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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. I
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Frizzoni, Gustavo: Serie di capolavori dell'arte italiana nuovamente illustrati
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0052

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SERIE DI CAPOLAVORI DELL'ARTE ITALIANA NUOVAMENTE ILLUSTRATI 21

in modo convincente, che il ritratto di Francesco Maria della Rovere, insieme a quello della
consorte Eleonora, nata Gonzaga, furono eseguiti nel 1537, quando il duca era per prendere,
come generalissimo, il comando dell'esercito veneto. Che fossero terminati poi, tanto il ritratto
del duca (pianto quello della duchessa, prima della fine del 1537, se ne ha la riprova in una
lettera di Pietro Aretino a Veronica Garabara, scritta da Venezia il 7 di novembre di quell'anno
medesimo, dove egli ne discorre con enfatico entusiasmo, in prosa e in versi, come di opere già
compiute ì: utile anzi di riportare qui una parte «Iella lettera, die si riferisce più specialmente
al ritratto di Francesco Maria, e spiega il significato di alcuni accessori :

« Io, donna elegante, vi mando il sonetto, che voi m'avete chiesto e ch'io ho creato con
la fantasia per cagione del pennello di Titiano: perchè, sì come egli non poteva ritrar Principe
più lodato' così io non doveva affaticar l'ingegno per ritratto meno honorato. Io nel vederlo
chiamai in testimonio essa natura facendole confessare che l'arte s'era conversa in lei propria.
E di ciò fa credenza ogni sua ruga, ogni suo pelo, ogni suo segno: e , colpr. che l'han dipinto
non pur dimostrano l'ardir de la carne ma scoprono la virilità dell'animo. E nel lucido de l'armi,
ch'egli ha in dosso, si specchia il vermiglio del velluto adattatogli dietro per ornamento. Come
fan ben l'effetto i pennacchi della celata, appariti vivamente con le lor riflessioni nel forbito de
la corazza di cotanto Duce. Fino a le verghe de' suoi generalati son naturai,, massimamente
quella di Ventura, non per altro cosi fiorita, che per fede de la sua gloria, che cominciò a
spargere i raggi di vertù della guerra, che fece avilire Leone. Chi non dina che i bastoni, che
gli die in mano la Chiesa, Vinetia e Fiorenza non fusser d'ariento? Quanto odio che dee portar

i , . ., , j u franti plie ella uccide Ben lo conobbe la maestà di

la morte al sacro spirito che rende vive le genti, cne tua ulliuc. .

n„ , . -r. i j j. • ..;.,.» nolla nittiira se ne meraviglio più che de le vittorie e

Cesare quando in Bologna vedutasi viva nella pittura se ne uw» t, i

dei triomphi per cui può sempre andarsene al cielo ».

Lo scrittore allude qui all'impareggiabile ritratto di Cariò V a cavallo che suocess.vamente

passò ad Augusta, indi nel palazzo del Prado in [spagna, Oggi uno de, capolavori della celebrata

pileria di Madrid.2 . „ . . . .

Interessanti sono i particolari della lettera alludenti ai bastoni di comando che vedons, nel
dipinto di Tiziano nella galleria degli Vffizi. Quello della chiesa si riconosce dalle insegne della
«ara e delle chiavi appostevi, quello del capitanato di ventura è appunto costituito da un troncone
fiorito e bipartito, intorno al quale s'avvolge una fettuccia col motto: 8e nbi; l'ultimo, foggiato
;l guisa di canna, è quello datogli dai fiorentini. ......

A tempo che il Vasari scriveva le sue Vile, i ritratti de, ducali coniugi si trovavano nella
guardaroba ducale di Urbino insieme a parecchi altri quadri di Tiziano, ch'egb cita in pani tempo.

r ■ _„„ - ,. ,. .. nQUU trrandiieale di Toscana, in occasione delle nozze dell ultima

'->st passarono da li-bino nella casa gì annui ae i

della Rovere, Vittoria, con Ferdinando II de'Medici.

Quante al ritratto, che ha trovato fortunatamente il suo posto stabile nella Pinacoteca di

Brera, ecco quanto si sa della sua provenienza.

X'era posseditrice ab antico la patrizia famiglia Porcìa. Il principe Alfonso, morto nel 876,
lo Comperò da un cugino, pure Porcìa, tra il 1830 e il 1*40, 0 lo trasporto dalla residenza

»utica ed attuale della famiglia, cioè dal castello di Torcia presso Pordenone, alla sua Si-
gnoria di Spital in Carinzia Di là lo trasportò a Milano, quando per l'età e le circostanze do.
"ètiche rinunciò completamente alle sue annue gite colà. Alla sua morte passò in proprietà
d*lla vedova contessa Eugenia Vimercati, dalla quale per eredità alla figlia, duchessa Luta. Di
questi ragguagli andiamo debitori alla cortesia (li persona ottimamente informata, vale a dire al
marchese Carlo Ermes Visconti, legato per parentela colla famiglia Porcìa. Dal medesimo veniamo
P«W assiemati, che il .-enti!uomo rappresentato nella tela di che si ragiona era sempre consi-
derato un antenato Porcìa, circostanza codesta, avvalorata, se non del tutto confermata, anche

N,'di: AuToro, Letttrt, voi. I, p. 179, ed. di P«-
*V <lol 1609.

1 Vedi: l'i; in mi, diCaowie Catalcaulli, toI.II, p. 127.
:' Vedi: Vasari, tomo VÌI, p. 443, ed. Sansoni.
 
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