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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 3
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0387
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BIBLIOGRAFIA

razioni per l’affresco di San Severo in Perugia e per le stanze
vaticane.

A. Haseloff, Die Vorldufer der van Eyck in der
Buchmalerei (Sitzungsbericht d. kunstgesch. Gesell-
schafty 1903, I, pag. 1-6).

L’A. accoglie in genere la classificazione fatta dal Dur-
rieu delle miniature del « Libro d’ Ore » di Torino propo-
nendo tuttavia nuove distinzioni di mani e nuovi limiti di
tempo all’esecuzione dei diversi fogli. Nel gruppo delle mi-
niature eseguite al tempo del duca di Berry (1404-1413) è
da distinguere l’opera di vari artisti che seguono ancora le
tendenze del xiv secolo: le tavole 14, 22, 42 della pubbli-
cazione fatta pel giubileo di L. Delisle riproducono l’opera
di un miniatore che ha relazione col Beauneveu e anche
con Jacquemart de Ilesdin; la maggior parte delle altre
miniature di questo stesso gruppo è dovuta ad un artista
che risente più fortemente l’influenza dell’arte italiana, e spe-
cialmente dell’arte di Siena e dell’ Italia superiore, estesasi
nella fine del XIV secolo a tutta la pittura franco-fiamminga.
Anche nelle miniature delle « Grandes Ileures » del duca
di Berry, ora a Chantilly, è palese l’influsso dell’arte italiana,
e sopratutto degli affreschi di Taddeo e di Angelo Caddi.
Questo ms. di Chantilly non era ancora ultimato nel 1416
quando, alla morte del duca, fu registrato nell’ inventario come
« une très riches heures que faisaient Poi et ses frères », cioè
Poi di Limburgo ed i suoi fratelli Jannequin ed Ilermann.
Questi artisti nelle rappresentazioni dei mesi nel ms. di
Chantilly, annunciano l’avvento dell’arte dei van Eyck, dei
quali l’A. riconosce, col Durrieu, l’opera nelle tre più belle
miniature del secondo gruppo (1417?) del ms. di Torino.

Ch. Loeser, Note intorno ai disegni conservati nella
R. Galleria di Venezia (Rassegna d’Arte, 1903, 177*184).

L’autore crede che il famoso libro degli schizzi di Raf-
faello sia opera d’un falsificatore di poco anteriore a Ca-
nova; riproduce alcuni disegni di Benozzo Gozzoli, raffron-
tandoli con gli affreschi di Montefalco; poi altri di Giambel-
lino, del Mansueti, di Michelangelo, di Sebastiano del Piombo,
di Leonardo da Vinci.

E. Michel, Deux mannequins en bois du XVIe sie-
de (Gazette des Beaux-Arts, 1904, 135-139).

L’autore riproduce una statuetta in legno, alta 23 centi-
metri, e atta, per mezzo d’un congegno interno, a porsi in
varie posizioni. La * statuetta, ora conservata a Madrid nella
collezione del conte di Valencia, porta un’iscrizione del tempo
di Filippo II: « d’alberto Drero ». L’autore propone allo
studio questo difficile problema: se l’attribuzione sia o no
falsa, notando come il Diirer, cosi preoccupato delle propor-
zioni della figura umana, poteva avere con piacere costrutto
un così comodo manichino. Simile a questo, ma non della
stessa mano, è un altro manichino del Museo di Berlino.

P. Molmenti, I tre stendardi in Piazza San Marco
{Nuova Antologia, febbraio 1903, 694-697).

Anche nell’età di mezzo, su certi piedistalli di legno chia-
mati « abbati », si ponevano nelle feste solenni le bandiere
di San Marco. Fra i tanti abbellimenti fatti alla piazza, gli
«abbati» furono sostituiti dai tre pili di bronzo ordinati al

Leopardi nel 1501 e messi a posto nel 1505, simboleggianti
nei bassorilievi la floridezza marittima e commerciale della
repubblica. Nel 1506 sventolavano su di essi le bandiere di
San Marco dipinte da Lazzaro Sebastiani e Benedetto Diana.

Ch. H. Read, On a Saracenic Goblet of enamelled
Glas ofmedieval date (Archaeologia, 1902, Vili, 217-226).

Il vaso, di cui è data una bella riproduzione a colori, tro-
vasi nel British Museum, e proviene dalle vicinanze di Aleppo.
L’autore ne prende occasione per parlare delle vetrerie esi-
stenti nel Trecento e nel Quattrocento a Venezia e sulle
coste del Mediterraneo orientale nei domini saraceni, e dimo-
stra che il vasetto in questione appartiene alle fabbriche
orientali, contro l’ipotesi che esso sia lavoro veneziano, espor-
tato, come si praticava, in Oriente.

S.‘ Reinach, Deux minialures de la Bibliothèque de
Heidelberg, qttribués a Jean Malouel ( Gazette des Beaux-
Aris, 1904, XXXI, 55-65).

L’autore confronta due miniature conservate nella Biblio-
teca di Heidelberg con la Deposizione attribuita a J. Malouel
nel Louvre; crede che esse siano appunto di questo pittore.
Trattando della questione delle relazioni fra l’arte italiana
(Gentile da Fabriano e Pisanello) e l’arte franco-fiamminga
nel primo Quattrocento, il Reinach propende a credere che
le due miniature siano state eseguite sotto l’influenza del-
l’arte italiana, specialmente per la rappresentazione dell’anima
dei due ladroni crocifissi, comune in Italia già nel XIV secolo.

J.S., Dine unbeschriebene Radierung Canaletto (Jahrb.
d. kònigl. preuss. Kunstsanimi., 1904, 80).

Una nuova incisione da aggiungere alla serie di 31 vedute
pubblicate col titolo di Vedute altre prese da i luoghi altre ideate.

D. Sant’Ambrogio, Il prezioso cappuccio di piviale
nel Museo Poldi-Pezzoli {Rass. d’Arte, 1903, 184-186).

L’autore ha osservato che nel ricamo del Museo Poldi-
Pezzoli, fino ad ora attribuito al Botticelli, è lo stemma del
celebre cardinale di Portogallo, morto nel 1459. Egli sup-
pone che il ricamo sia stato eseguito su disegno di un artista
dimorante a Roma al tempo del cardinale.

F. Sarre, Ein orientalisches Metallbecken des XIII
Jahrh. in Kònigl. Museum fiir Vòlkerkunde zu Berlin.
Mit einem Anhang von E. Mittwoch {Jahrb. d. kònigl.
preuss. Kunstsamml., 1904, 49-69)

Come per la tecnica dei vetri a smalto e della ceramica
a riflessi anche per quella dei metalli decorati con applica-
zioni d’oro e d’argento l’epoca di fioritura nell’arte dell’Oriente
musulmano è il xm secolo. Quest’ultima industria consiste
nello incavare entro un metallo la forma delle figure e degli
ornati, entro la quale vengono poi incassati pezzi di oro, di
argento o di rame. I più antichi oggetti lavorati in tal ma-
niera risalgono alla fine del xn secolo, e sono noti col nome
di « bronzi di Mosul », quantunque anche in altre località, in
Persia, in Egitto, nello Yemen, ne venissero fabbricati. L’au-
tore illustra un grande bacino del Museo di Berlino adorno in
questo modo di scene di caccia, di tornei, di figure di animali.

I. Strzygowski, Der Pinienzapfein als Wasserspeier
{Mitteilungen des Jcais. deutschen arch. Instituts. Ro-
mische Abteilung, 1903, XVIII, 185-206).
 
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