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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. V
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0280

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RECENSIONI E CENNI BIBLIOGRAFICI

186

tutti quanti si interessano di simili cose: che ognuno
apporti il suo contributo, sia pure scarso, alla diluci-
dazione del soggetto, alla identificazione degli oggetti
inventariati con altri che ci siano noti per testimoni
letterari o siano conservati fin oggi nelle collezioni
pubbliche o private. Questo motivo appunto m'induce
a fare le seguenti osservazioni sulla recentissima opera
dell'egregio autore.

Le notizie sopra i tesori d'arte posseduti da Cosimo
de' Medici il vecchio che, attinte per lo più a fonti
letterarie, si trovano riunite nel primo capitolo del
libro del Muntz, a causa della loro scarsità, non ci
permettono disgraziatamente di formarcene un' idea
completa; ci offrono però qualche particolarità impor-
tante. Una deliberazione degli Operai di S. Giovanni,
per esempio, lo rivela come compratore di un gioiello
proveniente dal legato di Papa Giovanni XXIII. Sap-
piamo che col provento di questa vendita, nel 1433 fu
costituita dall'Opera una rendita di Monte comune per
fiorini 1000, la qual rendita doveva essere adoperata
in fare i paramenti occorrenti alla chiesa. (Vedi C. I. Ca-
vallucci, « Il tempio di S. Giovanni in Firenze » nel
periodico Arte e Storia, Ann. 1888, p. 43). Una lettera
poi di suo fratello Lorenzo ci insegna che Cosimo non
sdegnò talvolta di spogliarsi volontariamente dell'uno
o dell'altro de' suoi preziosi codici manoscritti, quando
potesse farne un buon affare. Alla pag. 5 l'autore, ad-
dicendo il testimonio del Vasari, cita, come acquisto
di Cosimo, la statua di Marsia, che in epoca posteriore
da Lorenzo Magnifico fu fatta l'istaurare per mezzo del
Verrocchio. Se non che precisamente il passo citato
del Vasari (ediz. Milanesi, t. Ili, p. 365) contradice al-
l'asserzione dell'autore. Evidentemeute è corso un equi-
voco colla seconda statua di un Marsia, ristaurata dal
Donatello, di cui il Vasari parla nella vita di questo
ultimo (t. II, p. 407) e la quale — all'opposto della
prima che era « di pietra rossa » — in tutti i duo passi
testò citati vien detto che era « di marmo bianco ».
Ambedue queste statue si trovarono fra quelle che
dopo la fuggita di Piero de' Medici furono sequestrate
e traslocate nel Palazzo dei Signori, come consta dalla
Deliberazione della Signoria del 9 ottobre, stampata a
pag. 103: le « due statue conciatorum de lapidibus
marmoreis sive alterius misture que sunt in orto pre-
dicto (vale a dire: elicti palatii Pieri de Medicis) penes
portam » sono senza dubbio i due Marsia in questione.

Il secondo capitolo è consacrato a Piero di Cosimo
Medici, il quale si deve considerare come il proprio
creatore delle collezioni medicee. Poiché dal primo dei
due inventari de' suoi tesori artistici, cominciato nel
1456 e continuato nel 1463, prima perciò della morte
di suo padre (f 1° agosto 1464) dobbiamo inferire
che Piero abbia formato una collezione da sè, indipen-
dentemente dagli oggetti d'arte ch'erano in possesso
di suo padre. Per disgrazia, le notizie forniteci dall'in-
ventario di cui si tratta sono così vaghe (senza indica-
zione di misure, di valore, di nomi degli autori), che

non possono servire di guida per rintracciare i lavori in
esso indicati. Però, comparando l'inventario del 1456
col secondo del 20 gennaio 1465, siamo in grado di
constatare l'accrescimento toccato alle collezioni di
Piero dall'eredità paterna, almeno in quanto riguarda
alcune parti di esse, poiché nel mentovato secondo in-
ventario non si trovano registrati se non i gioielli,
l'argenteria e diversi oggetti di metalli preziosi, i ma-
noscritti ed i paramenti e arredi sacri delle cappelle
nel Palazzo di via Larga e nelle ville di Careggi e
Caffaggiuolo. L'aumento non è considerevole che in
parecchie serie della collezione: il vasellame prezioso
si è aumentato da 26 a 81, le medaglie d'oro da 53 a
100, quelle d'argento da 300 a 503, mentre il numero
delle gioie e dello pergamene non si è accresciuto. Le
indicazioni dell'estimo, che si trovano aggiunte a tutti
gli articoli del registro, ci permettono di formarci una
idea del valore dei tesori accumulati: la somma ne
ammonta a 35150 fiorini d'oro, vale a dire 1,800,000
lire incirca di valuta odierna. Eppure le singole cifre
dell'estimo non sono punto esagerate, anzi modestissime,
come appare dal loro confronto con quelle dell'inven-
tario posteriore di Lorenzo il Magnifico. Peccato che
le opere d'arto contemporanea, come anche le statue
antiche, non si trovino registrate in nessuno dei duo
inventari di Piero de' Medici, di modo che questi, pre-
cisamente in quei punti dove sarebbe più da desiderare,
non ci danno nessuna luce.

La nostra curiosità, almeno in quanto riguarda il
primo punto, non viene soddisfatta che dall'Inventario
di Lorenzo il Magnifico, il quale nel terzo capitolo,
pp. 58-95 forma la parte più preziosa della presente
pubblicazione. Nondimeno anche in questo cerchiamo
invano l'enumerazione delle statue antiche che face-
vano l'ornamento del giardino nel Palazzo di via Larga
e del Casino e giardino di piazza San Marco. L'inven-
tario che si pubblica la prima volta intieramente, —
in quanto riguarda le sue parti relative agli oggetti
d'arte, — è una copia dell'originale redatto in occa-
sione della morte di Lorenzo nel 1492. La copia fu
eseguita per commissione di Lorenzo di Piero de' Me-
dici il 23 dicembre 1512, all'epoca cioè in cui i Medici
erano tornati dall'esilio. L'estimo è aggiunto ai singoli
articoli, la descrizione di questi è più particolareggiata,
spesso si trovano indicati i nomi degli artisti e le mi-
sure degli oggetti, che sono disposti secondo gli ap-
partamenti del Palazzo di via Larga. Dal confronto di
questo inventario con quello di Piero de' Medici appa-
risce quanto suo figlio abbia aumentato i tesori ere-
ditati. La diminuzione apparente che si ^presenta in
alcune serio (p. e. medaglie d'oro e d'argento) si spiega
dal non essere l'inventario compiuto, non trovandovisi
registrate tutto le ville medicee e gli oggetti in esse
conservati. Del resto, l'imperfezione del registro appare
anche da parecchi altri indizi. Così, per esempio, non
vi sono enumerati circa 30 cammei, mentre Piero di
Lorenzo, dopo il saccheggio del Palazzo di via Larga
 
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