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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. III
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Calzini, Egidio: Marco Palmezzano e le sue opere, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0234

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L92

e Cavalcasene 1 opinano siano state compiute fra il 1459 ed il 1460. Checché ne sia, siamo
certi che " lo Squarcione si servì de' suoi scolari per la esecuzione dell'opera; „ così si legge
in nota nell'Anonimo Morelliano, 3 il quale Anonimo lasciò scritto: u La Cappella (Ovetari-
Leoni) a man destra dell' aitar maggiore fu dipinta, la faccia sinistra tutta da Andrea
Mantegna; la faccia destra la parte di sotto, dal ditto, la parte de sora parte da, Ansvino
(In Forlì, e parte da Bono Ferrarese, ovvero bolognese. „ 3 Dunque è solo nel santuario
di questa famiglia, in Sant'Agostino degli Eremitani, che noi possiamo conoscere l'artista
forlivese, che il Lanzi e il Milanesi considerano appartenente alla scuola di Francesco
Squarcione.

Qui dovremmo entrare nel bel mezzo della scuola di Padova, che sotto la guida di
così abile maestro teneva allora il primo posto nell' Italia settentrionale, e mostrava l'in-
dirizzo dominante di tutte le tendenze artistiche di una vastissima regione italiana, dalle
Alpi alla catena degli Appennini. Però pel solo fatto che l'Ansuino opera e vive per vario
tempo in quell'ambiente dovremo noi considerarlo, senza altra più fondata ragione, sco-
laro dello Squarcione, come il Mantegna, Niccolò Pizzolo, lo Schiavone, Marco Zoppo, ecc.?

Per poco che si abbia educato 1' occhio ai confronti nelle opere d' arte, le differenze
sostanziali di maniera e di stile fra le pitture dell'Ansuino e quelle de' suoi colleghi spic-
cano nettamente agli occhi dell'osservatore attento. Ed anche in ciò siamo perfettamente
d'accordo con lo Schmarsow nel ravvisare nei lavori del forlivese la maniera della scuola
toscana, e più specialmente quella di Andrea del Castagno, col quale ha comuni alcuni
caratteri.

Nelle linee severe e, a un tempo, semplici ed eleganti dell'architettura, egli si mostra
seguace della scuola toscana ; nel paesaggio apparisce, siccome giustamente è stato detto,
scolaro di del Castagno, il cui stile esagera un poco ; come del resto, nell' aperto, ram-
menta anche la maniera di Fra Filippo, col quale parecchi anni prima, come vedemmo,
aveva lavorato insieme nella mentovata cappella del Podestà a Padova, oggi demolita.
Certo del Frate non riflette la grazia e la freschezza del colorito ; chè i dipinti dell'An-
suino si appalesano alquanto deboli pel colore, e nel disegno meno corretti; pur tuttavia
in alcune parti del paesaggio, nel quadro da lui firmato, egli ci ricorda il Lippi, e ciò fu
osservato da altri, nella sua storia di San Giovanni a Prato.

Ma veniamo alla descrizione degli affreschi.

La cappella di detta famiglia padovana è tutta ornata da istorie della vita dei santi
Cristoforo e Iacopo. 4 Nella parete ove dipinse l'Ansuino si vedono quattro quadri con

1 Guida di Padova pegli scienziati, voi. I, p. 307.
- Op. cit., p. 65.

3 Op. cit., p. G5.

4 Dell'affresco di Niccolò Pizzolo posto dietro l'al-
tare di questa cappella il Milanesi (op. cit., voi. IV.
p. 388, nota) così scrive; "Rappresenta la Vergine
assunta in cielo, circondata da molti angioletti. Al
piano stanno gli apostoli, nella volta il Dio Padre,
accerchiato anch'esso da angeli. Le figure degli apo-
stoli sono danneggiate per modo che alcune spari-
rono del tutto; il resto è bastevolmente conservato.
Lo stile di tutta l'opera s'accosta di molto al primo
fare del Mantegna, senonchè la proporzione delle
figure è alquanto più lunga di quello soleva tenerla
Andrea, e nelle pieghe vi sono angoli più aspri ed
un girare più artificioso. „

E a p. 389, nota 2: " Sei spartimenti, posti a si-
nistra di chi entra in questa cappella, rappresentano

azioni della vita di San Giacomo. I quattro inferiori
sono incontrastabilmente del Mantegna: avrei qual-
che dubbio sui due superiori, i quali s'accostano di
molto alla maniera di Marco Zoppo. Quelli che senza
contrasto appartengono ad Andrea meritano molta
ammirazione per corretto disegno e per la dottrina
della prospettiva ; pure manifestano certa secchezza
di contorni ed un fare cosi modellato nelle statue,
che ben giustificano i rimproveri dei quali, al dire
dei biografi, li caricava lo Squarcione. Fatto è che
di tali rimproveri pai-e facesse gran tesoro il Man-
tegna, perchè negli altri due spartimenti dirimpetto
a questi, nei quali è espresso il martirio di San Cri-
stoforo, migliorò d'assai la maniera, anzi la mutò
interamente, essendosi dato alla più scrupolosa imi-
tazione del naturale, e tentando di emulare la ma-
niera di Gentile Bellini. Quando il Mantegna dipin-
geva queste due preziose storie, tanto avea l'animo
 
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