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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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D'Ancona, Paolo: Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel medio evo e nel rinascimento, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0423
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PAOLO D’ANCONA

chiato dinanzi al trono, vestito signorilmente di una larga sopravveste e di aspetto maturo,
in cui può, riconoscersi il duca Federico. L’ultima figura allegorica è l’Astronomia, seduta
sopra un trono più modesto, e donna di età avanzata. Tiene nella destra sollevata il manico
di una sfera e nella sinistra forse un libro destinato ad un personaggio barbuto, inginoc-
chiato a piè della cattedra, probabilmente Ottaviano Ubaldini. A guisa di monaca, essa
porta un panno intorno al capo e un altro sovrapposto le scende lungo la persona. Le pitture
hanno grandemente sofferto, ma certo dovevan produrre un effetto mirabile allineate lungo le
pareti della sala di Urbino, quando i colori maggiormente vivi e freschi facevan risaltare
lo splendore delle vesti e la grazia soave dei volti.

Delle pitture della sala di Bracciano, forse come quella di Urbino destinata ad uso di
biblioteca, secondo il costume di ornare le stanze con dipinti che si riferissero alla loro desti-
nazione, non restano che pochi avanzi; qualche figura sbiadita, qualche lembo di veste,
qualche iscrizione mutila fra le sgretolature dei muri. Il Borsari, l’illustratore del Castello,
giunto a questa sala posta nell’appartamento del fianco nord, accenna appena a tre o quattro
figure allegoriche, soggiungendo che a causa del cattivo stato di conservazione, non è pos-
sibile dare delle altre una descrizione accurata.1 Tuttavia, almeno mentalmente, si può
ricostruire l’intera opera pittorica dell’Antonazzo mediante altre rappresentanze divulgatis-
sime alla fine del quattrocento, le quali certamente devono aver servito da modello all’artista,
che dipinse a Bracciano. Con ciò vogliamo accennare ai celebri tarocchi, che van sotto il
nome del Mantegna, riproduzioni invece degli antichi disegni del giuoco fanciullesco dei
haibis, già menzionato dal Morelli nel 1393.2 L’Antonazzo, uniformandosi ad un uso comune
nel medio evo, in cui spesso un libro di miniature serviva come modello a più opere pit-
toriche, avrebbe dunque sacrificato ogni originalità, contentandosi di riprodurre le figure
tradizionali intimamente conformate alla poetica fantasia di Marciano Cappella.

Nella parete di fronte a chi entra, a destra, vedesi la Grammatica, una donna attem-
pata, munita della disciplina e ravvolta in un ampio manto. Nei tarocchi essa tiene un astuccio
ed un’enorme lima. Le sta a lato la Logica, figura giovanile, dai capelli biondi e arricciati ;
ha le braccia nude ed è munita del serpente nascosto sotto ad un velo. La Retorica ha una
qorona aurata in testa, donde cadono i capelli copiosi; colla sinistra sorregge il manto e
colla destra tien sollevata una spada. In basso due genietti alati intenti a dar di fiato in
due tube. Della Geometria a Bracciano non scorgesi quasi nulla, e quindi bisogna ricorrere
ai tarocchi. Essa è rappresentata in atto di uscire dalle nubi, e non scorgesi che la parte
superiore della sua persona. Presso a lei veggonsi alcune figure geometriche, un circolo,
un quadrato, un triangolo. Sotto all’ammasso delle nubi scorgesi una campagna brulla e
priva di vegetazione, attraversata da un fiumicello. L’Aritmetica è vestita come la Gram-
maticale regge colla sinistra sollevata un cartello con alcuni numeri. La Musica siede sopra
di un cigno e sta suonando uno strumento a fiato simile a quello che reggono i genietti ai
piedi della Retorica. In una edicoletta a lato vedesi una figura di profilo, munita di lunghe
ali e intenta a percorrere gli spazi celesti. Ha i capelli biondi ornati di diadema e colla
destra regge uno scettro; al disotto è scritto: Astrologia. Nelle due pareti seguenti vennero
rappresentati i pianeti, fra i quali si possono ancor distinguere il Sole, la Luna, Mercurio
e Venere: per gli altri potrebbesi ugualmente ricorrere alle figure dei tarocchi.

L’antica porta per la quale accedevasi in questa sala oggi è murata e vi si entra per
un’apertura praticata in.tempi recenti. Vuol la leggenda che gli Orsini vi chiudessero dentro
un cardinale od un papa a morirvi, e che poi, presi dai rimorsi, murassero quel luogo testi-
mone del delitto. Abbandoniamo la triste sala, oggi squallida e quasi in rovina, per recarci
in una delle chiese più sontuose di Róma, a Santa Maria sopra Minerva.

1 Luigi Borsari, IL castello di Bracciano (Roma,
1895). pag. 60.

2 R, Merlin, Origine des cartes à jouer (Paris,

1869), pag. 45 e seg. — R. Renier, Tarocchi di lì/.
M. Boiardo (Rassegna Emiliana, voi. I, fase. XI,
pag- 655).
 
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