Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Archivio storico dell'arte — 5.1892

DOI Heft:
Fasc. II
DOI Artikel:
Sant' Ambrogio, Diego: I monumenti funebri Della Torre e Castiglioni nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Milano
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0154

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
I MONTMEXTI FUNEBRI DELLA TORRE E CASTIGLIONI

121

Mancano nell'urna Torriani le nicche nei pilastrini con archetti polilobati e le statuette dei
principali santi degli Ordini monastici, ma in compenso il fregio superiore con palmette e bac-
celli tanto dell'arca quanto del tempietto sovrappostovi è in tutto identico al fare dell' Omodeo
nell'urna Borromeo, e per di più appaiono a guisa di decorazione le stesse teste d'angeli alati
che vediamo nei pilastrini del monumento a Camillo Borromeo, e sulla porta della Certosa fra
la navata di destra ed il lavabo.

La rassomiglianza nei bassorilievi poi ò stragrande, e possiamo dire lo stesso anzi il sog-
getto spigliato che vediamo e nel bassorilievo di destra del monumento Torriani rappresentante
l'Adorazione dei Magi e nel bassorilievo centrale dell'arca Camillo Borromeo raffigurante il
defunto in ginocchio davanti alla Madonna col divino Infante.

Un ultimo particolare di grande importanza si è che nei bassorilievi di entrambi i monu-
menti vediamo appiccicati alla sommità angeli oranti e salmodiarci in senso orizzontale, che nei
due bassorilievi laterali del monumento Borromeo, riproducenti scene di battaglie, divengono
angeli combattenti. Manca del resto nell'uno e nell'altro monumento il nome o la sigla del-
l'artista. .

Allorché l'Omodeo condusse a termine l'arca Della Torre aveva 26 anni d'età, e sappiamo
che già nel 1466, e cioè a soli 1!) anni, lavorava col fratello Protasio, mentre invece il monu-
mento a Camillo Borromeo è posteriore in ogni modo al 1487, e ciò può dar spiegazione di
qualche variante.

Teneva infatti l'Omodeo dapprima la maniera del Mantegazza, e di quella tendenza a imi-
tare il maestro se ne vedono le tracce nelle pieghe cartacee della veste del Padre Eterno be-
nedicente e delle figurine diverse dei tre bassorilievi del monumento Della Torre; ma in breve
l'alto sentimento artistico di cui natura l'aveva dotato lo levò a ben maggiori altezze dei fratelli
Cristoforo e Antonio Mantegazza, e difatti già nelle due arche Borromeo, ora all' Isola Bella,
egli ha di molto superato i maestri nell'aggraziata composizione, e sopra ogni cosa nell'espres-
sione dei visi.

Quest'arca funebre dei Torriani da lui condotta a termine, nelle vaghe forme del Rina-
scimento, seguendo per altro il concetto dei sarcofagi consimili del xv e xiv secolo, ha
dunque speciale importanza, inquantochò può dirsi la prima opera del Pi nascimento di simil
genere che, sia stata fatta in Lombardia. Non vi è più qui la solita raffigurazione scultoria
del defunto presentato alla Tergine, che vediamo nei sarcofagi di Sant'Eustorgio e tutte in
genere le urne funebri del xiv secolo, ma la libera riproduzione di soggetti religiosi diversi
nella fronte dell' arca, incorniciati in una decorazione ornamentale di grande ricchezza e di
gusto eletto.

Per queste nuove grazie del Rinascimento l'Omodeo, che già aveva condotto a fine la cap-
pella ed il sarcofago Colleoni di Bergamo, era più d'ogni altro in grado di dar le primizie ; ma
va qui notato che lo stesso Giovanni Francesco Della Torre, che faceva erigere il monumento,
era uomo pei suoi tempi di grande coltura e dedito ai buoni studi letterari. Come sappiamo
dal Fabroni, nella sua vita di Lorenzo dei Medici, si giovò il duca di Francesco Della Torre
per la raccolta e ordinazione dei libri di Andronico Tessalonicense, e il Della Torre stesso, scri-
vendogli nel 1476 e accennando al suo amore alle discipline letterarie, dice: «In questi studii
me sono delectato et delecto quanto gentilhuomo di questo paese et la mia bibliotheca è cussi
ben fornita come pochissime sono in Lombardia».

Solo Giovan Francesco Della Torre era più che altro uomo di lettere e di grande coltura, e
l'Omodeo invece un semplice scultore, ma che aveva in se l'intuito della nuova arte del Rina-
scimento. L'uno giovò all'altro in egual misura, e il monumento che ne lasciarono rimane
così preziosa attestazione del nuovo soffio dell'arte gaia e festosa della seconda metà del xv se-
colo. I ricordi classici vi traspaiono evidentissimi in ispecial modo nei medaglioni dei piedi-
stalli delle tre colonne, e i festoni di fiori con scudi e targhette che adornano la parte di mag-
gior rigonfiatura delle colonne stesse hanno un garbo ed una grazia sconosciuta dapprima
nell'arte locale.

Archii'ìo storico dell'Arte - Anno V, Fase. II.
 
Annotationen