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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. VI
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Frizzoni, Gustavo: La Pinacoteca di Brera e il suo nuovo catologo
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0452

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GUSTAVO FRIZZO^

La Pinacoteca milanese d'altronde è composta in gran parte, come si sa, da opere tolte
da chiese e da conventi soppressi, opere quindi in gran parte già ben conosciute da antichi tempi.

Dai cenni riportati dal signor Carotti nella sua prefazione, si apprende che il primo nucleo
della raccolta risale al tempo della fondazione dell'Accademia di belle arti nel 1776, ma che il
segretario, abate Carlo Bianconi, nel comporla era stato preoccupato unicamente dall'intento di
farla servire d'istruzione agli allievi.

il primo che concepì il concetto di una vera galleria di opere d'arte fu il pittore Giuseppe
Bossi, uomo di sapere e di gusto non comuni, il quale, come dice il Carotti, attende tuttora min
biografia che faccia valere i meriti suoi singolari di erudito, di precoce intelligente e stòrico dei monu-
menti dell'arte italiana. 1

A lui e a' suoi successori servirono grandemente a costituire quello che è la Pinacoteca di
Brera le soppressioni di chiese e di conventi, effettuate sotto il dominio della Repubblica Cisal-
pina fino dal 1798, non che quelle già anteriormente eseguite in relazione alle riforme di
Giuseppe II.

Soppressioni alle quali fece seguito nel 1806 il decreto del viceré Eugenio Beauharnais, che
ordinava venisse eseguita tanto in Milano quanto in Venezia una raccolta dei migliori fra i quadri
provenienti dalle Corporazioni religiose. Dei due commissari per le belle arti, nominati in quel
tempo, l'Edwards pel Veneto, il pittore Appiani per la Lombardia, il primo si adoperò con
criteri più illuminati nell'incarico di formare la nuova Pinacoteca, avendo di mira, come osserva
il Carotti, di raccogliere tutto quello che potesse meglio rappresentare lo svolgimento storico
della pittura veneta.

Non essendosi proceduto con analoghe norme dall'Appiani, ne venne che alla Pinacoteca di
Milano rimase impresso fino al giorno d'oggi un carattere di spiccato eclettismo, per quanto vi
prevalgano, oltre i prodotti della scuola lombarda, quelli della padovana, della veneziana e della
veronese e vi siano rappresentate, con parecchi capi d'importanza, quelle dell'Umbria', delle
Marche e di Bologna e Ferrara.

Nel 1810 fu inaugurata la Pinacoteca e fu pubblicato dall'Accademia di belle aiti il rego-
lamento che ne ordinava la direzione e la frequentazione. Le sale non erano aperte che dal marzo
all'ottobre ; rimanevano chiuse durante il freddo e nebbioso inverno.

Nella foga dell'accumulare quadri (la maggior parte di notevoli dimensioni) non si pensò
ch'era impossibile trovar posto per tutti quanti nelle sale della Galleria e si venne quindi alla
decisione di distribuirli in deposito a molte chiese sparse per la Lombardia. Nella fretta e nella
mancanza di maturi criteri, Brera rimase così priva di più di un'opera che le sarebbe riescita
di decoro, e che ora si cerca di richiamare. E nel numero di queste l'importante tavola del
Signorelli, già descritta in questo periodico dal cav. Anselmo Anselmi, come opera derivata dalla
piccola città di Arcevia nelle Marche.

Sgraziatamente la villeggiatura forzata cui furono condannate tante opere d'arte (devono
essere state più di quattrocento, la maggior parte però d'importanza secondaria) non tornò a
favore della loro conservazione.

Nulla di più arbitrario infatti delle alterazioni cui fu sottoposta la tavola del Signorelli, la
quale, oltre ad essere stata staccata dalla lunetta che la compiva in alto, fu rozzamente ridipinta
nella parte superiore, in modo da ricoprirvi dei motivi decorativi che formano ((itasi la parte
più pregevole dell'opera. L'averli rimessi in luce ora si deve all'opera oculata del ristauratore
cav. Luigi Cavenaghi, mercè il quale già più d'uno fra i dipinti della Pinacoteca fu richiamato
al suo stato primitivo. Per quanto concerne la pala del Signorelli, non sarà discaro intanto al
lettore di osservare nelle unite tavole, che ci è dato di porgergli per mezzo delle fotografie
forniteci dalla ditta Marcozzi e Sormani di Milano, il divario che corre fra l'opera, quale l'aveva

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1 Se si considera che nessuno meglio del segretario
Carotti tiene a disposizione gli elementi necessari per
comporro la biografia del Bossi, ne nasce spontaneo il

voto, di che ci facciamo interpreti a nome di quanti si
sentono animati dall'amore dell'arte, ch'egli voglia in-
traprendere tale lavoro.
 
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