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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. V
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Baudi di Vesme, Alessandro: I van Loo in Piemonte
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0402

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352

ALESSANDRO VESME

eseguito la pittura a guazzo dell'Arianna a Torino, e che da qui l'abbia inviata a Parigi
al principe Vittorio Amedeo, verso il quale la sua famiglia aveva così grandi obbligazioni.

Non credo che Carlo abbia fatto in Piemonte altre pitture oltre quelle sopra indicate,
nò che vi abbia operato per famiglie private; anzi fa meraviglia com'egli abbia potuto pro-
durre tanto e così egregiamente nello spazio di circa venti mesi, durante i quali il lavoro
dovè pur essere interrotto dagli episodi della morte del nipote e delle proprie nozze.

Ne so s'io debita qui menzionare un disegno rappresentante il signor Somis - non è
detto se il padre o un fratello di Cristina — che Yan Loo teneva, con altri di parenti ed
amici intimi pure da lui disegnati, nella propria casa a Parigi (Dandré-Bardon, 67), poiché
è dubbio s'egli l'abbia fatto in Piemonte od in Francia, a memoria o di presenza. Presso
i discendenti dei Somis al presente non esiste alcun ritratto di famiglia eseguito da Carlo
Yan Loo. Si vedrà più oltre che il padre di Cristina teneva il proprio ritratto fatto da
« Monsù Luigi Yanlò ».

Era intenzione di Carlo lo stabilire la sua dimora negli Stati del re di Sardegna, suo
principe naturale; ciò attesta anche l'Argenville : «il y auroit fait son séjour si [Jean Bap-
tiste] Yanloo ne lui eùt envoyé Louis [Yan Loo] pour le ramener». Carlo, che sin allora
era stato sordo agl'inviti del fratello che lo richiamava presso di se, forse avrebbe anche
opposto un rifiuto al messaggio recatogli dal nipote; ma, come nota l'Argenville, la guerra
che intanto sopravvenne e che si temeva avrebbe avuto per teatro il Piemonte, l'obbligò a
prendere congedo dal re Carlo Emanuele nei primi giorni del 1734.

E certo che Yan Loo non ritornò più negli Stati Sardi, malgrado la contraria asserzione
di Toselli, Biographie Nigoise, II, 334: «Il est étonnant et regrettable que cet artiste n'ait
pas laissé à sa patrie un souvenir de ses talents; mais l'état maladif dout (sic) il se trou-
vait, lorsqu'il vint passer quelque temps à Nice, pour se réparer du coup fatai de la mort
de sa fille adorée, ne lui permit pas de s'occuper d'un travail trop assidu; pourtant il ne
voulut pas partir sans laisser un souvenir à M. de Chateauneuf, chez qui il avait recu
l'hospital ite. Il lui laissa deux tableaux représentant, l'un, les Quatre gueux, et l'autre son
portrait méme, qui sont précieusement conservés par son héritier, M. le marquis de Cha-
teauneuf ». Non avendo veduto i due quadri appartenenti al marchese di Chateauneuf, non
mi è dato pronunziarmi sulla loro autenticità; ma il viaggio che Carlo avrebbe fatto a
Nizza dopo la morte della Ciglia, (1762), e per conseguenza l'ospitalità che gli avrebbe ac-
cordata la famiglia di Chateauneuf, sono una favola senz'ombra di fondamento, ed il To-
selli si dimostrò troppo credulo accettandola per buona e ripetendola, come pure non die
prova di discernimento critico prendendo sul serio la grottesca novelletta di Houssaye sulla
morte di Maria Rosalia Yan Loo.

Francesco Van Loo.

Nella già citata lettera che il Wleughels, direttore dell'Accademia di Francia a Roma,
mandava, in data del 24 gennaio 1732, al duca d'Antin, dandogli informazioni sui giovani
pensionali di quell'Accademia, si legge: «Francois Vanloo. Il y auroit bien à dire sur
celui-ci, qui est autant né pour la peinture que qui que ce soit ; mais il est très jeune et
mal élevé. Il vient de fluir une Galatée; c'est un tableau bien composé... Il dessine et
peint très passablement, mais il est sorti de trop bornie heure».

Dandré-Bardon, nella Vie de Carte Vanloo, e Mariette, Abecedario, Y, 386, narrano in
modo quasi identico la tragica morte di questo giovane. Ecco il racconto di Mariette:

« Francois Yanloo, fila de Jean Baptiste Yanloo, et disciple d'un pére qui s'est acquis
une si grande réputation dans la peinture, après avoir remporté plusieurs prix à l'Aca-
démie, avoit été jugé digne d'étre envoyé à Rome par son pére, pour y faire d'utiles études,
et s'y étoit si bien comportò qu'il avoit mérité, étant dans cette ville, d'étre admis au
 
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