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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. III
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Supino, Igino Benvenuto: I maestri d'intaglio e di tarsia in legno nella primaziale di Pisa
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0214

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17G

IGINO BENVENUTO SUPINO

La Grammatica: appoggia la mano destra sopra una porta merlata e ]a sinistra sulla
testa di un bambino che l'è inginocchiato appresso.

La Geometria: ha sulle ginocchia una tavoletta e pare intenta a disegnare col com-
passo alcune figure geometriche.

L'Astrologia : ha la destra sollevata, la testa alta, fissa al cielo e nella sinistra una sfera.

La Logica: ha nella destra un ramoscello d'ulivo e con la sinistra, appoggiato il braccio
sopra un libro, tiene uno scorpione.

La Musica: regge con la sinistra una spinetta, eia mano destra preme sulla tastiera:
ha la testa leggermente inclinata, come in atto di chi ne ascolti il suono.

Queste dunque le figurine che noi crediamo di Francesco di Giovanni detto il Fran-
cione: un po'dure ma non prive di una certa grazia, dalle estremità gravi, dalle teste poco
espressive ed eguali, che ci dimostrano, specie se paragonate ai lavori del Da Maiano e dei
Pontelli, quanto egli fosse meno valente di quegli artisti: e l'abilità di lui è da porsi seria-
mente in dubbio per il fatto, che quando l'operaio ordinò a Jacopo da Volterra e Giuliano
suo figliuolo la sedia di duomo per sotto l'organo, attaccata alla murella, raccomandava loro
«eh' ella sia lavorata meglio, che quella eh'è fatta di centra al pervio, la quale fece m.°
Francesco di Giov. da Firenze»; raccomandazione che non sta certo in favore dell'abilità
di lui.

Come potessero questi lavori essere attribuiti al Cervelliera, noi non possiamo capire:
tutt'altra maniera di disegno, di fattura, di tecnica; tutt'altro carattere; ma che debbano
invece appartenere al Francione, ce lo dà anche a credere il costume tutto fiorentino del se-
colo xv, così simile a quello che vestono le ligure del Pontelli. Certo il Pontelli vide quelle
che Francesco di Giovanni lavorò, prima, per il duomo, e se anche da quelle avesse egli
tratta l'ispirazione per le sue; ciò non dimostrerebbe per nulla ch'ei gli fosse stato scolaro;
anzi a conclusione di quanto sino ad ora si è detto, aggiungeremo che non è possibile
abbia appreso dal Francione l'arte della tarsia, anche perchè, quando Baccio era a Firenze,
Francesco di Giovanni lavorava, a Pisa, e quando ritornò a Pisa per rimanervi, maestro
Francesco, dopo due o tre anni, se ne ripartì per Firenze: e questo ci pare dica abbastanza.

Al Pontelli dobbiamo anche attribuire una figurina seduta, forse un San Lorenzo, con un
libro in mano, corretta per disegno, sebbene un po' lunga, ma di lavoro finissimo, e che si
trova ora nella spalliera a destra di chi entri dalla porta maggiore, insieme con quelle del
Francione e di Giuliano da Maiano. Da tutto questo si veda quanto fosse errata l'asserzione
del Da Morrona, e con lui di tutti quelli che hanno voluto attribuire queste figure delle
spalliere laterali e dei pilastri al Cervelliera: affermazione che ci pare di aver chiaramente
dimostrato troppo lontana dal vero. E per completare le nostre notizie intorno a queste
spalliere, aggiungeremo che i trafori, che di tanto in tanto s'incontrano, son quelli che
prima erano nel coro ed eseguiti, come si è visto, da Checcho di Toledo e dal Vanni: qual-
cuno anche, dopo, da Lorenzo figlio di maestro Michele. I migliori però e più artisticamente
eseguiti, per essere ora lunghi, ora piccoli, secondo le indicazioni lasciateci dall'operaio nel
libro già citato di Ricordanze, ci pare senz'altro siano da attribuirsi a Giovanni di Barto-
lommeo d'Antonio di Vanni.

Ai lati più stretti dei pilastri della cupola sono riportati dei frammenti del fregio con
frutti, lavorato dal Seravallino per il coro della sagrestia, nonché molte delle tarsie da lui
eseguite, la maggior parte delle quali, in pessimo stato, si vedono tuttora alle sponde del
coro in faccia all'aitar maggiore. Di fianco, sempre nel coro, attaccata alle spalliere, sotto i
due amboni di legno, è una lunga serie di re, di profeti, di apostoli, di santi, di sibille;
figure che ci fanno ricordare certi tipi tradizionali, quali si vedono nelle antiche carte da
giuoco; lavoro non all'altezza di quelli ammirati sino ad ora, condotto con minor artistica
maestria degli altri e in cui il disegno lascia troppo spesso qualche cosa da desiderare.

Questi, per quel che ci dice il Martini, dovrebbero attribuirsi a Domenico diMariotto;
al Seravallino o al Cervelliera, invece, secondo il Rondoni e il Da Morrona, per non citar
 
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