul dinanzi, a
destra, è inginocchiata santa Lucia, a sinistra san Leo-
nardo, ambedue con lo sguardo in alto, in atto di ado-
razione. Un vasto paesaggio montuoso, con una valle
e bianche nubi, erranti per l'azzurro cielo, formano lo
sfondo. Nella composizione costruita a triangolo e nei
numerosi particolari del vestito si vede chiaramente l'in-
fluenza di Verrocchio. Ma il magistrale scorcio e la pla-
stica delle teste, il colore e le pieghe del panneggia-
mento, il paesaggio con le dentellate dolomiti sono già
quelli proprii a Leonardo e pongono quel quadro ac-
canto alla Vierge aux Rochers, al principio cioè del
suo soggiorno in Milano. A queste forti ragioni stili-
stiche vengono in appoggio non deboli prove esterne.
Un caratteristico disegno esistente presso Mr. Malcolm,
e rappresentante il Salvatore risorto (che però, per le
linee del tratteggio che vanno da destra a sinistra, dà
agli aderenti della regola del Lermolieff un apparente
motivo di confutazione), offre al Bode occasione di fare
la fine osservazione, che Leonardo ha disegnate con la
mano destra tutte le figure vòlte in profilo a sinistra, ma
con la sinistra solo quelle rivolte a destra. In breve,
poi, si pubblicherà una prova ancor più convincente
per la sua provenienza, essendo tolta da un foglio di
schizzi di Leonardo stesso.

Dopo un breve capitolo, in cui vien dimostrato
qual parte importante abbia avuto appunto la pla-
stica fiorentina nella creazione di tipi religiosi, il
Bode passa a caratterizzare gli scultori fiorentini in
marmo della seconda metà del quattrocento. È vero
bensì, che i due primi nominati, Antonio Bossellino e
Benedetto da Majano, non vi appartengono che im-
propriamente, essendo le loro opere in bronzo, non in
marmo. Ma essi, nella massima parte dei casi, certa-
mente si sono accontentati di fare i modelli in terra-
cotta, lasciando all' officina la cura di riprodurli in
pietra. Ciò è provato dal gran numero di tali mo-
delli che appunto di questi due artisti si sono conser-
vati, e che, quando possiamo confrontarli col lavoro
in marmo, sono sempre a questo di molto superiori
nella forma naturalistica e nell' invenzione artistica.
Il Museo di Berlino è tanto fortunato da possederne
alcuni esempi convincenti. Di Antonio Rossellino un
bassorilievo in terracotta, acquistato dopo la pubbli-
cazione del libro del Bode dalia raccolta del signor
Fortnum, VAdorazione del Bambino, l'abbozzo originale
del tondo del Bargello, i! quale appare una riproduzione
di officina di minor pregio : di Benedetto, il busto in ter-
racotta di Filippo Strozzi, che in libertà e grandezza
di concezione decisamente supera l'esemplare in marmo
del Louvre, e l'abbozzo in terracotta per un bassori-
lievo del pulpito di Santa Croce in Firenze. Quest'ul-
timo, rappresentante il sogno di Innocenzo III, è
specialmente interessante pel fatto, che nel lavoro in
marmo fu sostituito da altra immagine, l'approvazione,
cioè, dell'ordine di san Francesco. Come tre altri ab-
bozzi, destinati per lo stesso pulpito, e che si trovano
ancora in Italia in possesso privato, mostrano la piena
freschezza e la mano immediata del maestro. Dei due
scultori esistono del resto numerosi lavori in terra-
cotta, la cui riproduzione in pietra non è nota ; forse
anzi non erano neppur destinati a ciò; così, special-
mente il bel bassorilievo di Maria col Bambino, nel
Museo, ed una simile Madonna col Bambino poppante,
opera meno finita, ma grandiosa, in possesso del si-
gnor Ilainauer in Berlino, lavori tutt'e due del Ros-
sellino. Di Benedetto è da nominarsi la statua di Ma-
ria nel Duomo di Prato, e un'opera della raccolta di
Berlino, fatta certo contemporaneamente, la Madonna
col Bambino seduta sul trono, in grandezza naturale,
in antica pittura ben conservata, forse una delle più
compiute creazioni dell'arte fiorentina del quattrocento.

Ma in nuovi punti di vista si pone anzitutto il Bode
per giudicare dell'attività giovanile di Benedetto. In Lo-
reto, oltre alla fontana della sagrestia, nota pel Vasari,
gli attribuisce le quattro figure degli Evangelisti sulla
porta della stessa sagrestia. Come esempio della sua
prima maniera, che molto ricorda ancora il Rossellino
e Desiderio, si adduce la tomba di san Savino in Faen-
za, e a lui sono attribuite, benché molto condizionata-
mente, le tombe di Barbara Manfredi in Forlì, e di
Sigismondo Malatesta in Rimir.i, finalmente i busti di
 
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