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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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Gnoli, Domenico: Le opere di Mino da Fiesole in Roma, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0280

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LE OPERE DI MINO DA FIESOLE IN ROMA 267

l'iscrizione e 1* urna ; supposizione che divenne certezza quando scorsi no' basamenti sotto le
colonne lo stemma del cardinale. Ma la piccola soddisfazione del mio amor proprio non durò molto,
poiché trovai che già lo Tschudi nel suo bello studio su Giovanni Dalmata, 1 e il Rode nel Cicero
m'avevano preceduto nella scoperta. Restava un punto però. Le colonne di verde antico non ap-
partengono certamente al monumento : lo dimostrano i capitelli d'età ben più tarda, e specialmente
il fatto che esse sono notevolmente più alte dei contropilastri, i quali poggiano su d'un piedistallo.

Dopo aver minutamente ricercato le antiche colonne nella chiesa e nella sacrestia, m'è riu-
scito finalmente di ritrovarle nel sotterraneo della chiesa, dove stanno a sorreggere la volta. Esse
sono di porfido: i capitelli, di lavoro elegante e finissimo, serbano tracce ancora della doratura;
e prese le misure, così i capitelli come le colonne e le basi corrispondono esattissimamente nella
altezza e nella larghezza a quelle dei contropilastri. Ritrovate così pressocchè tutte le parti del
monumento, la ricostruzione che presento è ottenuta semplicemente col riavvicinare le parti del
monumento sparse per la chiesa. Mancano bensì i piedistalli delle colonne, che però non potevano
esser diversi da quelli dei contropilastri, che tuttora esistono. Manca pure il fondo dietro la statua
giacente del cardinale, che è stato tolto per incassare nel vano un quadro a olio; ma mi pare
assai probabile ch'esso dovesse essere un ornato a rete, come nel monumento del conte Ugo. Sulle
due mensole sotto a' piedistalli delle colonne dovevano sorgere due putti sostenenti gli stemmi del
defunto, come appunto nel monumento del conte Ugo, e in quello del Marsuppini; e si veggono
ancora le grappe di ferro a cui essi erano fermati, ma non so dove sieno andati a finire. Questo
spiega la semplicità dei piedistalli, (imposti a Mino dalla poca altezza delle colonne) i quali face-
vano ufficio di sostegno e non di ornato, rimanendo in gran parte coperti dai putti. Per questi,
avrei potuto nella ricostruzione far copiare quelli della sepultura del conte Ugo, ma me ne sono
astenuto per uno scrupolo, forse eccessivo, di sincerità : è necessario nondimeno imaginare i due
putti sulle mensole per rappresentarsi l'armonia generale del monumento. Alle colonne corrispondono
due contropilastri, finamente decorati di fogliami e meandri.

Mentre gli artisti forastieri solevano qui in Roma adattarsi a certe norme di tradizione locale,
in quest'opera abbiamo, trapiantato in Roma, un monumento fiorentino del gruppo di quelli del
Rosellino, di Desiderio, del Givitali, di Francesco di Simon Fiorentino, ma simile più che ad ogni
altro al monumento del Marsuppini di Desiderio da Settignano, e più ancora a quello del conte
Ugo di Mino stesso, di cui può dirsi fratello carnale. Non manca però qualche carattere locale, e
in primo luogo nelle colonne sostituite ai pilastri; non già che questo sia comune ai monumenti
romani di quel tempo, i quali hanno ordinariamente i pilastri decorati da candeliere; ma una
lai novità gli fu probabilmente suggerita dagli esempi presenti dell'architettura romana,2 e spe-
cialmente dall'edicole del Pantheon, e forse anche dall'occasione dell'esserci disponibili quelle due
colonne di porfido: il che difficilmente poteva accadere fuori di Roma. Un carattere locale è pure
nella minor libertà, a paragone de' suoi lavori fiorentini, nella linea e nella decorazione de' membri
architettonici, che qui si attengono più strettamente agli antichi modelli. Noterò ancora nel monu-
mento di Roma la mancanza della policromia prodotta dalle lastre di marmo scuro, che troviamo nei
monumenti del Giugni e del conte Ugo, come in altri di quel gruppo: ma di questo vedremo appresso.

L'esecuzione è tutta d'una straordinaria finezza. Qualche critico tedesco ha attribuito la figura
giacente del cardinale ad Andrea Rregno; ma egli non dovette certamente aver comodità di salire
ad osservarla da vicino, o doveva forse, come nella maggior parte del giorno, cadervi sopra assai
scarsa la luce: seppure non la si trovasse in un monumento e sopra un'urna di Mino, si dovrebbe
per lo stile e per la tecnica riconoscerla come opera sua. La testa, notevole per verità ed espres-
sione, rappresenta piuttosto la pace del sonno che la rigidità della morte: le palpebre calate par
che debbano fra poco riaprirsi, e che dalle labbra socchiuse esca il respiro : le sopracciglio, secondo
il costume di Mino, son gonfie, e la carne ha quella morbidezza che egli specialmente nel ritratto,

1 Jahrbuch der. K. pr. Kunstsammlungen. Vierter

Band. 1883. p. 170, nota.

2 Infatti anche nel monumento di Paolo II abbiamo
le colonne, che pare non fossero antiche nò di marmo
colorato, ma di marmo bianco scolpito a fiorami.
 
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