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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. III
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Gatti, Angelo: Maestro Antonio de Vincenzo: Architetto Bolognese
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0206

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174

ANGELO GATTI

rebbe smarrito ogni ricordo, mentre ai conservano memorie d'altri poco importanti, che le demo-
lizioni ed i rabberciamenti hanno sottratti ai nostri studi.

L'ipotesi che M. Antonio studiasse l'architettura lungi da Bologna è sorretta da diversi
riscontri che verrò man mano esponendo.

A Pisa la chiesa di San Francesco è adorna d'un grazioso campanile, che per il motivo
generale rammenta l'omonimo campanile eretto a Bologna da M. Antonio. Gli storici pisani con
a capo il Morroni, come accadde d'altre costruzioni d'ignoto autore, ne danno il merito a
Giovanni da Pisa.

Anche abbandonando l'osservazione che tutta la chiesa è murata di laterizio, contrastando
con le altre proprie della Toscana, parmi che s'opponga a tale attribuzione il carattere lombar-
desco dell'insieme, da riferirsi preferibilmente a que'tipi d'architettura sacra che furono propri
degli ordini monastici ed elevati dalle corporazioni de' muratori. Comunque, la considerazione
notevole nel caso presente è la rassomiglianza schematica della torre di Pisa con quella murata
da M. Antonio a Bologna.

Il Gnidicini dà un' indicazione imperfetta là dove dice che « che secondo una cronaca
M. Antonio fu discepolo dell'architetto della Certosa di Pavia», senza aggiungere l'epoca della
cronaca nè il nome del cronista, nò verun altro riscontro di veridicità. Le indagini fatte nelle
cronache bolognesi conosciute non hanno permesso di confermare l'incompleta indicazione, la
quale perde poi ogni valore se si pensa che la Certosa di Pavia fu eretta a cominciare dal 1396,
da Bernardo da Venezia. Per valente e precoce che fosse quest'uomo, non dovè essere in grado
d'ammaestrare altri se non in età sufficiente a ciò, ed in tal caso M. Antonio avrebbe do-
vuto applicarsi all'architettura in età troppo avanzata.

Inoltre, quel qualificativo antonomastico indicato dal Guidicini sta a far credere quasi che
il cronista abbia inteso di dirci che M. Antonio fu discepolo di M. Bernardo dopo la suddetta costru-
zione; induzione dalla quale troppo facilmente siamo condotti ad abbandonare la notizia come errata,
soltanto se si confronta la data dell1 edificazione della Certosa pavese e quella della fondazione
di San Petronio.

Parmi eziandio che la citazione del Guidicini abbia l'aspetto d'essere fatta a memoria, acco-
gliendo la facilità dell'equivoco, e la sola parte degna di qualche po'd'attenzione ò la deriva-
zione lombarda di M. Antonio come architetto, la quale s'accorda con le opere sue conosciute.

E queste mostrano traccie profonde di studi comparativi amplissimi, compiuti dall' architetto
bolognese, così sopra gli edifici italiani come su quelli d'oltremonte.

Ma a lui, plebeo di nascita, nò potente nè ricco, non doveva essere facile intraprendere
siffatti viaggi dispendiosissimi, allo scopo di studiare l'arte architettonica di quasi tutta l'Europa.

Si pensi che l'intromissione diretta di frate Andrea Manfredi (d. 1-2) per dare la prima
idea di San Petronio non richiama alla mente soltanto l'idea che ciò si facesse dal Reggimento
in omaggio ad una grande autorità ecclesiastica, bensì seguendo una costumanza, rafforzata dal
valore individuale del frate architetto.

E sebbene i documenti non lo narrino, si può intendere che la scelta di M. Antonio ad
esecutore fu procurata forse più per la presentazione di lui fatta dal Manfredi, anzi che dal
voto spontaneo del Reggimento. Il quale mi sembra che in questione tanto grave cercasse il
soccorso di un' autorità poderosa.

Tutto ciò, pertanto, potrebbe essere accordato e giustificato, concorrendo a rischiarare le
tenebre biografiche intorno a M. Antonio, accettando l'ipotesi che questi fosse stato anteceden-
temente affigliato ad una corporazione di muratori, che in quella studiasse l'arte e rafforzasse
l'intelligenza, che con quella percorresse gran parte dell'Europa, studiando le varie scuole di
architettura, e poscia, concretata la propria idealità, si rendesse all'esercizio indipendente nella
patria sua. Ed il Manfredi, che già aveva contezza del valore di M. Antonio, propugnandone
l'elezione ad architetto della basilica Petroniana, parmi che convalidi l'ipotesi, la quale sola,
meglio d'ogni altra, può dare ragione del silenzio biografico intorno al primo cinquantennio di
vita di M. Antonio, poiché nelle corporazioni de'muratori l'opera singolare era assorbita dal-
 
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